Di Manuela Zennaro
Classe 1977, Stefano Marzetti nasce a Roma sotto il segno dell’acquario. Si forma all’Istituto Alberghiero Tor Carbone e inizia a lavorare molto presto, trascorrendo le stagioni estive negli alberghi dei villaggi vacanze come il Forte Village a Cala di Volpe, in Sardegna. Terminati gli studi, matura diverse esperienze in vari ristoranti romani come l’Antico Arco, La Pergola e il Convivio e altri in giro per l’Italia. Dal 2009 è Executive Chef al Mirabelle dell’Hotel Splendide a Roma.
Come molti tuoi colleghi sei uscito dalla tua città per vivere varie esperienze, ma appena hai potuto hai fatto ritorno.
Amo Roma e sono contento che finalmente la clientela stia iniziando a capire il lavoro che richiede un locale come questo. Un ristorante in strada non potrà mai competere con terrazze come quella del Mirabelle, dove attualmente mi trovo.
Hai anche avuto un ristorante tutto tuo.
Sì, per 3 anni, a partire dal 2007 nel quartiere romano di San Lorenzo. All’inizio pensavo che quella fosse la zona adatta a una cucina di alto livello, ma la ztl attiva 4 giorni a settimana e il target della clientela mi hanno fatto ricredere. Sono comunque contento di averci provato.
L’esperienza successiva ti ha portato al Mirabelle dell’Hotel Splendide Royal.
Sono arrivato nel 2009. Per un anno e mezzo sono stato il secondo di Giuseppe Sestito, poi lui ha scelto di trasferirsi con la moglie a Riva del Garda, e io ho continuato il suo percorso.
Cosa significa lavorare nel ristorante di un albergo?
Questa è una realtà particolare, per mia fortuna. Il Mirabelle, infatti, è frequentato dagli ospiti internazionali dell’albergo, ma in generale la clientela è italiana e romana. Inoltre ci sono moltissimi habitué settimanali, complice anche la terrazza che regala una vista mozzafiato.
Come riesci a far funzionare una macchina simile?
Cerchiamo di realizzare un connubio tra la quantità e la qualità; i coperti sono molti (80/90, ndr) e questo è il nodo cruciale che cerco di far comprendere soprattutto alla mia brigata. In cucina siamo 14 e tutto deve funzionare bene, 7 giorni su 7. In primavera e in estate, poi, i clienti vogliono avere un posto in prima fila come a teatro, per affacciarsi sul magnifico polmone verde di Villa Borghese. Ma se la cornice è importante, lo è altrettanto il servizio, che deve essere di alto livello e giustificare appieno il prezzo richiesto.
Cosa si aspettano i vostri clienti?
Emozioni, da vivere e da condividere con la persona o le persone con cui si accompagnano. La convivialità qui diventa un momento unico, eccezionale. Abbiamo prenotazioni fino al 2018; eventi speciali, ad esempio legati a proposte di matrimonio sono all’ordine del giorno. Tutte le sere c’è un pianista che contribuisce a rendere l’atmosfera magica, e anche noi ovviamente facciamo la nostra parte. In questo modo riusciamo a regalare ai nostri clienti dei momenti da incorniciare e ricordare.
A proposito di matrimoni: cosa ne pensi dell’unione tra birra artigianale e alta cucina?
La strada è lunga ma percorribile. Io già adesso nei miei piatti utilizzo la birra come ingrediente, ad esempio nelle gelatine, spronando la clientela a comprendere che sono molti gli accostamenti che si possono realizzare, con salmone, formaggi e carni bianche. Il vino farà sempre la parte del leone, soprattutto in locali come questo, ma la birra può ritagliarsi un suo spazio.
Lo scorso anno a Taste of Excellence, in uno dei Dialoghi della Cucina i tuoi colleghi chef hanno parlato di come sarà il ristorante del futuro. Qual è la tua opinione?
Mi piacerebbe una maggiore sinergia tra chef. Sarebbe bello che si creasse una alchimia che portasse un collega a inserire in carta un mio piatto, e viceversa. Credo molto anche nella cucina a 4 mani perché crea complicità, racconta due differenti percorsi e genera una bella contaminazione.
Sei stato con noi a Birra Gourmet: parteciperai alla IV edizione di Taste of Excellence, dal 25 al 28 novembre a Roma?
Sì, ho già confermato la mia presenza!