Dice di sé: “sono un grande lavoratore, una persona umile, a volte lunatica ed esigente”. È così che si descrive lo chef Anthony Genovese, del ristorante ‘Il Pagliaccio’ a Roma.
“La mia vita è un’alternanza tra momenti di felicità e attimi di nostalgia, il mio ristorante non poteva non chiamarsi Il Pagliaccio, perché non c’è personaggio che mi rappresenti meglio.” Classe 1968 viaggia per il mondo. Il Giappone, la Thailandia, la Malesia sono solo alcune tappe che ospitano uno degli chef più ricercati dello Stivale. Non è facile intervistarlo, è sempre impegnato, un poco intransigente. Quando decide di raggiungere un obiettivo, prende la mira, colpisce e centra. Certamente può considerarsi un self made man. Testardo come i lavoratori della sua terra di origine, ha raggiunto due stelle Michelin ma come i grandi artisti non ci vuole pensare perché non desidera essere condizionato dal successo, anzi pretende ancora di più da se stesso. Non si accontenta della mediocrità ma tende verso l’armonia e l’equilibrio. I suoi piatti dimostrano un’ intensa personalità e una grazia che si combinano perfettamente. Non è legato a nessuna delle sue pietanze perché ognuna di loro lo rappresenta almeno in una delle sue molteplici sfaccettature. Tra i piatti del ricordo emergono le polpette al sugo della nonna calabrese. Dopo tante ore dietro i fornelli chi cucina nella Sua abitazione? “Nessuno. Raramente mangio a casa.”
Lei è di origine calabrese ma è nato in Francia; cosa ha portato di sé dalla Calabria e cosa ha ereditato dalla Francia? “L’accento e il legame con le origini e la famiglia mi portano sia in Calabria che in Francia.”
Il calice che Le aggrada di più e perché? “Lo Chardonnay di Chassagne Montrachet. Un vino complesso, dalla bella struttura e persistenza e al tempo stesso elegante.”
Non crede che negli ultimi anni la tv parli troppo di cucina e i cuochi si stiano più trasformando in star che non in chef? “Indubbiamente sì. Dovremmo tornare a essere più umili e meno esuberanti. Non dico che dovremmo non comparire più nel piccolo schermo perché è un modo per comunicare il nostro lavoro e la nostra professionalità, ma come in tutte le cose, non è esaltante giungere all’esagerazione.”
Ha mai pensato di aver raggiunto un obiettivo insperato? “Lavorativamente abbiamo raggiunto un grande livello, tutto si è svolto con coscienza, costruendo a poco a poco. Stiamo scalando una gradinata.”
Perché ha intrapreso questa strada? “Ho sempre avuto una forte passione per la cucina, ho sempre amato cucinare; anche se non ero portato all’inizio; ho seguito il mio intuito. Non saprei spiegare una reale motivazione, se non l’istinto.”
La frase che più La rappresenta? “Il sapore della gloria ha un gusto amaro. Yukio Mishima.”