Abile condottiera dell’azienda toscana Fattoria Le Pupille, Elisabetta Geppetti è riuscita in breve tempo a diventare un riferimento per l’eccellenza vinicola maremmana. Dai vigneti situati a circa 250 metri sul livello del mare, nascono vini che trasudano l’amore che Elisabetta nutre per la sua terra. Dall’intuizione di allevare anche uve nordiche, suggerita dal compianto Giacomo Tachis, al rosé ultimo nato che porta la firma di Luca D’Attoma, l’intera produzione di Fattoria Le Pupille si rivela il frutto di scelte lungimiranti che la Geppetti oggi condivide con i figli Ettore e Clara.
Chi lavora in vigna non si è mai fermato: quali sono le vostre preoccupazioni e speranze?
All’inizio siamo stati noi i primi a fare il lockdown e il mercato italiano si è bloccato. Il nostro export è molto forte, corrisponde all’80% del nostro fatturato per il 2019, questo ci ha aiutati perché in Italia la ripresa sarà molto lenta. In cantina non ci siamo mai fermati, il lavoro è proseguito rispettando tutte le distanze di sicurezza, produzione e imbottigliamento sono andati avanti.
Quindi l’export ripartirà prima del mercato interno?
Per noi non c’è stato un blocco totale del fatturato, i rapporti consolidati negli anni con i nostri importatori ci permettono di essere sereni anche se, in forma realistica, credo che subiremo una contrazione del 25%. Sono un’inguaribile ottimistica.
Quali sono i tratti salienti della sua azienda?
Fattoria Le Pupille è una proprietà di famiglia sin dall’8oo. Non nasce come cantina, era una fattoria, poi per gioco abbiamo iniziato a imbottigliare nel 1978, con la nascita della Doc Morellino di Scansano. Oggi abbiamo 80 ettari per un totale di 450 mila bottiglie e 8 referenze differenti.
Poggio Argentato e Rosa Amati: come nascono questi vini?
Il Poggio Argentato l’abbiamo iniziato a produrre nella metà degli anni ‘90 mentre il Rosa Amati, il nostro rosé, è più recente e lo imbottigliamo dal 2006. Il Poggio Argentato non è il classico vino bianco toscano, infatti, è un blend di uve nordiche: Sauvignon Blanc, Traminer e Semillon, una decisione strana, ma avevamo notato che nei nostri vigneti storici collocati a Pereta, un piccolo borgo tra Scansano e Magliano, questi vitigni crescevano bene. Proprio dai vigneti di Pereta iniziai a occuparmi dell’azienda affiancata dal grande enologo italiano Giacomo Tachis. Fu proprio lui a consigliarmi di piantare quei vitigni nordici per produrre un vino da vendemmia tardiva, che ancora oggi facciamo. Oggi al consueto assemblaggio di uve abbiamo aggiunto il Petit Manseng che ha restituito una spalla più acida al nostro vino. Il Rosa Amati invece è 100% Syrah, nato dalla consulenza con il nostro attuale enologo, Luca D’Attoma.
Il turismo enogastronomico sarà sotto tono per quest’anno, siete preoccupati?
È una paura molto fondata visto che dall’estero arriveranno pochi turisti, dobbiamo puntare sul turismo enogastronomico italiano e stare a vedere, nonostante le notizie non siano molto confortanti. Da marzo ho cancellato tutte le visite e degustazioni prenotate in cantina, possiamo ripartire dai visitatori italiani, ricordando che la Maremma ha il suo fascino, con la natura selvaggia, i suoi piccoli borghi medievali, la tradizione enogastronomica. Per il momento, pur conservando molto ottimismo, è difficile capire cosa e come si riprenderà.
La degustazione: Igt Toscana Bianco Poggio Argentato 2019
Ottenuto da uve Sauvignon Blanc, Petit Manseng, Traminer e Semillon, questa felice espressione toscana di vitigni alloctoni si traduce in un vino dal manto delicatamente dorato che al naso rivela un bouquet variegato, spaziando da delicate nuance floreali, ad aromi più intensi di frutta anche esotica, terminando con una delicata aromaticità regalata dal passaggio in tonneaux. In bocca vince la freschezza che accompagna un sorso morbido, ben calibrato e persistente. La buona struttura lo rende perfetto in abbinamento a preparazioni elaborate a base di pesce, e a formaggi non troppo stagionati.