Classe, Carattere e Calore – ma anche spontaneità, sorrisi e competenza – sono i tratti distintivi di un servizio di sala capace di rendere piacevole o addirittura memorabile una cena al ristorante, che si tratti di uno stellato o una trattoria di qualità. Questi sono alcuni dei temi principali emersi durante il convegno dedicato a “La Spontaneità in vigna, in sala e nel piatto”, che si è svolto domenica 21 maggio presso la sala convegni del Museo del Vino e delle Scienze Agroalimentari-Muvis di Castiglione in Teverina moderato dal giornalista Bruno Vespa.
Terminato con la Festa della Fioritura – celebrata con un pranzo a otto mani ad opera degli chef Alessandro Dal Degan (La Tana, Asiago), Fabrizia Meroi (Ristorante Laite, Sappada), Davide Caranchini (Ristorante Materia, Como) e Giuseppe Iannotti (Kresios Ristorante, Telese Terme) che hanno realizzato piatti eleganti e godibili a base di erbe spontanee abbinati ai vini delle aziende Falesco, della Famiglia Cotarella, e Vignaioli per Passione – l’incontro è stato l’occasione ideale per la presentazione della scuola di alta formazione INTRECCI che avrà la sua sede nella struttura situata ccanto al Museo, nel centro di Castiglione. Si tratterà del primo corso con formula residenziale dedicato espressamente a formare i futuri professionisti dell’accoglienza e della gestione della sala.
Oltre ad aver presentato la struttura – che nei prossimi mesi sarà oggetto di ristrutturazione per ospitare le attività didattiche e gli alloggi degli allievi – alla stampa, Dominga, Marta ed Enrica Cotarella, ideatrici di questo progetto, hanno voluto coinvolgere illustri relatori provenienti dai diversi ambiti del vino e della ristorazione per ragionare appunto sull’importanza della spontaneità in vigna e al ristorante: una spontaneità apparente in entrambi casi, come ha sottolineato Dominga, in quanto essenziali sono l’intervento umano e la sua “guida” verso il risultato voluto.
Dopo la suggestiva introduzione di Chiara Carletti, critica d’arte, sul ruolo della vite e del fiore nelle rappresentazioni artistiche presenti nelle decorazioni della facciata del Duomo di Orvieto, Bruno Vespa ha introdotto la discussione riprendendo il tema della spontaneità. “Il personale di sala non ha ancora idea di come si debba trattare l’ospite” ha inoltre affermato il giornalista “Passando spesso da un eccesso di familiarità non richiesta all’ eccesso di rigidezza. Bisogna imparare a raccontare invece di limitarsi a comunicare”.
Concetto ripreso da Attilio Scienza, Professore ordinario di Viticoltura presso l’Università degli Studi di Milano, che dopo l’interessante excursus sul ciclo di vita vegetativo della vite – che vede nella fioritura un elemento essenziale come lo è altrettanto la “morte” del fiore, simbolo di innocenza e spontaneità, che dà vita al frutto – ha paragonato i protagonisti della sala a degli “eroi” (in senso narrativo) che non devono inventare storie ma saperle creare e trasmettere all’ospite.
Enzo Vizzari, direttore delle guide de L’Espresso, ha ricordato la forte domanda di qualità in sala, che deve finalmente adeguarsi alla notevole crescita che ha conosciuto la cucina italiana negli ultimi 15 anni: “Intrecci – ha commentato – è la risposta, significativa e ambiziosa, a una domanda prepotente che arriva dal mondo della ristorazione di qualità” .
La giornalista enogastronomica Fiammetta Fadda ha esortato l’affermazione – o meglio il ritorno – di una sala protagonista dopo un lungo periodo in cui ha avuto centralità soprattutto la personalità del cuoco. E ha ricordato due grandi esempi francesi, maestri non solo di cucina ma anche di accoglienza: “Bocuse racconta spesso di quando, andando in Oriente per la prima volta 50 anni fa, fu colpito da una cosa per lui straordinaria: il sorriso sempre presente sui visi delle persone che lo accoglievano. Ducasse, invece, spiega che i primi, fondamentali minuti in cui entriamo in un ristorante e il modo in cui siamo accolti determinano l’impressione che ci facciamo di quel posto”.
A confermare le loro parole, alcune prestigiose testimonianze da parte di ristoratori e maître tra i più affermati al mondo: Lidia Bastianich, ospite a sorpresa della giornata che dal 1971 “racconta” la cucina italiana agli americani, ha sottolineato come sia fondamentale che chi sta in sala sia in grado di farsi ambasciatore di piatti e territori, soprattutto quando si tratta di ospiti stranieri: “In sala tutto ha un ruolo importante, dalla luce all’odore, ma spontaneità e cordialità sono essenziali: chi accoglie l’ospite deve farlo sentire a proprio agio e fare in modo che tutto sia perfetto come una grande sinfonia, al grande ristorante come in trattoria. Questa è la nuova frontiera del nostro mestiere e rappresenta una grande opportunità professionale”.
Marco Reitano, presidente dell’Associazione Noi di Sala e sommelier de La Pergola del Rome Cavalieri, ha sottolineato come la spontaneità possa funzionare solo se alla base c’è una grande competenza professionalità, garantita da una formazione continua e da un grande lavoro di squadra.
Silvano Giraldin, General Manager del ristorante Le Gavroche di Londra, ha ricordato anche un’altra dote, l’umiltà. “Il miglior servizio è quello che non si vede ma si fa con gli occhi: bisogna sempre guardare negli occhi il cliente. Noi siamo “mercanti di felicità” e una buona accoglienza al ristorante è fondamentale. Quando ho iniziato a lavorare, in sala c’era il doppio del personale che in cucina, adesso è il contrario”.
“Gli chef che comprendono quanto sia importante l’aspetto di sala sono quelli che hanno più successo” ha concordato Antonio Begonja, General Manager del ristorante Per Se di New York. “Per fare questo mestiere bisogna essere generosi, dedicare tempo e attenzione all’ospite e riuscire a far sì che l’ospitalità sia una cosa naturale, come se accogliessimo qualcuno a casa nostra”.
Saranno tutti questi aspetti, e molti altri – dal public speaking all’economia, dalle lingue straniere al servizio del vino e dello Champagne – alla base del programma didattico di INTRECCI, che con la collaborazione di docenti universitari e professionisti della ristorazione della gastronomia e affiancando alla formazione in aula anche viaggi studio e l’esperienza in un vero e proprio ristorante didattico in una struttura di proprietà, ambisce a ridisegnare, il “cameriere del futuro”, magari trovando anche un nuovo termine che ne valorizzi maggiormente la professionalità.
“Vogliamo codificare le competenze di chi si occupa di accoglienza – ha concluso Dominga Cotarella – Identificando la sala di eccellenza con doti come il coraggio, la cultura e la curiosità ma soprattutto con la classe che ognuno deve avere, con il calore necessario per trasferire emozioni, lasciando che l’ospite resti protagonista ma avendo un proprio carattere, uno stile personale che sia anche in linea con il territorio e con il locale. Chi uscirà da INTRECCI non deve avere la presunzione di lavorare in un tre stelle per forza ma deve avere il sogno di poterlo fare. Perché per noi il benvenuto arriva prima del buon appetito”.
In attesa che la struttura sia ultimata e il primo corso, programmato per gennaio 2018, possa partire, sono intanto già cominciati i colloqui orientativi e le selezioni dei partecipanti basate non solo sul curriculum ma soprattutto sull’entusiasmo e sulla passione. Come quelli mostrati da Federica Andrée Trinca: romana, classe 1998, è la prima iscritta al corso e ha preso parte alla giornata iniziando a vivere l’atmosfera di INTRECCI guardando all’opera gli studenti dell’IPSSEOA Michelangelo Buonarroti di Fiuggi a cui è stato affidato il servizio del pranzo.