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Tempio della carne e della cucina tipica genovese, Maxelâ bissa nella capitale: new opening in via delle Coppelle

Maxela - Via delle Coppelle, Roma

Maxela – Via delle Coppelle, Roma

Il pesto alla genovese più buono di Roma? Senza dubbio quello di Maxelâ, ristorante-macelleria che unisce i piatti della tradizione genovese alla carne di qualità. Dopo il grande successo ottenuto a Genova nel 2003 e nel 2009, poi anche a Milano con due ristoranti, e ancora Torino, Livorno, Rimini e Roma (Borgo Vittorio, 92), i tre soci Roberto Costa, Alessandro Garrone e Marco Pedrelli, hanno deciso di bissare l’avventura romana aprendo in Via delle Coppelle, a pochi passi dal Pantheon e da Piazza Navona. Incontriamo Roberto Costa che ci racconta, passo dopo passo, questo grande successo. “Tutto è partito dall’idea che ho avuto nel 2003 – esordisce – di aprire un ristorante-macelleria in una via storica di Genova, a dieci metri da via Macelli di Soziglia dove storicamente c’erano i macelli genovesi. L’intento era quello di creare un’offerta quantomeno originale a Genova. MAXELA ROMA COPPELLE .7Abbiamo voluto riprodurre una sorta di macelleria con i tavoli. Il ristorante è andato molto bene abbiamo deciso di replicare in altre città. La prima è stata Milano in Via Eugenio Villoresi. Così, dopo aver visto che Milano aveva accolto bene Maxelâ, siamo scesi a Roma, in Borgo Vittorio. Anche la capitale ci ha premiato, così oggi Maxelâ è ancora a Roma, in una veste più moderna, al civico 10 di via delle Coppelle”. Va detto che, idea di partenza a parte, si tratta di locali molto diversi tra loro, ognuno con l’imprinting del singolo gestore. Ogni ristorante, a seconda di dove si trovi, presenta caratteristiche diverse, anche nella stessa città. In via delle Coppelle ad esempio, l’arredamento è decisamente moderno con spazi molto ampi, mentre a Borgo Vittorio il locale è più piccolo, con le volte in pietra e mattoni e un arredamento sicuramente più classico. Non c’è differenza invece sulla qualità delle carni. “Attualmente acquistiamo circa una tonnellata e duecento chili di carne a settimana – prosegue Costa – e la cosa fondamentale è fornire sempre, in maniera continuata, carne eccellente. Il fornitore di fiducia, per tutti i nostri ristoranti, è sempre un macello di Roddi, nella provincia di Alba. Trovo che la monotematica sia fondamentale per lavorare bene e ottenere un buon potere d’acquisto con l’adeguata formazione del personale. Il voler fare solo carne mi ha fatto crescere professionalmente – ci confida ancora –. È stata una chiave di volta, ci siamo scontrati con una realtà che non era più quella della ristorazione, bensì quella dei macellai e dei macelli. All’inizio è stato un percorso in salita perché, pur avendo esperienza nell’acquisto, non ne avevo per niente nella conoscenza delle bestie. Ho avuto però la fortuna di lavorare sempre con persone capaci e competenti, cercando sempre di rubare con gli occhi provando a replicare nel modo migliore possibile, sempre spinto da una grande passione e tanta voglia di riuscire, entrambe mai sopite. E così ho iniziato a girare, conoscere macellatori, macellai e allevatori e ho capito che prima di scegliere uno stallo di carne è importante capire chi alleva le bestie. Il motto è: guarda chi alleva per capire se la carne è buona!”. Maxelâ (macellaio in genovese) offre ai suoi clienti un menu ricco di specialità tipiche della tradizione culinaria del capoluogo ligure, a partire dai Mandilli al pesto, rigorosamente preparato da una nota azienda di Genova e distribuito capillarmente in ogni ristorante. “Crescendo e aumentando il potere d’acquisto con i fornitori – precisa Costa – abbiamo aggiustato il tiro affidando la nostra preziosa ricetta del pesto a un’azienda genovese di fiducia, con un costo certamente maggiore, ma con un risultato senza eguali. Il pesto deve cercare di essere il più buono, nonostante il gusto sia opinabile. Tutto ciò che mi auguro possa portare un

Il team di Maxela - Via delle Coppelle, Roma

Il team di Maxela – Via delle Coppelle, Roma

risultato, lo considero un investimento più che un costo, questo imprenditorialmente per me è fondamentale”. Tra i primi, ottimi anche i Pansoti in salsa di noci e lo speciale Minestrone di verdure alla genovese. La tradizione prosegue nella carte dei dessert che ci propone il celebre Latte dolce fritto, un classico della cucina di recupero a base di latte, uova e farina. “È una sorta di crema pasticcera – precisa ancora Costa – che viene raffreddata e tagliata in maniera imprecisa, impanata nell’uovo, poi nel pangrattato e servita fritta con una spolverata di zucchero semolato”. Assolutamente da provare la carne in ogni sua declinazione, a cominciare dai carpacci e le tartare o ancora le due battute, all’Albese e la Siciliana. O ancora le Tagliate e le Polpette di Fassone e tanti altri piatti che meritano la sosta da Maxelâ, anche a pranzo con un imperdibile menu degustazione a 12€, con due piatti a scelta tra quattro proposte. A tutto questo va ad aggiungersi la carta dei vini, dove sono presenti i due mostri sacri dell’enologia italiana: Falesco e Antinori. “Tutti i ristoranti – riprende Costa con tono orgoglioso – vendono gli stessi vini, esclusivamente targati Falesco e Antinori. Senza alcuna presunzione, questo per noi rappresenta un vanto e ci fa un immenso piacere che un’azienda come Falesco, nella persona di Riccardo Cotarella, abbia scelto di creare un vino apposta per noi, il Poggio alla Scottona, un mix di Cabernet Sauvignon e Sangiovese. È il nostro vino della casa – prosegue ancora – vestito vinicome una bottiglia normale. Devo dire che è il vino che vendiamo in assoluto di più, con un ottimo rapporto qualità/prezzo e facciamo 30.000 bottiglie l’anno e ce l’abbiamo solo noi, altro segno distintivo del marchio Maxelâ”. 120 coperti tra l’interno e il dehor, immerso fra i più bei vicoli di Roma, nel cuore del Rione Sant’Eustachio. La clientela, discretamente eterogenea, va dal ragazzo non giovanissimo (diciamo dall’età della ragione) alle persone più mature con una maggiore cultura del cibo, accomunati senz’altro dalla passione per il buon mangiare. “In questo momento non facilissimo – interviene ancora Roberto Costa – abbiamo cercato di elevare la qualità, lavorando la Fassone Piemontese a un prezzo veramente competitivo al fine di sviluppare un discorso a lungo termine. Ad esempio, nonostante l’aumento del 6/8% delle materie prime, noi abbiamo ridotto i prezzi e ci siamo riusciti solo grazie all’ottimo potere d’acquisto raggiunto con una carne italiana, di razza pregiata, macellata sopra i 24 mesi e frollata nel giusto modo, regalando un gusto completamente diverso da quelle macellate più giovani”. Vino incluso, la spesa media per un pasto completo da Maxelâ si aggira intorno ai 26 euro. E anche grazie all’impegno di “aggredire” lo scontrino i locali della catena – nel senso buono del termine – riescono a tenere bene su tutto il panorama nazionale. “Da uno studio che abbiamo fatto fare dalla Confesercenti di Genova – riprende Costa – è emerso un calo del 40% in un anno. Noi abbiamo sicuramente

Tartare alla francese: olio extravergine di oliva, sale, pepe nero, worcester sauce, tabasco, cetrioli, senape, capperi, prezzemolo, tuorlo d’uovo

Tartare alla francese:
olio extravergine di oliva, sale, pepe nero, worcester sauce, tabasco, cetrioli, senape, capperi, prezzemolo, tuorlo d’uovo

 

ridotto, ma siamo sull’ordine del 15/20%, forse proprio grazie all’offerta eccellente a un prezzo giusto. Ci piace mescolare il più possibile l’artigianalità con la tecnologia, sempre servendoci di persone capaci. È anche per questo che stiamo lanciando una grande sfida con l’apertura londinese di Maxelâ, sperando di incontrare il gusto degli abitanti della capitale britannica. Rispetto a un ristorante tradizionale, noi abbiamo sempre un uomo in più: il responsabile della macelleria. Parlando del core business – conclude – il macellaio del punto vendita riceve la carne, effettua il controllo della catena del freddo, allestisce il banco della macelleria per lavorare la carne dietro al bancone”. Niente freezer, tutta la carne è esposta e si può scegliere direttamente al banco o lasciarsi guidare dal personale di sala, esperto e qualificato. E come in una bottega, il macellaio prepara sia la carne per la cucina, costate, fiorentine, piuttosto che l’orecchia d’elefante (la cotoletta impanata, ndr), oltre a tutta la linea di carne cruda che esce espressa dal banco della macelleria, quindi tartare, battute e carpacci. Infine, il cerchio si chiude con la vendita diretta sottovuoto, ma solo di alcune parti: la tagliata, la costata, l’hamburger e la battuta per la tartare.

di Giulia Nebbia

 

Maxelâ

Via delle Coppelle, 10/13

00186 Roma

maxela.it

 

 

 

 

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