Francesca Barra, mamma, moglie, giornalista, scrittrice e cuoca appassionata. Tanti ruoli raccolti in una vita, che sembra essere solo la sintesi di altre quattro o cinque esistenze racchiuse in essa. La passione per la cucina le è stata trasmessa dalle donne della sua famiglia, mamma Isa e le sue due nonne, Emma e Angelina, il legame per la Basilicata, sua terra d’origine, le permette di avere le radici ben fisse nonostante la sua vita privata e professionale l’ha portata a dividersi tra Roma e Milano, dove attualmente vive con la sua famiglia. Francesca è una donna, che mostra la propria femminilità in modo fiero, è sempre diretta ed evita tumultuosi giochi di parole, preferendo sempre centrare il punto in tutto ciò che fa e dice. Felice e libera non nasconde l’amore, che da qualche anno l’ha travolta per l’attore, Claudio Santamaria, mostrandosi agli occhi di chi li guarda per la sintonia e complicità che li lega. Mamma di tre bimbi avuti da una precedente unione, riesce a conciliare tutto senza rinunciare a se stessa.
Tutti la conoscono come giornalista e scrittrice, ma lei è anche una brava cuoca?
Si, lo sono fin da quando ero una bambina. Sono stata allevata in una famiglia di cuoche straordinarie e anche donne indipendenti e lavoratrici. Questo a dimostrare che la cucina non è affare solo di chi ha tempo o di chi non lavora. Mi hanno insegnato le mie nonne, Angelina e Emma, che prendersi cura della propria famiglia non passa prima dal conto in banca o dalle carezze, ma dalla tavola.
“A occhio e quanto basta” è il suo account Instagram dove racconta le sue ricette e non solo, da dove nasce questa passione?
La mia passione nasce con me ed è trasmessa alle mie figlie e a mio figlio. Tutti collaborano in casa alla preparazione di un pasto. Ormai è naturale, le bimbe si infilano il grembiule appena rientrano da scuola. Come facevo io, mentre prepariamo siamo concentrate, ci raccontiamo aneddoti, ridiamo, ascoltiamo la musica, ma soprattutto stiamo lontani dalla tecnologia. Per me è l’unica salvezza per i giovani.
Oggi vive a Milano, in passato a Roma ma le Basilicata resta il suo posto del cuore?
La Basilicata è la mia terra, mia mamma è bolognese, papà calabrese. Ho vissuto a Roma e a Milano e oggi io e mio marito abbiamo investito in una terra speciale a Pantelleria, dove coltiveremo ciò che mangeremo. Alla fine i conti sulla propria vita si fanno sotto un albero di famiglia.
Qual è il piatto che più la caratterizza?
Tutti i piatti che hanno a che fare con la farina e il “fare a mano”. Sono gelosissima e orgogliosa della mia dispensa, circondata da trecce di peperoni Cruschi lucani, oli, marmellate fatte in casa, legumi, sughi. Devo dire che i calzoni al forno, che in Basilicata si chiamano pastizz o falaoni, restano il piatto più richiesto dai bambini anche last minute con le paste fatte in casa. Non compro quasi mai la pasta confezionata.
Mostrare la sua felicità spesso le ha catalizzato dolore e invidia, come è riuscita a convivere con tutto questo?
La felicità altrui fa male solo a chi non lo è. Se mostro un piatto, quel piatto sorride, se vogliono vedere sederi e citazioni illustri, selfie modificati, post cinici in cui si prende in giro il prossimo, esistono tantissimi profili che si possono seguire, ciò che mi fa sorridere invece, è che spesso la critica arriva da chi ha profili in cui condivide le medesime foto. Evidentemente non rispecchiano la realtà. Pazienza. Non mi tocchi. Ma io sono anche piccante.
Qual è il piatto preferito che prepara per i suoi figli?
Nell’ultimo anno il mio Instagram dimostra che non ho mai preparato un pranzo o una cena uguale all’altra. I miei figli mi richiedono solo i falaoni ripieni di carne o di verdura piccante il grande. I gyoza o i frizzuli- pasta fresca fatta con il ferretto. O la pizza in padella. Per il resto cambio sempre.
Ha definito l’amore che la lega a suo marito, l’attore Claudio Santamaria una “Società Sentimentale” qual è il vostro prossimo progetto?
L’impresa sentimentale mia e di Claudio si basa su una grande complicità artistica, non solo di amorosi sensi. O forse grazie a quella immensa passione quel profondo amore che ci lega. Ci illuminiamo per le stesse cose, com’è accaduto per il Dammuso scoperto in una valle di Pantelleria. Non volevamo una casa al mare di vacanza, non volevamo fare i turisti che prendono la barca ogni giorno. Noi volevamo affondare le mani nella terra pantesca, mescolarci con i panteschi, produrre olio, vino, capperi. Sentirci parte di quell’energia . Costruire una proprietà con questa prospettiva è un investimento economico, ma soprattutto umano. La pandemia ci ha cambiati tutti, non dico migliorati sarebbe utopico. Ma penso che abbia liberato i nostri desideri: non potevamo più rimandare. Per questo facciamo e accettiamo e realizziamo solo ciò che ci rende felici.
Fra dieci anni dove e come si vede?
Fra dieci anni mi immagino nel nostro orto a Pantelleria circondata solo dalle persone che amo perché sai, con il tempo e un po’ invecchiando, si raggiunge un grande obiettivo: finalmente si può tenere fuori dalla porta di casa chi non ha voglia di produrre amore e gioia, come te. Basta compromessi: si chiama libertà.