Carlotta Pasqua: “Il vino, una passione di famiglia”

Continua il nostro appuntamento settimanale con #ricettadidonna, la rubrica che vuole raccontare le storie di donne di successo nel mondo enogastronomico. Quest’oggi, abbiamo raggiunto Carlotta Pasqua, attualmente Co-founder di Pasta&Motori e ZaoWines. Una donna coraggiosa, forte e con una storia di grandi imprese aziendali alle spalle. A partire dalla società di famiglia, le Cantine Pasqua nel veronese, passando per la Presidenza dell’AGIVI (Associazione Giovani Imprenditori Vinicoli Italiani), fino alla creazione di due importanti start-up.

Il vino è la sua passione, tutto merito della sua famiglia?

Si la famiglia è stata senz’altro importante, ma non è stato l’unico fattore.

Sono nata e cresciuta in una famiglia di produttori di vino, con una storia e una tradizione di lunga durata alle spalle. Il racconto di come i nonni, che venivano dalla Puglia, avessero fondato l’azienda a Verona era parte del nostro quotidiano. E’ stato mio padre ha trasmettermi l’entusiasmo per questo mestiere, non tanto portandomi in vigna o in cantina, quanto facendomi viaggiare per il mondo. In azienda era responsabile dell’Export, parlava bene le lingue straniere, aveva un’ottima conoscenza del mercato e una spiccata sensibilità verso l’innovazione, il packaging e cambiamenti di scenario.

Ho iniziato all’età di 14 anni a viaggiare con lui all’estero per partecipare a fiere e degustazioni, incontrare i clienti, raccontare i vini e la nostra storia, spesso stando in silenzio ad ascoltare e osservare. Proprio questo aspetto mi ha affascinato tanto che ne ho fatto poi il mio lavoro. Ho studiato Relazioni Pubbliche e Marketing a Milano e per 14 anni ho raccontato il vino, per me un mix incredibile di cultura, storia, persone e territorio, ai clienti e agli appassionati.

Questo percorso non sarebbe stato lo stesso senza la componente della formazione personale, che mi ha permesso di migliorare le mie conoscenze, di creare relazioni durature e condividere con tante altre persone un lavoro che è uno stile di vita. Infine, l’interesse per l’associazionismo, che mi ha dato la possibilità di conoscere, confrontarmi e lavorare assieme a tanti altri produttori di tutta Italia, entrando a far parte del sistema vino, per capirne i meccanismi, aiutarlo a crescere e migliorare. Del resto il vino è da sempre condivisione e relazione.

Quanto conta la tradizione nel suo mestiere?

Nel vino la tradizione ha un peso molto rilevante: il vino ha radici antiche e per me tradizione vuol dire anche memoria e storia ed è proprio la storia di ogni produttore che lo rende unico e diverso dagli altri. E’ importante conoscere da dove si viene e quali sono i propri valori per costruire una cultura d’impresa forte, la tradizione deve essere come un pilastro, un punto di partenza per guardare al futuro, non deve diventare un limite o creare barriere allo sviluppo.

E l’innovazione?

Sono sempre stata una sostenitrice dell’innovazione, occupandomi di marketing e comunicazione è stato sempre argomento di riflessione. Innovazione è cambiamento ed il cambiamento fa parte della vita e della natura, oggi è più che mai fondamentale per differenziarsi, pensare in modo diverso, trovare alternative e soluzioni, non solo a livello di prodotto, ma anche di modalità d’impresa, di vendita e di relazione. Think out of the box, non è più solo un modo di dire, ma una vera necessità.

È stata per anni presidente di AGIVI, qual è stato il suo più importante contributo?

Agivi è stata un’esperienza fondamentale per me, un’occasione di crescita straordinaria. Ero già vicepresidente allo scadere del mandato del Presidente in carica, ero rientrata da poco in azienda dopo la maternità e ho deciso di raccogliere il testimone. E’ stata una scommessa per me e per tutti, non avevo esperienza di politica, ma le mie capacità organizzative e di relazione si sono rivelate molto utili. In sei anni, con un nuovo Consiglio molto unito e motivato, abbiamo riorganizzato l’associazione e posto le basi per una solida crescita futura. Abbiamo incentrato il programma sulla formazione e crescita personale, sul fare sistema insieme, allenandoci e confrontandoci su temi come il passaggio generazionale, la gestione d’impresa, la promozione e la distruzione in Italia e all’Estero. Posso dire di aver visto crescere alcuni dei migliori esponenti delle nuove generazioni del vino e di aver avuto l’onore di imparare da alcuni tra i più esperti manager e AD che il settore abbia mai avuto. Oggi sono felice di vedere che il nostro lavoro è portato avanti da un altro ottimo Consiglio e che Agivi continui a formare giovani imprenditori e soprattutto a farli lavorare insieme, come una vera squadra.

La sua visione del mondo del vino per i prossimi 10 anni?

Stiamo vivendo un periodo molto “sfidante” e pieno di cambiamenti sotto molti aspetti.

Chi lavora nel mondo del vino deve guardare oltre i confini del nostro paese e confrontarsi con una  situazione geopolitica in continuo cambiamento. La pandemia ha poi accelerato e modificato lo scenario globale da un giorno all’altro. In pochissimo tempo è cambiato il nostro modo di vivere, di viaggiare, di andare al ristorante, di fare acquisti, tutti aspetti fondamentali per questo settore.

Le sfide che ci attendono sono davvero tante e le aziende dovranno essere più che mai flessibili, veloci e creative nel trovare nuove soluzioni. La rapidità nel rispondere ai cambiamenti e ai clienti sarà fondamentale. Per un prodotto che vive di relazioni, sarà necessario trovare nuovi modi di creare relazioni utilizzando tutti gli strumenti a disposizione. Dovremo fare attenzione al calo dei consumi e cercare di attirare i nuovi consumatori con prodotti salubri, che rispettano l’ambiente e con un packaging innovativo. Per un settore fortemente legato ai ritmi lenti della natura, diventare veloce e reattivo, sarà una bella sfida.

Come decide di fondare ZaoWines? E perché questo nome?

Ricordo una bellissima lezione di comunicazione di un professore americano durante il Master in Wine Business. Usava molte immagini e metafore per spiegare i concetti, e soprattutto, raccontava. Diceva che parlare di un vino è come fare conoscenza con una donna o un uomo. Pensaci, saresti mai interessato ad una persona che si presenta dicendoti: Salve, sono Carlotta, sono fatta per il 70% di acqua, per il 20% di…per il 10% di…? La stessa cosa vale per il vino, le persone vogliono sentire emozioni, appassionarsi ad una storia, sono i racconti che restano impressi e non le percentuali. Credo che mio marito Alberto, che ha frequentato con me il Master, ed io, abbiamo fatto tesoro di queste parole e le abbiamo tradotte nel progetto ZAO Wines. Zao non è solo una bottiglia di vino, ma il racconto di una storia unica, di valori autentici e positivi. Zao è l’acronimo di Zeno, Alberto e Onesta, i genitori di mio marito, cui questa selezione di Valpolicella e Amarone sono dedicati, l’etichetta è un disegno di mio suocero, rappresenta un’arteriografia da cui germogliano nuovi fiori e radici profonde. Zeno infatti era un bravissimo disegnatore, durante la sua lunga vita, aveva attraversato molte difficoltà, non ultimo un infarto che aveva superato, e a cui aveva dato un nuovo significato: le arterie diventano radici, radici che danno vita a nuovi fiori che si aprono e sorridono alla vita. Come a dire, forza, guarda sempre avanti con positività, vivi la vita e ricordati di essere felice, perché con questo atteggiamento, riuscirai a superare le difficoltà. A queste bottiglie abbiamo consegnato il suo messaggio di speranza, forza e ottimismo, affinché possa essere condiviso e possa divenire fonte d’ispirazione per tante altre persone.

Nel 2017, realizza la startup Pasta e Motori. Con quale idea?

Dopo aver lavorato per molti anni in due aziende diverse, mio marito ed io volevamo costruire una dimensione lavorativa più coerente e vicina ai nostri valori: condivisione, famiglia, qualità di vita, partendo dalle nostre passioni, la cucina in primo luogo, e coinvolgendo nel progetto anche i nostri figli. Abbiamo riflettuto sul fatto che spesso investiamo molto tempo nella crescita professionale e non pensiamo si possa fare lo stesso per migliorare come genitori. Pasta e Motori è nata quindi per aiutare e ispirare altri genitori a migliorare il rapporto con i propri figli, attraverso la condivisione di esperienze, che sia preparare una ricetta in cucina, provare un esperimento, fare sport. Imparare qualcosa di nuovo insieme, è un meraviglioso collante e un’occasione per conoscersi meglio e accrescere la fiducia reciproca. Abbiamo inventato le Re-box “ricette in scatola”, confezioni con tutti gli ingredienti già dosati e la ricetta spiegata in modo facile e divertente, per preparare assieme una torta o la pasta fatta in casa e organizzato molti eventi coinvolgendo genitori e figli. La soddisfazione più grande? Portare il nostro mini corso di cucina #gnocchiconpapà nelle scuole dell’infanzia e vedere tanti papà preparare gli gnocchi assieme ai loro bambini e far vivere questa esperienza anche a bambini e ragazzi con disabilità. La cucina può diventare un laboratorio meraviglioso per i bambini, stimolando la loro manualità, la capacità di concentrazione oltre ad insegnare tanto su ingredienti e alimentazione, l’importante è focalizzarsi sul percorso insieme e divertirsi.

Si definisce un’imprenditrice digitale, cosa cambia dall’accezione classica di imprenditore?

E’ una definizione che mi piace e un po’ mi diverte, perché sottolinea e rompe con il mio passato di imprenditrice “analogica” del vino. Il nostro lavoro oggi può essere svolto in qualsiasi luogo con una connessione internet,  il nostro quartier generale non è il classico ufficio ma la nostra casa e spesso la nostra cucina, dove non mancano mai telefoni e cavalletto per le foto di cibo e bottiglie e le riprese video delle ricette. Conoscere gli strumenti digitali è fondamentale, inoltre, mi aiutano a tenere viva la mia creatività, a trovare ispirazione, a capire quali sono le tendenze e realizzare i contenuti adatti.

Pensa che il mondo vada sempre più verso il web e i social media?

Ho due figli di 10 e 6 anni e ho vissuto come tanti genitori il lockdown e la didattica a distanza da febbraio in poi. Nel mondo del vino ci siamo dovuti riorganizzare e reinventare nuove modalità di connessione con i clienti in mancanza di tutte le fiere di settore annullate per il Covid.  La chiusura di ristoranti, enoteche e bar ci ha imposto di trovare nuovi canali di vendita… Il web, la rete, gli strumenti digitali quanto ci hanno aiutato? Cosa avremo fatto senza Zoom, Teams o WhatsApp? Chi non ha organizzato almeno una cena con amici o familiari via Skype? Se tutto questo fosse successo solo 10 anni fa saremo rimasti bloccati a casa senza poter lavorare o studiare. La digitalizzazione ha avuto in questi mesi un’accelerazione incredibile, le abitudini che abbiamo fatto nostre, resteranno con noi, è un processo che si era già avviato e che la pandemia ha solo accelerato. Spesso siamo portati a vedere gli aspetti negativi di questa trasformazione, io vedo però anche tanti aspetti positivi, soprattutto il lato informazione, apprendimento e creatività, che se ben utilizzato, offre tante possibilità.

Qual è la sua ricetta di donna?

Credo che non ci sia una ricetta valida per tutta la vita, ma che ad ogni età e periodo, corrisponda una ricetta diversa e coerente con il momento che si sta vivendo. Sono stata per molti anni una donna in carriera sempre in equilibrio tra azienda e famiglia, in cui tutto doveva essere sempre organizzato e perfetto. Oggi, a 45 anni e dopo aver lottato nell’ultimo anno con un tumore al seno, so che la vita può cambiarti le carte in tavola e scombinare tutti i tuoi piani perfetti nel giro di 10 minuti, il tempo di un’ecografia.

Questa esperienza forte e traumatica, mi ha fatto molto riflettere sul significato della vita e allo stesso tempo ha riordinato le mie priorità. In ogni momento difficile, hai sempre due possibilità, lasciarti sopraffare oppure decidere di viverlo come un momento sfidante, un’opportunità per crescere e diventare più forte…ho scelto questa via, per me ma anche per la mia famiglia che mi ha sempre sostenuto. Ed ho imparato molto, è stato come partecipare ad un corso accelerato di “mindfulness”, niente teoria solo pratica sul campo. La lezione più grande è che si può essere felici anche in momenti così difficili, è una questione di scelta e di qualità dei nostri pensieri, di vivere fino in fondo il presente e di apprezzare la bellezza delle tante piccole cose di cui la vita è piena.

Oggi scelgo di essere imperfetta, di essere semplicemente me stessa, di volermi ancora più bene, di prendermi cura della vita e delle persone e di coltivare armonia attorno a me. Se una volta, pensando a me stessa, vedevo un puzzle in cui i pezzi, sottili e fragili, faticano a stare insieme, oggi mi alleno per essere una cascata in piena, fluida, in grado di aggirare gli ostacoli, piena di energia, con l’obiettivo di essere una guida e una fonte di ispirazione per i miei figli.

Un’immagine che mi piace molto e mi ha aiutato in questo percorso, è questa, ispirata al Kintsukuroi, l’arte giapponese di riparare gli oggetti con l’oro: la vita è come una fine ciotola di porcellana, può capitare che essa cada e si rompa in mille pezzi, ma può diventare ancora più bella, se viene riparata mettendo in risalto le crepe con venature dorate. Le crepe sono le nostre cicatrici, le nostre ferite, esse non vanno nascoste perché una volta curate e abbellite, saranno la nostra forza.