Nicola Di Noia su crisi del settore olivicolo: siamo abituati alle difficoltà

Responsabile nazionale olio di Coldiretti, direttore di Unaprol e capo panel, Nicola di Noia racconta a #whateverittakes la situazione di un comparto da sempre in stato di allerta.

Si parla tanto di crisi del settore vinicolo causata dal Covid-19, qual è la situazione in campo oleario?

In realtà l’olio è abituato ad essere in difficoltà. Mentre il vino ha avuto un clamoroso stop, l’olio già aveva le sue problematiche, quindi siamo abituati a lavorare in emergenza, ulteriormente accentuata dal coronavirus. La commercializzazione nel mondo horeca è ferma, va un po’ meglio nella grande distribuzione che non si è fermata, e in generale nella vendita online e in quella diretta, oppure nei mercati di Campagna Amica e nella consegna a domicilio. Certamente l’emergenza sta condizionando le vendite che chiaramente vanno a rilento. Cominciano adesso i problemi anche in campagna, nel senso che nei mesi precedenti l’olivicoltura non ha risentito delle difficoltà di gestione della manodopera perché in inverno non si fanno grandi operazioni. Adesso invece c’è da pensare alla gestione dell’oliveto in funzione della produzione, quindi in questi mesi deve essere monitorata la presenza di parassiti, le piante devono essere supportate con delle concimazioni – se necessarie – e l’irrigazione, qualora opportuna, nei mesi estivi perché in questa fase è fondamentale che non subiscano degli stress.

Il Governo sta cercando di adottare delle soluzioni, ma sono in molti ad essere critici.

Non esiste la soluzione perfetta che vada bene per tutti perché ognuno, rispetto alla propria realtà aziendale, ha delle specificità che non sono sempre prevedibili o speculari rispetto ad altre. Una cosa importante che potrebbe aiutarci è la campagna #mangiaitaliano di Coldiretti. Prediligere i prodotti italiani è la migliore risposta che possiamo dare questo settore, se vogliamo contribuire alla tenuta del nostro sistema, al presidio dei nostri campi e alla sopravvivenza dell’economia nazionale. Il problema dell’olio è che spesso il consumatore si affida al prezzo, adesso più che mai poiché i problemi economici si fanno sentire, ma bisognerebbe fare molta attenzione alla scelta cercando di prediligere olio 100% italiano, perché in questa fase riusciamo a dare un valore doppio, non solo al produttore che così riesce a sopravvivere, ma tutto l’indotto può trarre un vantaggio che potrebbe fare abbassare la pressione sulla necessità di avere un sostegno. Se gli agricoltori venissero pagati il giusto, potrebbe reggere il tessuto economico, ma la distribuzione e in generale i consumatori si sono abituati a prodotti a basso prezzo che somigliano a quelli di qualità, ma che non lo sono.

Qual è il rapporto tra qualità e grande distribuzione, nel settore dell’olio?

Spesso l’olio extra vergine di oliva è uno dei prodotti civetta nei volantini, proposto a bassissimo prezzo, e questo è un elemento distruttivo perché non fa guadagnare nessuno, tantomeno la grande distribuzione, è solo uno strumento per richiamare clienti che poi acquistano altri prodotti su cui invece il guadagno c’è. Noi abbiamo proposto che il sottocosto possa riguardare altre tipologie di olio, come quello vergine che in Italia non viene commercializzato. Nel momento in cui si spremono le olive, dall’estrazione meccanica si può ottenere l’extravergine che è il migliore, ma anche l’olio vergine, che seppure presenti qualche leggero difetto, non è estratto chimicamente. In Italia l’olio vergine non viene assolutamente commercializzato, mentre in Spagna, in altri paesi comunitari e nel mondo sì. Noi pensiamo di proporre l’olio vergine al consumatore che non si può permettere di spendere cifre eccessive. Oggi, qualche catena distributiva comincia a valorizzare gli oli di qualità come Famila, che qualche mese fa ha inviato una lettera ai consumatori dicendo che non avrebbe più messo in offerta il prodotto extravergine e che avrebbe messo sugli scaffali esclusivamente olio 100% italiano. Abbiamo gradito molto, li abbiamo anche contattati, hanno avuto il plauso da parte di tutte le organizzazioni agricole e non solo. Così anche Conad ed Esselunga, stanno facendo dei corner di oli di qualità. Ovviamente, determinante sarà il consumatore, perché la grande distribuzione ragiona per fatturati. L’elemento che ci deve guidare nella distribuzione organizzata per farci capire che c’è attenzione è lo spazio dedicato all’olio, e l’assortimento. Bene fanno quei distributori che riescono a valorizzare il tutto con la presenza di personale specializzato perché l’olio va raccontato, aiutando i consumatori a una scelta più consapevole, meno legata al prezzo.

Quanto conosciamo l’olio extravergine d’oliva?

Io credo molto nella formazione del consumatore, dei produttori e dei distributori. Uno dei problemi dei produttori è che sono tutti convinti di avere l’olio migliore in mano. Devi essere consapevole di quello che stai facendo, evolverti, imparare a produrre olio di alta qualità, ma anche il distributore, anche la ristorazione, i camerieri devono conoscere il prodotto per poterne parlare nel rispetto del cliente come si fa col vino e con tanti altri prodotti. Ci vuole una maggiore consapevolezza. Noi, come Coldiretti, abbiamo creato una fondazione che si chiama Evoo School Italia per perseguire questo obiettivo, quindi formare produttori, consumatori, chef, ristoratori. Il futuro dell’Italia non può esistere senza oli di alta qualità, non solo dichiarati ma anche conclamati. Se produrremo eccellenza ci sarà sempre un posto, diversamente verremo fagocitati dalle produzioni internazionali, da paesi che riescono a produrre più di noi, a prezzi più competitivi e che stanno facendo anche loro passi avanti sulla qualità. L’Italia deve continuare ad essere il fulcro culturale, noi abbiamo la tradizione dell’olivicoltura millenaria, dobbiamo creare figure professionali capaci di supportare i produttori in questo salto in avanti della qualità. Nel vino i produttori non sono tuttologi, hanno gli agronomi in campo e l’enologo in cantina. Nell’olio, purtroppo, spesso e volentieri c’è il tuttologo produttore, non ci si affida a dei professionisti ma a dei consulenti che professionisti non sono.