«Maccarone, m’hai provocato e io ti distruggo adesso, maccarone! Io me te magno…!» Con questa celebre frase nel film “Un americano a Roma”, del 1954, Alberto Sordi interpreta il rapporto che lega gli italiani con il loro cibo preferito, la pasta. Grazie a questo cibo iconico, l’Italia ha esportato nel mondo il proprio gusto, la passione per il buon cibo e l’attenzione al benessere. Un recente studio dell’Università del Minnesota certifica che, anche grazie alla pasta, il nostro Paese è quello che ha la maggior influenza sui palati globali. Riccardo Felicetti, presidente dei pastai italiani di Unione Italiana Food, parla della pasta, analizzando il mercato, i suoi sviluppi futuri e le ripercussioni economiche al tempo del Coronavirus.
Pensa che la diffusione del Covid19 possa avere ripercussioni sul mercato italiano della pasta?
Dal punto di vista del consumo di pasta non vedo grandi ripercussioni anche se le dinamiche sociali influiranno sui consumi. Pensiamo ai cali registrati nel turismo, i ristoranti con minor afflusso: di certo registreremo dei cali temporanei, che secondo me saranno riassorbiti rapidamente. Le Aziende associate ad Unione Italiana Food hanno adottato tutte le misure di precauzione previste dalle Autorità per il contenimento della diffusione del Coronavirus. Molte di esse hanno inoltre posto in vigore ulteriori misure specifiche, come ad esempio lo smart working, quando possibile, per aumentare il livello di sicurezza tra i propri impiegati.
Fino a tre anni fa la pasta integrale era un trend emergente, oggi qual è la situazione?
La pasta integrale è diventata una sottocategoria importante all’interno della categoria pasta. Continua nel suo progressivo acquisto di aree di mercato e di nuovi clienti, orientati a stili alimentari particolari. Come dati di vendita IRI, possiamo dire che nel 2019 il segmento dell’integrale ha dimostrato una sostanziale tenuta rispetto al 2018, con 37.356,244 tonnellate e un fatturato di oltre 75,5 milioni di euro.
Dal 1° aprile 2020 sarà possibile non indicare il paese d’origine della materia prima, questo preoccupa i pastai italiani?
Il nuovo Regolamento europeo conferma quello che i pastai italiani dicono da tempo: l’origine del grano non è un indicatore di qualità o di sicurezza. La qualità non conosce frontiere e non bisogna confondere l’origine con la qualità o con la sicurezza del prodotto. La sicurezza è garantita da stringenti normative comunitarie e da un rigido sistema di controlli nazionali, sia sulla materia prima nazionale, sia su quella importata, cui si aggiungono numerosi autocontrolli dei pastai italiani.
Quali sono le Vostre politiche d’innovazione messe in campo per il prossimo futuro?
Ogni azienda ha politiche d’innovazione personali che riguardano aree molto vaste. Dalla scelta dei grani, alle evoluzioni tecniche e tecnologiche, fino alla ricerca su packaging innovativi.
Cosa rappresenta la pasta per Lei?
La pasta è la mia vita.
Quali sono gli ingredienti perfetti per una pasta di qualità?
Un bravo agricoltore che coltiva un buon grano, un bravo mugnaio che lo macina e ne ricava la semola, un bravo pastaio che traduce la semola in pasta e un bravo cuoco che mette in tavola la storia alimentare italiana.