Marika Socci rappresenta il volto e l’anima della cantina di famiglia, la sua storia racconta il desiderio di evadere dalla realtà circostante per cercare libertà e indipendenza al di fuori, scoprendo, solo dopo averla lasciata, che la vera indipendenza era lì ad aspettarla. Marika oggi ha trentasei anni e da dieci lavora nella sua cantina, unico rimpianto, quello di non esserci arrivata prima. La cantina Socci è una realtà artigianale ognuno della famiglia è parte essenziale di un ingranaggio ormai collaudato, che da anni porta in bottiglia l’unicità di un territorio attraverso l’espressione del suo vitigno principe, il Verdicchio. La passione di Marika travolge e questo suo entusiasmo ha coinvolto tanti, che si sono appassionati alla sua storia seguendola sui social. Il mondo di Marika merita un’incursione per scoprire quanto una passione può modificare la vita e renderla migliore. Lei stessa ama definire il suo Verdicchio, un “Verdicchioperdavvero”, i tre ettari, collocati alle pendici del Monte Deserto, in quel lembo di terra che rientra nella Doc dei Castelli di Jesi, raccontano l’unicità di un territorio e la tenacia di una famiglia, che per scelta ha deciso di continuare a fare il vino, utilizzando solo le proprie forze.
Marika, cosa ti ha spinto a lavorare in cantina?
Inizialmente lavorare da me è stato un ripiego, chi nasce e cresce in un’azienda a carattere famigliare assorbe e somatizza le ansie, le fatiche e i problemi, si riesce solo a cogliere il lato peggiore di questo lavoro. Appena ho potuto ho cercato subito un impiego che mi portasse lontano da quella realtà, così sono stata assunta come contabile in una ditta di cosmetici, che dopo cinque anni ha chiuso e mi sono ritrovata disoccupata. Il mutuo e altri impegni economici mi hanno spinto alla ricerca di una nuova attività, mesi a lasciare curricula ovunque e alla fine l’unico che mi ha offerto un lavoro è stato mio padre. Accettai a patto che appena avessi trovato altro sarei andata via, dopo sette mesi dentro di me è cresciuta costante la passione per questo lavoro, che ora non immaginerei mai di lasciare.
Come nasce la vostra realtà aziendale?
Mio nonno Umberto nel 1973 decise di piantare tre ettari di Verdicchio su quel terreno così unico sia per la composizione che per la bellezza di quella collina, da dove ammirava il suo paese d’origine, Castelplanio. Questa scelta fu fatta da parte sua per aggiungere alla pensione una rendita che l’avrebbe fatto vivere più sereno. All’inizio mio nonno raccoglieva l’uva per venderla, fu mio padre Pierluigi, nel 1978, che permise all’azienda di fare quello scatto in più. È negli anni ’80 che in questa zona iniziano a nascere le prime piccole e medie cantine per la vinificazione in totale autonomia del Verdicchio, anche mio padre e mio nonno si accodarono a questo trend e iniziarono a ristrutturare una parte del casale per produrre vino. Da all’ora a oggi gli ettari vitati sono sempre rimasti tre e qui ci siamo sempre e solo noi, ci occupiamo di tutto, dalla viga alla cantina, dall’imbottigliamento, fatto rigorosamente a mano, alla vendita. Cantina Socci sono io e la mia famiglia.
Com’è stata questa annata?
A parte una piccola grandinata le uve non hanno subito danni e sono rimaste in buono stato. I nostri quantitativi variano, solo nelle migliori annate riusciamo a produrre sulle venti mila bottiglie, più di questo non è possibile fare, ricorda che in vigna e in cantina siamo sempre e solo noi.
L’azienda deve a te il merito di aver fatto conoscere il proprio prodotto al di fuori della sua realtà, come ci sei riuscita?
Nel 2014 ci siamo ritrovati soli, i due operai che di solito ci aiutavano non c’erano, così decisi di cimentarmi io nel lavoro in vigna, mi sono ritrovata a dover scegliere i tralci da tagliare, la mia inesperienza ovviamente mi portava a incappare in situazioni assurde e divertenti allo stesso tempo. Ho iniziato a postare le mie giornate surreali in vigna e notavo che piano piano la gente acquisiva fiducia in noi, si affezionava alla nostra realtà e continuava a seguirci. I social se usati bene hanno un potere comunicativo enorme, ogni volta mi colpisce vedere quante persone, incuriosite dalla nostra storia, decidono di trascorre qualche giorno di vacanza nelle Marche per venire a farci visita. Ho capito che la nostra forza è essere noi stessi, abbiamo sempre fatto qualità e se prima ci conoscevano in pochi oggi un po’ di più. Il merito va anche alle persone che hanno deciso di raccontare la nostra storia, contribuendo a donarci un pizzico di visibilità.
Quali sono le ripercussioni che una cantina come la vostra sta subendo a causa della pandemia?
L’estero è completamente scomparso complice ovviamente l’attuale situazione d’incertezza in cui viviamo, siamo rimasti in contatto con gli importatori ma non abbiamo esportato più nulla. Solo in Olanda e Germania abbiamo fatto delle spedizioni perché i vini vengono venduti online. In compenso la stagione estiva è andata benissimo.
Marika il tuo Verdicchio cosa vuole comunicare?
Il nostro Verdicchio non è meglio degli altri quello che voglio comunicare è l’unicità di questo vitigno, che cresce in un territorio unico.
Fate scelte coraggiose come l’utilizzo della vetroresina, la criomacerazione, la bottiglia renana e i tappi in vetro. Come mai queste decisioni?
Ogni vino deve poter rappresentare le proprie caratteristiche, che differenziano dalle altre, altrimenti avremmo dei Verdicchi tutti uguali. Così in base all’annata decidiamo il giorno di raccolta, il nostro vino Deserto di solito lo raccogliamo anticipatamente per rendere i profumi più spiccati, il Martina, il vino che porta il nome di mia sorella, compie una macerazione sulle bucce per far scoprire l’aspetto camaleontico che ha il verdicchio. Dal 2006 usiamo i tappi in vetro, li trovo eleganti e pratici, poi, mio padre non accetterebbe mai che anche in una sola bottiglia si possa percepire l’odore di tappo.
La rifaresti la scelta di lavorare nella cantina di famiglia?
Assolutamente si e la rifarei prima, perché se in dieci anni abbiamo raggiunto questi traguardi pensa se l’avessi fatto dall’inizio. Pensare che i nostri vini siano presenti in Spagna, Olanda addirittura in Australia mi riempie d’orgoglio. Da parte mia e di mio padre non c’è mai stata la voglia di far crescere la produzione, solo rimanendo così piccoli possiamo continuare a gestire tutti i processi da soli, se raddoppiassimo i numeri non potremmo imbottigliare manualmente e incartare le bottiglie una ad una.
Deserto IGT Bianco Marche
Per volontà della stessa produttrice questo vino viene classificato come un Igt, la scelta di non scrivere in etichetta il nome del vitigno è stata fatta per non influenzare l’assaggio. Eppure questo è il vino che Marika definisce il suo “Verdicchioperdavvero”, il vino che concentra in sé tutte le caratteristiche di quest’uva. Quasi maniacale l’attenzione posta nella selezione dei grappoli, solo i migliori e solo quelli più vicini alla vite, perché contengono una concentrazione zuccherina più elevata. Il tappo è in vetro e ogni bottiglia viene incartata manualmente questo a evidenziare anche nel suo aspetto esterno una raffinata eleganza. Alla vista il colore è di un giallo paglierino intenso, che nella profondità del calice assume nuance dorate brillanti, al naso inebria per l’ampiezza di profumi percepiti. Fiori gialli freschi e sentori di camomilla, i frutti propongono un buffet tropicale, che ben si interseca alle note di frutta gialla matura. Il sorso conferma le percezioni iniziali, dimostrando la propria vena robusta e strutturata tipica di un vino dal grande spessore. Il sorso fresco si muove in perfetto equilibrio con la sapidità per determinare un finale dal sapore intenso e prolungato nel tempo. Un infinito di gusto racchiuso già al primo assaggio.
Ousia Spumante Metodo Classico Millesimato 2016 Dosaggio Zero IGT Marche
Questa bottiglia nasce dalla volontà di Marika nell’avere una sua bollicina da stappare nei momenti di festa o nelle occasioni importanti, così nell’annata 2012, una delle migliori di sempre, decise di raccogliere l’uva prima del tempo per destinarla alla produzione dello spumante. Dopo 36 mesi di riposo sui lieviti quel vino base da Verdicchio all’assaggio stupì a tal punto che diventò il primo metodo classico della cantina, prodotto in sole 680 bottiglie. Questa bottiglia non è solo il frutto di una soddisfazione personale, rappresenta un dono d’amore che il papà di Marika ha fatto a sua moglie, dedicandole il vino più prezioso e raffigurando in etichetta un ritratto dei suoi occhi. La parola Ousia in greco significa “essenza”, che proprio come questo vino si manifesta per ciò che è senza fingersi altro. Ousia è autentico e diretto nel suo colore giallo paglierino dai riflessi dorati e dal perlage persistente. Al naso sprigiona profumi intensi che virano dai toni fruttati e floreali ai sentori di nocciole tostate e burro fuso. In bocca manifesta il suo carattere, regalando sensazioni travolgenti, in parte dovute al dosaggio zero, e per la restante parte dettate dalla freschezza dirompente. Un vino da santificare proprio come il giorno di festa in cui si decide di aprirlo.