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giovedì, Aprile 25, 2024

Devodier, una famiglia di pochi ingredienti

Sono la cura del tempo e il genius loci a fare di questa famiglia uno degli ambasciatori del prosciutto di Parma, la cura immutata e la rigorosa scelta delle materie prime a garantire la qualità di un prodotto che viene lavorato come facevano i nonni, con lo stesso impegno e maestria. Pochi ingredienti, pochissimi: “ solo carne – cosce di maiali italiani – e sale, ma cercando di tirare fuori il massimo potenziale da ogni ingrediente . racconta Michele Devodier – la selezione delle materie prime viene effettuata da noi su tutti i pezzi, già tracciati negli allevamenti.”

Michele è discendente di una famiglia del parmense che lavora la carne da più di tre secoli, partita come allevamento quando un tempo le famiglie macellavano in casa e stagionavano ciascuno nelle proprie corti. “Il macello era in una delle corti di Parma, poi negli anni ’50 mio nonno Enrico ha costruito quelle che oggi sono le cantine storiche.” Negli anni passati era un lavoro prettamente maschile, la mole di lavoro e i pesi da movimentare in continuazione non erano adatti alle donne, “oggi la meccanizzazione è entrata in supporto alla produzione solo per quel che riguarda la movimentazione dei pesi; tutti gli interventi sul prodotto vengono fatti rigorosamente a mano, grazie a figure che da decenni hanno lo stesso compito.” Tecniche ed esperienze accumulate in anni di lavoro manuale che coinvolge anche il cervello con tutti i sensi, che si affina in parallelo alla stagionatura perché le abilità degli artigiani sono messe insieme da pratica ed esperienza.

suggestioni di gusto alta gastronomia
suggestioni di gusto alta gastronomia

Negli anni il lavoro sulle cosce di maiale non è cambiato, “il nostro è un prodotto artigianale, molto sensibile al lavoro artigiano e non sarebbe possibile per noi un approccio industriale” sottolinea il signor Devodier. Sarebbe una lavorazione molto semplice se ci si limitasse solo al numero di ingredienti che entrano in gioco, in realtà come tutte le cose apparentemente semplici ha bisogno di accorgimenti e professionalità che sappiano bilanciare ed enfatizzare la ricchezza dei singoli ingredienti, per dare vita nel tempo a prodotti dalle caratteristiche uniche e riconoscibili. “Il sale è il solo conservante, ma avendo una materia prima molto diversificata – sarebbe d’altronde impossibile pensare che le cosce dei maiali siano standardizzate – da far convogliare su una qualità unica e alta: ogni coscia ha bisogno di un processo di lavorazione dedicato e una stagionatura su misura.” Ed è qui che le macchine non possono assistere il processo di lavorazione, che solo la perizia e l’attenzione degli uomini riesce con sensibilità acuita dall’esperienza a valorizzare il prodotto; per questo esistono due mansioni totalmente separate che entrano in gioco in momenti diversi, ognuna con il suo carico di esperienza che ne fa elementi imprescindibili e indispensabili per i prosciutti Devodier. “Il saltare è colui che dosa, cosparge e massaggia il sale, lo stagionature fa del fulcro del suo lavoro la foratura tramite un ago in osso di cavallo. Fora i prosciutti in cinque punti diversi – affonda l’ago nella carne ed estraendolo grazie al tatto e olfatto riesce a capire – valuta come sta andando la stagionatura.” Sono figure professionali altamente specializzate, che hanno accumulato negli anni esperienza e maturato competenze prosciutto dopo prosciutto, valore di questa azienda che si promette di mantenere la professionalità umana esaltandola a ingrediente e valore umano nella realizzazione dei prosciutti di Parma. Prima della stagionatura interviene un altro ingrediente, un agente esterno che dalla notte dei tempi isola la preziosità delle carni dall’aria, lo strutto che viene spalmato sulla parte esposta, senza cotenna, dei prosciutti per moderare l’esposizione all’aria e limitare l’ossidazione, nonché una prematura essiccazione.

Alberto Blasetti Ph.-6899

Tutto il resto, oltre il tempo che passa e trasforma il prodotto in prezioso prosciutto crudo di Parma, è il genius loci in quella commistione di elementi naturali che gli uomini hanno saputo sfruttare e valorizzazione nei secoli: l’umidità proveniente dal fiume che scorre nelle vicinanze delle cantine, il vento che passando dalle aperture di areazione consente di asciugare e la storicità delle cantine. In un parallelo naturale con il mondo del vino, il valore delle cantine di stagionatura, così come quelle di affinamento per le botti o le bottiglie, è fondamentale. “Abbiamo le cantine a un livello sottostante al greto del fiume, il che garantisce il giusto livello di umidità – solo il primissimo periodo dopo la salatura i futuri prosciutti stazionano in celle ventilate – poi per la parte finale della stagionatura ci sono le cantine in legno” materiale che aiuta ulteriormente a mantenere il corretto livello di umidità nell’ambiente e insieme ai grandi finestroni consente la circolazione dell’aria, aperture disposte secondo la tradizione, nella direttrice dei venti secchi. L’importanza e la valenza delle cantine è sancita per espressa volontà della famiglia nello stagionare solo alcuni selezionati esemplari in cantine che danno poi il nome alla selezione, e allungare i tempi di stagionatura per enfatizzarne ancora meglio le caratteristiche. “Assistiamo a un trend virtuoso: il consumatore è sempre più interessato e chiede di che cantina sia il prosciutto. La differenziazione consente la fidelizzazione del cliente: oggi è impensabile prendere una bottiglia senza sapere di quale cantina sia” e in un altro parallelo con il vino Michele Devodier esprime il valore del luogo in cui affondano le radici dello stabilimento, Mulazzano Ponte di Lesignano Bagni in provincia di Parma.
La lavorazione del prosciutto scorre nelle vene della famiglia Devodier da sempre, il prosciutto è un emblema della famiglia tanto che il nonno Enrico “è stato uno dei fondatori del Consorzio, riconoscendo la vocazione per la produzione del prosciutto di Parma e dando delle regole comuni a tutti ma permettendo a ogni cantina di conservare tratti distintivi che le rendessero diverse dalle altre.”

 

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