Francesco Mazzone ha fatto suo il sogno del padre, produrre vino

Francesco Mazzone è l’anima e le braccia dell’omonima azienda agricola collocata a Ruvo di Puglia, nell’entroterra pugliese, in quel lembo di terra che sa donare all’uva una forte caratterizzazione territoriale, come il Nero di Troia, vitigno principe di questa zona. Francesco ha trentasei anni e nella sua vita non avrebbe mai pensato di produrre vino e di dedicarsi alla terra, le sue ambizioni lo portavano a diventare ingegnere, ma per volontà più di suo padre ha seguito la strada, che egli stesso gli aveva immaginato, ossia produrre vino da vendere con il proprio nome. La famiglia Mazzone da sempre si è dedicata alla cura della terra, già i nonni di Francesco, producevano olive, uva e ortaggi, il sogno del padre di cimentarsi nella produzione vinicola risale a uno scatto d’orgoglio di chi da troppo tempo è costretto a svendere le proprie uve per sottostare alle regole del mercato. Oggi Francesco ringrazia il papà di avergli dato una strada, che prima non immaginava, ma che oggi sente sua.


Francesco, mi racconti della tua cantina?
Ci troviamo a Ruvo di Puglia, siamo una famiglia di agricoltori, mio nonno ha sempre fatto questo, i terreni in cui oggi ci sono i nostri cinque ettari vitati sono frutto di un’eredità tramandata di generazione in generazione. Mio padre aveva iniziato a produrre qualche bottiglia di vino, così per nostro uso e consumo, io l’ho sempre accompagnato ed è stato proprio lui a obbligarmi a frequentare alla scuola superiore viticoltura, a Locorotondo, piano piano, mi sono appassionato alla materia è ho proseguito con la laurea in enologia ad Ancona. Nel 2004, dopo vari tentativi è nata la nostra prima etichetta da Malvasia Bianca. All’inizio abbiamo iniziato a produrre vino dai nostri vigneti di Malvasia Bianca e Sangiovese, uve più indicate per produzioni basate sulla quantità, infatti, le prime bottiglie prodotte non erano nulla d’entusiasmante. Da quel momento il nostro interesse è iniziato a crescere a tal punto da spingerci a investire, così da due mila bottiglie oggi ne produciamo cinquanta mila. La cantina è cresciuta con noi, nel 2012 abbiamo aperto anche il nostro punto vendita. Oggi abbiamo cinque ettari vitati, abbiamo eliminato il Sangiovese per impiantare Nero di Troia, Bombino Bianco e Fiano Minutolo. Da cinque anni lavoriamo in regime biologico, ma per me è come se lo fossimo sempre stati.

Qual è il tuo ruolo in azienda?
Oggi ringrazio mio padre di avermi “costretto” a seguire questa strada, probabilmente aveva questo disegno, perché per lui è stato troppo umiliante svendere le proprie uve. Io nell’azienda mi occupo di tutto, dalla vigna alla cantina e faccio conoscere i nostri vini anche fuori dai confini pugliesi. Per il momento in Italia siamo presenti un po’ a macchia di leopardo, mentre in Puglia ho una rete d’agenti che lavora molto bene. Mia moglie si occupa dell’amministrazione e dell’accoglienza in cantina, purtroppo quest’anno, causa Covid, non abbiamo realizzato visite e degustazioni, di solito in un anno passano da noi più di due mila persone. Noi facciamo parte dei vignaioli indipendenti (FIVI) il Mercato dei vignaioli indipendenti di Piacenza, l’evento a noi dedicato, sarà rimandato al 2021.

Com’è andata la vendemmia, ci sono stati problemi legati all’incremento dei casi di Covid?
La vendemmia è appena terminata, le uve sono eccellenti, forse con delle rese più basse, ma visto i problemi che abbiamo per le bottiglie rimaste invendute è un bene. Per la manodopera è stato complicato reperire personale questo non tanto per il problema del Covid, perché sono stati eliminai i voucher per i lavori occasionali in agricoltura. I tre mesi di stop per noi sono stati pesanti, le bottiglie di rosso abbiamo deciso di lasciarle in cantina, per il vino bianco, la parte non imbottigliata, abbiamo dovuto svenderla. L’unica cosa che per noi ha funzionato in questo periodo è l’e-commerce.

I vostri mercati di riferimento quali sono? Il Covid ha realizzato ripercussioni?
Il 90% della nostra produzione è destinato al settore dell’horeca, la parte restante la vendiamo tramite il nostro punto vendita. Metà delle bottiglie restano in Italia e l’altra metà all’estero: Europa del Nord, Francia, Belgio, Stati Uniti, Giappone, per quanto riguarda il mercato straniero da marzo è tutto fermo. In Puglia ovviamente siamo molto presenti e devo dire che soprattutto in estate abbiamo ripreso molto bene il lavoro.

Come mai l’idea di realizzare una bollicina metodo classico?
Quando decidemmo di piantare il Bombino Bianco l’abbiamo fatto per cercare di rivalutare quest’uva e attraverso la spumantizzazione volevamo dargli un maggior prestigio. Ho iniziato nel 2010 con una produzione di circa mille bottiglie, che ho venduto tutte, lasciando il vino a riposare sui lieviti per dodici mesi. Dal 2017 ho raddoppiato i mesi di sosta sui lieviti aumentando anche la produzione, che oggi si attesta sulle quattro mila e cinquecento bottiglie.

Qual è la tua visione per il futuro?
Non ho una visione a medio e lungo periodo e questo ci danneggia perché non abbiamo la possibilità di programmarci con le vendite e di organizzarci per gli eventi. Unica cosa positiva di questa situazione è quella di esserci aperti verso un nuovo canale, quello dei privati, che durante il lockdown è cresciuto notevolmente. La nostra strategia è quella di realizzare vini da non vendere subito, ma non possiamo riempirci di bottiglie invendute all’interno della cantina, quindi aumenteremo i tempi di fermentazione.

Lucy – Bombino Bianco vino spumante di qualità dosaggio zero IGP Murgia 2017
Il primo sorso di questo metodo classico made in Puglia stupisce per il colore, brillante, di un giallo dorato intenso. Il Bombino Bianco utilizzato per la spumantizzazione regala profumi eleganti, ma incisivi. Sensazioni dirette di frutti maturi, pesca a polpa gialla, mela e frutti tropicali. Questo vitigno riesce a donare corpo e struttura al vino, restituendo al gusto una dose di freschezza inebriante, che invoglia a un secondo sorso e ance a un terzo. Ottima la scelta di raddoppiare i mesi di riposo sui lieviti, oggi giunti a 24, che regalano un corpo più robusto alla bottiglia. Ogni bottiglia è numerata per rendere ancora più esclusivo il sorso.