Ecco un altro effetto negativo del Covid19: i Presìdi Slow Food sono a rischio scomparsa. Fin da quando sono stati definiti i presidi il progetto dell’associazione ha voluto porre come obiettivo la tutela della biodiversità e delle micro aziende di eccellenze agroalimentare italiane che rischiavano di scomparire dal sistema di produzione, minacciate dal circuito industriale, dal degrado ambientale o dall’omologazione dell’agroalimentare. Ora la parola estinzione diventa più pesante, queste realtà piccole e piccolissime, accusano il colpo dell’emergenza Covid con cali del fatturato che toccano anche il 50%. Una situazione generalizzata in tutto il Paese, che nel Lazio pare amplificata. Qui, infatti, in alcuni casi la produzione è quasi ferma. Dato confermato direttamente da Slow Food Roma che sta cercando di attivarsi con nuove iniziative per la sopravvivenza di prodotti, oramai entrati nel cuore di molti.
Ma quali sono i produttori più in difficoltà e quali sono i motivi per i quali la situazione si è aggravata?
Tra le prime realtà, forse tra le più conosciute, c’è quella del Caciofiore della Campagna romana e Fabio De Juliis, uno dei produttori racconta: “Chiuso il capitolo ristoranti abbiamo cercato di spostare la vendita on line e sui gruppi di acquisto, ma questo ovviamente non basta per mantenere la filiera del latte. Per molti pastori questa è l’unica entrata, ma le condizioni sono tragiche, non possiamo stoccare grandi quantità di prodotto e ovviamente le vendite on line non possono equiparare le vendite del canale distributivo”.
Nel gruppo delle aziende in difficoltà anche le sorelle Fiasco, classe 1960, produttrici dei Giglietti di Palestrina, biscotti dell’antica nobiltà romana che rappresentano una delle tante aziende che compongono i Presidi Slow Food. Piccole realtà non strutturate, costituite in ditte individuali o piccole imprese familiari, dove manca la gestione manageriale o il concetto di marketing così tanto diffuso, realtà che lavorano in territori marginali e dove spesso i titolari non sono giovanissimi, dove mancano strumenti e disponibilità anche per accedere agli aiuti pubblici.
“Abbiamo un calo dei ricavi impressionante e stiamo puntando tutto sul Natale e le vendite a domicilio. Senza queste produzioni, saremo tutti più poveri”, dice Simonetta Coccia, storica produttrice della Susianella di Viterbo, il salume etrusco fatto con le frattaglie, che risale al Medioevo. A lei si uniscono i produttori della Lenticchia di Rascino e dei Chiacchietegli di Priverno, ma anche gli artigiani dei prodotti dell’Arca del Gusto, delle piccole cantine laziali e dell’olio Evo dei Colli Etruschi.
Cosa fa Slow Food per cercare di risollevare la situazione?
Natale può essere una soluzione o si spera. Si punta allo shopping natalizio alternativo e solidale con il “Sacco Buono” di Natale. Nell’anno in cui viene a mancare anche il consueto appuntamento di Terra Madre-Salone del Gusto a Torino, vetrina mondiale per i piccoli produttori e artigiani del cibo tutelati da Slow Food, non resta che proporre “virtualmente” la ricchezza di queste aree con un Sacco pieno di Presidi, che contribuirà a sostenere le produzioni meno protette, ma che proteggono di più le tradizioni, l’ambiente e il paesaggio, la cultura materiale, la fertilità e la ricchezza dei suoli.
Diverse opzioni dal sacco componibile a quello verde, rosso, oro, bronzo o argento in cui trovare legumi, vino, pomodoro, olio, formaggi, salumi e pasta. Un sacco buono in tutte le misure, un semplice sacco per aiutare in questo periodo, in cui le tavole sono sempre più protagoniste e in cui anche noi dovremmo essere più buoni.
Qui il LINK per prenotare il Sacco Buono di Natale a sostegno dei presìdi Slow Food.