Simona Geri è una delle donne del vino più seguite dal popolo di Instagram, un successo raggiunto a colpi di like, che nel giro di poco tempo le ha fatto ottenere quasi 40 mila follower. Simona si mostra in tutta la sua elegante bellezza, questo spesso, l’ha portata a ricevere commenti non troppo edificanti soprattutto da alcuni uomini del settore enoico, che lei stessa prima ignorava ma che ora ha deciso di contrastare. Una donna forte e determinata che è riuscita a trasformare le difficoltà in punti di forza, oggi vive a Piombino, gran parte delle sue giornate le trascorre sui social, spesso si ritrova in viaggio per seguire i principali eventi. La sua attività social nasce dopo la chiusura dell’azienda per cui lavorava, questo momento è uno spartiacque nella sua vita, che le ha permesso di realizzare una professione, che prima neanche immaginava e che oggi la gratifica enormemente. Attualmente è media partner del Merano Wine Festival, Guest Tester per la cantina Querciabella ed è richiestissima dalle cantine per una collaborazione. In principio aveva attivato il proprio profilo Instagram per controllare la figlia adolescente e ora i social l’assorbono completamente.
Simona, Ti definisci un’infuencer?
Non mi definisco un’influencer è un termine che mi hanno appioppato, collaboro con alcune cantine per pubblicizzarne il vino, sono loro a contattarmi, se mi piacciono i loro prodotti iniziamo una collaborazione, altrimenti no. Non riesco a lavorare con un’azienda se i vini non sono di mio gradimento, non faccio marchette perché ci metto la mia faccia. A ogni collaborazione corrisponde un compenso perché ovviamente pago le tasse. La mia passione per il vino nasce con me, mio padre era di Bolgheri, i miei nonni avevano un ristorante all’Elba, si può dire che in famiglia siamo cresciuti con il fiasco in mano.
Come nasce la tua attività social?
In principio lavoravo come responsabile amministrativo per una società, di cui il mio primo marito era broker assicurativo, poi ho cambiato e mi sono occupata di sicurezza e logistica per un’altra azienda. Durante questa fase lavorativa con il mio secondo marito abbiamo deciso di seguire un corso per sommelier, così per semplice passione, non avevo di certo l’intenzione di farlo diventare una professione. Poi cinque anni fa l’azienda per cui lavoravo ha chiuso, di conseguenza ho iniziato a cercare lavoro, ma a quarant’anni non è un’impresa semplice, infatti, nel mio settore non ero riuscita a trovare nulla. Seguendo il consiglio di mio marito ho aperto un blog, ho attivato il mio account Instagram, questo l’ho fatto più per seguire mia figlia e ogni tanto pubblicavo una bottiglia di vino. Alla fine ho parlato con un’agenzia di comunicazione e insieme abbiamo deciso tutto ciò che riguardava me e il mio blog, Winesetter su cui ho investito la mia liquidazione. Ho speso tanto e ancora oggi lo faccio per andar in giro alla scoperta di nuove cantine. Ho continuato con la formazione, conseguendo il secondo livello del WSET e ho da poco conseguito l’attestato come addetto all’enoturismo.
Qual è il tuo stile comunicativo?
La gente che mi segue ama il vino ma non lo conosce in maniera approfondita e per questo mi piace comunicarlo usando un linguaggio semplice e che giunga dritto al cuore. Ammetto di essere una donna molto passionale, sono in grado di versare anche la lacrimuccia se un vino mi fa emozionare.
La tua comunicazione ha subito dei cambiamenti a causa del Covid?
Ho aumentato le dirette con la IGTV dove ho cominciato a parlare dal vivo, ho notato che questo è stato apprezzato rispetto alle slow motion che già facevo.
Qual è l’attuale situazione in cui si ritrovano i produttori di vino italiano?
Questa è stata un’ottima annata, le grandi aziende vinicole sono riuscite a fronteggiare molto meglio delle piccole i problemi legati all’avanzata del Covid. Mi piace frequentare i ristoranti ed ho notato che molte carte dei vini non sono aggiornate, questo non è un buon segnale, il problema grande risiede nei tanti dipendenti che si sono visti non rinnovare i contratti ormai in scadenza, ricordando che il settore del vino non è quello che è messo peggio.
Cosa consiglieresti a una cantina per resistere alla difficile situazione economica, su cosa dovrebbe puntare?
Sull’e-commerce anche per le cantine più piccole. Poi voglio ricordare che anche il mio ruolo e quello di altri miei colleghi è stato determinante durante il periodo del lockdown, si può dire che in tanti si sono accorti che i social esistono e se usati nel modo giusto fanno bene. Io nel periodo della chiusura totale del nostro Paese, dopo le prime due settimane di stallo completo, ho lavorato tanto.
Che rapporti ci sono fra voi influencer del vino?
Ci vorrebbe un po’ più di solidarietà fra noi, spesso vedo che molti colleghi evitano di mettere like o di visualizzare le storie degli altri, io, invece, se qualcuno realizza un post interessante dagli ottimi contenuti sono la prima a ripostarlo.
Qual è il tuo prossimo obiettivo?
Professionalmente vorrei prendere il terzo livello del WSET, non sono solo foto e bottiglie, vorrei leggermente staccarmi dal mondo social, se mi craccano l’account perdo tutti questi anni di lavoro.
Quali sono i cinque vini italiani che consiglieresti per l’ottimo rapporto qualità prezzo?
Antonio Camillo azienda toscana, che propone i vini autoctoni della Maremma, Batàr di Querciabella, Chianti Classico di Castell’invilla, il metodo classico dell’Oltrepo Pavese di Roccapietra e infine Lugherino il rosato di Vallepicciola.
Dove ti vedi fra dieci anni?
Mi vedo negli Emirati Arabi con mio marito, riuscendo a ritagliarmi più spazio per me ma soprattutto per noi.