Seu, la pizza e una vita con le mani in pasta

Essere giovani oggi, crescere nel paese della crisi senza arte né parte, cercare aspettative e non trovarle,non è roba per Pier Daniele Seu; Daniele è un trentenne romano che si ritrova realizzato e ancora pieno di progetti grazie a un mestiere che per decenni è stato considerato umile, un lavoro quasi destinato a sparire tra gli italiani e che troppo spesso viene considerato più come un ripiego che una professione: il pizzaiolo.

Daniele Seu, pizzaiolo, è un professionista.

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Che dire, se si proviene da città come Napoli (luoghi simbolo della pizza) forse è facile fare della necessità una vocazione, ma quando sei romano e vivi a Roma, scegliere questo mestiere e crederci è davvero per pochi. Accadde un giorno a Roma, precisamente ad Ostia, che Daniele partecipa a un corso amatoriale sulla pizza, curiosità, forse voglia di qualcosa di nuovo, una sfida con qualcosa di buono cui magari voleva dare lo stesso valore che aveva di riscattare per se stesso, tant’è che fino ad allora la pizza non era un progetto, ma di sicura rimaneva una “buona cosa”. Poi, quella stessa buona idea e quel corso, lo portano in breve tempo a fare le 4 di mattina con la pala in mano infornando pizze da Mastro Titta, ed è lì che Daniele comincia a conoscere sia la magia del forno a legna che il mondo della ristorazione. Da Mastro Titta s’innamora della pizza e delle persone, figure professionali importanti come Gabriele Bonci, Stefano Callegari, Cannavacciuolo e Moreno Cedroni, ciocchi di legno e impasti che restituivano pizze senza rivali a tutti i ristoratori che, dopo una giornata di lavoro, andavano lì per mangiare. Che soddisfazione.

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A volta immaginiamo di dover fare i conti con chissà quali stereotipi per riuscire professionalmente nella vita, spesso si cresce con la convinzione indotta di dover essere “qualcuno” secondo degli indirizzi già decisi e non importa se dalla propria famiglia o dalla stratificazione sociale cui si appartiene, il fatto è che ci si ritrova a lottare per diventare quel “qualcuno” di qualcun altro. Poi, invece, ci sta che un giorno metti le mani in pasta e te le sporchi di farina, succede che vedi crescere passione e impasto con la stessa pazienza, ti ritrovi a studiare e a conoscere, al meglio che puoi, te stesso e quella golosità assurda che fino al giorno prima hai solo mangiato e senza nemmeno tanta attenzione, forse, tanto come si dice spesso da queste parti: “a Roma la pizza è buona ovunque”, ma mica è vero.

Pier Daniele ci ha creduto e ci crede ancora, ad oggi uno dei nomi più fortemente indiscussi nel mondo della pizza in Italia, in un periodo nel quale anche grazie a professionisti come lui la pizza vive un momento di valore nella gastronomia d’eccellenza, lui ha ancora le mani sporche di farina e impasta e frigge pizza trasformando acqua e farina in un tesoro, a trent’anni, lo senti raccontare di una nuova e fortissima generazione di pizzaioli giovani che si divertono, senza invidie, condividendo segreti e tecniche come le figurine degli anni ‘80. Un gioco in cui si vince sempre e si vince insieme. Così, Daniele, si siede sul bancone e ti parla di impastatrici a braccio come fossero Ferrari e di forni a legna modificati, su sua indicazione, con l’orgoglio di chi sta già pensando a come fare di meglio.

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Personalità e sguardo furbo, tanti progetti tra cui il sogno della Stella Michelin, sperimentazioni e aperture, il Mercato Centrale a Roma e la voglia di conquistare definitivamente la Capitale con pizze classiche e speciali, tutto questo e molto altro di più, nei suoi trent’anni e in una semplicità consapevole, è Pier Daniele Seu.

Con la speranza che questa tipologia di mestieri e persone siano da esempio alle generazioni che verranno, da (più) grande, un giorno, anche a me piacerebbe fare il pizzaiolo.