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venerdì, Aprile 19, 2024

Pino Cuttaia: “Cosa cambierà nell’alta cucina? Nulla, quando sarà possibile ripartiremo con entusiasmo”

Lo chef Pino Cuttaia del ristorante La Madia a Licata, due stelle Michelin, è senza dubbio l’interprete di riferimento per l’alta cucina siciliana contemporanea. Ospite a #whateverittakes, ci svela la personale ricetta che applicherà nel suo locale alla riapertura.

Qual è la sua posizione in merito al dibattito sempre più acceso sulla tanto agognata riapertura dei ristoranti?

Per spiegare la mia visione di questa situazione, devo fare una premessa: per me il cuoco è un ambasciatore del territorio, che con la propria conoscenza esalta l’artigianalità altrui, valorizza il contadino, il pescatore, il pastore, l’architetto, tutte attività che io ritengo forme d’arte. Il ristorante è un paniere di tante maestranze, un contenitore di tanti saperi. Dietro al ristorante c’è un’intera filiera che al momento purtroppo è in ginocchio. Ed è questa che sostiene il cliente che sceglie di mangiare al ristorante, indicatore di benessere della società tutta. Per quanto riguarda la riapertura, io sono molto ottimista. Innanzitutto perché come cuoco voglio sempre dare positività, essendo la mia passione far star bene gli altri. In questa situazione cerco di dare un supporto alla società come posso. Spero che si torni alla normalità prima possibile, per poter sostenere tutta la filiera di cui parlavo e quindi l’economia. Proprio per questo, non potremo ripartire a metà. Il nostro lavoro è fatto da un insieme di lavori di altri piccoli artigiani. Riducendo il numero di coperti, numero già ridotto nella nostra categoria di ristorante, sono solo due le alternative: o si aumentano i prezzi, o diminuiscono i costi. A questa condizione preferisco non aprire. È ancora prematuro fare troppe considerazioni ora, faremo le nostre valutazioni in base alle restrizioni imposte.

Nulla sarà più come prima, su questo siamo tutti concordi. Cosa cambierà nell’alta cucina?

Io credo che nell’alta cucina non cambierà nulla. Perché i ristoranti di alta cucina offrono da sempre un’esperienza non ordinaria, un plus di cui credo ci sarà sempre richiesta. Faccio un esempio per spiegarmi: adesso nessuno compra un abito da sera, prima di tutto perché non può andare al negozio a provarlo, e poi perché non vede al momento l’occasione di metterlo. Io credo che quando potremo tornare alla normalità e questi impedimenti verranno meno, il cliente cercherà l’abito da sera più bello proprio perché ha trascorso mesi senza poter fare quello che avrebbe voluto. Così sarà per la ristorazione, che quando sarà possibile ripartirà con entusiasmo. Da parte mia posso dire che noi saremo ancora più attenti al cliente, quando finalmente potremo accoglierlo di nuovo saremo ancora più consapevoli della sua importanza, ancora più a disposizione dell’ospite. Altro aspetto di cui saremo ancora più consapevoli sarà l’attenzione alla sostenibilità, alla terra (che proprio in questo momento ci ha insegnato che non si ferma), aspetti che io ho sempre valorizzato, quindi non sarà un cambiamento ma una conferma per me. Tutto sommato la ristorazione avrà un valore aggiunto.

L’estate si avvicina, quest’anno i turisti stranieri non verranno e con ogni probabilità la Sicilia sarà una delle mete predilette dagli italiani. Come vi state attrezzando?

Potrebbe anche essere un’estate siciliana per noi, spero che potrà essere un’estate italiana. Come dicevo, quando arriverà l’ospite noi faremo di tutto per riceverlo al meglio possibile. Fare previsioni al momento è difficile, dobbiamo aspettare quello che decideranno politica e esperti, poi vedremo come andranno le prenotazioni. Negli ultimi giorni ci sono dei segnali incoraggianti, come la decisione di fare manutenzione delle spiagge, che lascia sperare in una futura apertura.

Come molti suoi colleghi stellati anche lei ha ricevuto numerosi premi e riconoscimenti dalle guide del settore e da eventi nazionali. Anche questo cambierà almeno dell’immediato, perché è probabile che sia le guide che gli eventi dovranno ripensare la loro formula.

Per quanto riguarda le guide, io personalmente le apprezzo molto e confido che avranno un compito fondamentale nel rilancio delle attività e quindi dei territori, credo che dovranno essere davvero informative per fare promozione soprattutto dei luoghi più colpiti da questa situazione. Così per quanto riguarda gli eventi, sono un’occasione per farsi conoscere e per far conoscere il territorio, perciò importanti per chi fa accoglienza.

La Madia è sul podio dei ristoranti dell’alta cucina siciliana, alcuni suoi colleghi di Roma ritengono di dover calibrare la proposta – alla riapertura – sulle mutate disponibilità economiche di gran parte della clientela. Il servizio in sala è uno degli elementi fondamentali che determinano il successo di un ristorante come il suo, ma anche questa è una cosa che cambierà. Come sarà possibile conciliare il tutto e mantenere lo stesso standard quando entreranno in vigore le nuove normative?

Nella mia cucina contemporanea siciliana non ho mai ostentato qualcosa che ora deve essere ridimensionato. Ridimensionare significa che ciò che facevamo non andava bene… al termine dell’emergenza avremo delle ferite ma non ci si può ridimensionare nel senso di impoverire l’offerta. Io non ho intenzione di ridimensionare il personale perché tutti gli elementi sono necessari, non ho intenzione di risparmiare sul prodotto. Di melanzana, io prenderò sempre la più buona. Ho la fortuna di aver sempre fatto – per scelta di vita – una cucina tradizionale regionale, non ho mai ostentato un lusso che sarebbe stato fuori luogo. Questo perché la mia cucina è il mio modo di esprimermi, la forma artistica che mi permette di comunicare.

Lei è stato ospite a Masterchef nel 2018: qual’è il suo giudizio su questo tipo di trasmissioni televisive, alla luce del nuovo scenario dettato dall’emergenza sanitaria?

Indipendentemente dal periodo storico attuale, la televisione ha il merito di aver contribuito a far conoscere la cultura gastronomica, la cucina d’autore e i suoi esponenti. In questo senso, un certo tipo di televisione e alcuni programmi in particolare hanno fatto della vera e propria informazione, facendo in modo che anche persone che non avevano l’abitudine di mangiare al ristorante per cultura di famiglia (perché magari una volta l’idea di mangiare bene era mangiare a casa) si sono avvicinate a questo mondo e possono ora apprezzarlo. Il mondo della ristorazione è cresciuto, così come l’educazione alla gastronomia.

Ai giovani aspiranti chef italiani, quali consigli si sente di dare?

Ai giovani cuochi consiglio innanzitutto di avere dei modelli a cui ispirarsi, come è stato per me, perché i più grandi sono sempre persone da cui imparare. I giovani di oggi possono approfittare del fatto che è molto più facile ora reperire informazioni. Un altro aspetto fondamentale è secondo me il fatto di poter scegliere un lavoro. Il lavoro del cuoco è impegnativo e rigoroso, richiede tempo e dedizione. Io personalmente mi sono reso conto che a me questo impegno non pesava, anzi mi permetteva di sentire la libertà. Così ho capito che era il lavoro giusto per me, lavorare tanto senza guardare l’orologio, trovando la libertà nel fare il proprio mestiere.

 

 

 

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