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martedì, Aprile 23, 2024

Il Re è morto, lunga vita al Re!

Ci sono figure che, per la loro storia, per ciò che hanno fatto, trascendono valutazioni soggettive e assurgono a un ruolo di rappresentatività tale da essere annoverati come parte stessa, inscindibile, dell’ambito nel quale hanno operato.

Sono figure che si fondono perfettamente con la disciplina della quale sono rappresentanti. Non la praticano; la definiscono. Non la seguono; ne tracciano la rotta. Hanno un ruolo che non è auto-attribuito, ma riconosciuto naturalmente da chi tale disciplina pratica. Sono autorevoli, non autoritari, e lo diventano nel tempo, per ciò che fanno e per ciò che sono.

Paul Bocuse era uno di questi. Poteva non piacere a qualcuno, la sua cucina, ma è innegabile che l’impronta che ha lasciato, l’innovazione che ha portato, hanno lasciato un segno e hanno ispirato centinaia, forse migliaia, di Chef, che hanno tratto da lui insegnamento, lo hanno interpretato, fatto proprio e trasmesso alle generazioni successive.

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Questo è essere grande: ispirare piuttosto che imporre; trasmettere piuttosto che insegnare; indicare la direzione e dare ciò che serve affinché questa sia raggiunta secondo il percorso che ciascuno sente proprio, piuttosto che prendere per mano e obbligare a percorrere i propri passi.

Come tutti i grandi, Paul suscitava sentimenti estremi. Probabilmente era sia amato che odiato e la sua cucina era ammirata o liquidata come una presa in giro – sono volutamente estremo e provocatorio – ma nulla di nuovo sotto il sole, visto che questo è il prezzo da pagare da chi vola alto, da chi traccia un solco così netto e profondo che non è possibile non seguirlo.

Paul non solo è stato un maestro, un innovatore, ma lo è stato in tempi non sospetti, quando la cucina era ancora legata a vecchi canoni, che oggi forse ci sembrano superati, ma allora non lo erano e, anzi, rappresentavano qualcosa di inviolabile, che non potesse essere messo in discussione.

E’ stato un maestro e un innovatore e lo è stato con una coerenza ammirevole, che lo ha portato, negli anni (molti), a perfezionare quella che per lui era l’dea, l’essenza, della cucina. Come dice qualcuno non esiste un piatto realmente attribuibile a Paul Bocuse, ma non esiste piatto della cucina francese che lui non abbia perfezionato e migliorato, nella sostanza e nell’esecuzione e se questo vi sembra un difetto, vi invito caldamente a ripensarci: in un mondo dove si persegue esclusivamente la meta, Paul Bocuse ha preferito lavorare sulla rotta, secondo quell’approccio che solo i saggi hanno il coraggio di adottare.

Io mi fermo qui, scegliendo volutamente di non ridurre il ricordo di Paul Bocuse a un elenco di piatti celebri, di premi vinti o di onorificenze ricevute. L’uomo che è stato piuttosto che ciò che ha fatto; l’uomo ricordato per ciò che ha dato piuttosto che per ciò che ha ricevuto.

Il Re è morto, lunga vita al Re!

PB

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