Imprenditrice romana, cittadina del mondo e, prima di tutto, brillante donna. È il ritratto di Valeria Zuppardo, prima protagonista della nuova rubrica, Ricetta di Donna. Uno spazio dedicato interamente alle attrici del mondo enogastronomico che, grazie al loro talento, sono riuscite a costruire realtà di successo.
Partiamo dalla sua storia, ci racconta il suo rapporto con Ostia?
Ostia sarà sempre il mio porto sicuro! Adoro il mare e la pineta e sono due elementi di cui ho sempre goduto finché ho vissuto lì.
Cosa l’ha spinta, poi, a studiare all’estero?
La mia curiosità, la voglia di conoscere e la mia passione per le lingue. Ho sempre cercato di cogliere l’occasione per scoprire altre culture, altri mondi possibili. Ti fa sentire libero.
Ha mai pensato di trasferirsi fuori dall’Italia?
Con Pier Daniele sogniamo spesso scenari diversi da quello nostro attuale e spero un giorno li realizzeremo.
Ha viaggiato molto, cosa porta nel suo bagaglio culturale, da imprenditrice?
L’ampiezza di vedute, la percezione della molteplicità delle esigenze e la prospettiva multiculturale. Guardare il mondo possedendo solo le lenti della propria cultura ci rendi miopi.
Per un mercato come quello romano, per lei, serve avere questa ampiezza?
Credo che per fare impresa, specialmente a Roma, nella ristorazione, sia cruciale non trascurare questo fattore anche se il proprio target non è prettamente turistico.
L’incontro con Pier Daniele Seu e l’apertura del primo locale
Pier Daniele esiste nella mia vita da prima che ci conoscessimo, è un caro amico di mia sorella e del loro gruppo. Vivendo fuori ed essendo qualche anno più grande di lui non era parte della mia cerchia di frequentazioni.
E poi? Com’è nata tra voi?
Nel 2014 il ritorno a Roma e la fine di una relazione hanno permesso che il destino facesse il suo corso. Il primo locale insieme è venuto comunque anni dopo. Nel 2017 il mercato centrale e finalmente nel marzo 2018 Seu Pizza Illuminati che ha visto il mio totale coinvolgimento quando ho lasciato definitivamente la moda nel Luglio 2018.
È definita un oste 2.0, in cosa differisce, per lei, dalla tradizionale raffigurazione di questo ruolo?
Non mi sento propriamente un oste perché il mio percorso di studi prima e lavorativo poi non mi ha dato certamente quel tipo di preparazione. La mia figura in sala è più il frutto di intuizioni, di osservazione, della mia esperienza da cliente.
Cosa le ha trasmesso questo?
Ho cercato di riportare nella nostra pizzeria l’atmosfera ed il tipo di servizio che mi sarebbe piaciuto ricevere in genere in una esperienza di ristorazione: premura e attenzione al particolare, servizio amichevole ma preciso, competente, puntuale e non invadente; attenzione ossessiva alla qualità dell’offerta del beverage in linea con quella delle pizze (ho sempre bevuto vino e bollicine con la pizza). Insomma un posto giovane e dinamico dove sentirsi a casa senza che questo possa sfociare in trascuratezza anzi, ripetiamo ossessivamente ai nostri ragazzi di coccolare i nostri clienti con il massimo della professionalità. Forse non è un approccio da pizzeria ma a noi piace così.
Il binomio vincente: Pier Daniele Seu nella pizza, lei nel management
Questo lascio dirlo agli altri, però è importante tenere i settori ed i “talenti” separati. La caratteristica che abbiamo in comune è il pensiero fuori dagli schemi, il non seguire percorsi già tracciati ma crearne di nuovi. Insieme funziona seppur con gli scontri di vedute che a volte possono nascere: io sono quella che deve tenere i piedi per terra, a lui non piace a volte.
Qual è l’impronta gestionale che ritiene essere stata vincente per il vostro locale?
Aver creato un’offerta nuova rispetto ai paradigmi tradizionali della ristorazione, cambiando un po’ i codici delle pizzerie: arredamento, colori, impostazione di sala e offerta.
Avete seguito un’idea precisa?
Continuavamo a ripeterci queste frasi “Deve essere una pizzeria in cui un ragazzo può sentirsi fiero di invitare la sua Lei per il primo appuntamento”; “i clienti devono voler festeggiare da noi le loro ricorrenze anche quelle importanti: Lauree, anniversari” e così è successo. Forse era un’esigenza non espressa, un buco nella foltissima offerta delle pizzerie; e noi l’abbiamo visto.
Come, se e quanto ha influito l’utilizzo dei social media nel vostro branding?
Con il senno del poi, ora rispondo un bel po’.
Come mai?
Quando sono nati i profili Instagram e Facebook di Pier Daniele, non pensavamo che ci saremmo strutturati in questo senso. In realtà io ho studiato comunicazione e mi sono laureata nel 2005 alla Sapienza. Ancora non si conosceva la potenza della rete ma mi ricordo i miei prof. che ripetevano “arriverà il momento in cui se non esisti on line non esisti proprio”.
Quando è arrivato il cambio di passo?
Appena Pier Daniele ha iniziato a ricevere i suoi riconoscimenti come pizzaiolo e a farsi notare dalla critica, ho pensato che fosse opportuno rendere pubblico e visibile il suo lavoro anche se ai tempi non lavorava in proprio. I social sono cresciuti in maniera fisiologica perché ho sempre mantenuto uno stile di narrazione molto fresco, giovane, spontaneo. Niente di artificiale, forse quello è stato vincente: una ragazza che racconta quanto sono buone le pizze del suo ragazzo; l’emozione di una gara o di una trasferta. Quel tono è ancora il nostro, certo ora focalizzato anche molto sul prodotto ma sempre secco, fresco non autocelebrativo. Siamo noi e la pizza.
Il feedback del cliente, oggi, assume un ruolo chiave. Quanto lo considera?
Moltissimo. Il nostro sistema di prenotazione dà la possibilità a tutti i clienti di lasciarlo dopo essere stati a cena; poi ci sono Google, Trip advisor etc. Alcuni sono affidabili, altri meno ma se si riesce a fare una sintesi ne esce sempre un quadretto abbastanza fedele. E del resto VOX POPULI VOX DEI.
Il progetto che sogna di veder realizzato?
Quello che dobbiamo ancora sognare. Comunque includerà il mare – su questo siamo d’accordo.
Qual è, per lei, la ricetta di donna?
Nel mondo della ristorazione, ancora molto connotato al maschile credo che la ricetta di donna inserisca la componente ‘accoglienza’ tipica dell’universo femminile, comprensione delle dinamiche relazionali, uso dell’empatia nelle relazioni con lo staff, con i fornitori e con i clienti. L’approccio maschile è più diretto, basato su dinamiche di forza e potere, credo che nel mondo attuale non sia più un paradigma valido anche se a volte devo far intervenire Pier Daniele quando mi trovo a relazionarmi con persone che mi trattano “da donna” facendo la voce grossa. Sul ring non ci salgo, con i tacchi si sta scomodi.