Origini salernitane e chef poliedrico, Antonio Paolino è stato per anni punto di riferimento nella docenza del Campus Etoile Academy, contribuendo a formare centinaia di nuove leve. Oggi lo troviamo al fianco di Sonia Peronaci, un nome di calibro nel panorama dei food influencer. Tra gli ultimi successi che lo vede protagonista assieme alla diva del web, ricordiamo il format live streaming “La cuoca e il secchione”, in onda una volta al mese sulla pagina Facebook di Schär. Lo abbiamo intervistato per farci raccontare la sua nuova avventura milanese, scoprendo con piacere quanto sia forte e profondo l’orgoglio per la divisa che indossa.
Cosa ti ha dato professionalmente il Campus Etoile Academy?
L’esperienza all’Etoile è stata edificante sotto molti punti di vista, uno più prezioso dell’altro: dalla disciplina alla passione, dall’autocontrollo all’ispirazione più irrefrenabile. Mi ha reso più risoluto nei confronti di me stesso, del lavoro e della ricerca; mi ha dato l’opportunità di confrontarmi con molti colleghi e colleghe, cosa molto importante a prescindere dal percorso di ciascuno. Infine, ha abbattuto ogni confine e limite mentale e geografico: in qualche modo l’Etoile è il punto di partenza per costruire il mio io futuro.
Quanti aspiranti chef e pasticceri hai contribuito a formare e cosa hai imparato grazie a loro?
Considerando di aver seguito sette cicli di corsi d’alta formazione di Cucina e Pasticceria, circa 200 allievi. A questi si aggiungono i corsi di aggiornamento per professionisti. Grazie a tutti loro ho imparato a riconoscermi come persona e come docente: gli approfondimenti continui mi hanno messo alla prova. Ho toccato con mano che la passione è ancora, fortunatamente, una delle molle dei giovani di oggi e l’entusiasmo di molti è stata una carica anche per me. Posso certamente affermare che l’umiltà regna ancora, così come l’entusiasmo e la voglia di fare.
Cosa ti manca della scuola?
La scuola è stata così importante e così appagante che non posso affermare che mi manchi qualcosa in particolare. Mi sono goduto tutto. In effetti mi manca ogni cosa ma senza rimpianti. Mi sto godendo il presente.
Quali sono gli ingredienti perfetti per sfornare giovani leve preparate ad entrare nel mondo del lavoro?
Umiltà e passione sono fondamentali. La bravura e la tecnica sono solamente la conseguenza di questi due fattori; alcune persone raggiungono più velocemente dei buoni livelli, ad altre serve più tempo ma non è questa la caratteristica che determina un professionista. Ritengo sia importante ascoltarsi, conoscersi bene nei limiti e nei punti di forza, lavorare sui primi e puntare sui secondi, poco alla volta ma con costanza e con ogni energia che si ha a disposizione. Aggiungo, ironicamente, un’altra condizione: l’ordine inteso come condizione mentale ma anche in senso pratico, quindi pulizia personale, dei fornelli e del frigorifero!
Come è nato l’incontro con Sonia Peronaci?
Ci siamo conosciuti nell’aprile 2016 al Salone del Mobile e non ci siamo più lasciati. La nostra è una collaborazione costruttiva e divertente, con sinergia palpabile. Successivamente mi ha coinvolto per le riprese della sua prima trasmissione su Rete4, “Le ricette di Sonia” e in seguito le ho fatto da spalla in numerosi cooking show per poi essere chiamato a tempo pieno nella sua Sonia Factory a Milano. Mi diverte dare il mio contributo con idee e ricette inedite da proporre a tutto lo staff. Sono passato dall’ambito accademico ad una vera e propria redazione. Tra foto, ricette, video, cooking show, consulenze e scuole di cucina è un’avventura a tutto tondo che Sonia sta rendendo unica. Lei è una forza della natura, un’ispirazione e una maestra eccellente anche per me che ho insegnato a professionisti.
Per uno chef cucinare sotto i riflettori è una nuova sfida: cosa cambia?
Devo dire che mi sento a mio agio davanti alla telecamera. Mi piacerebbe molto proseguire anche in tal senso. Di fatto non è molto diverso rispetto allo stare in una vera cucina, diciamo solo che devo ricordarmi di sorridere e, come mi ricordano fotografa e cameraman, smorzare la mia espressione concentrata, che sembra accigliata.
Come definiresti la tua cucina?
Prima di tutto tradizionale e questo lo devo al retaggio e agli insegnamenti di mia mamma Ida: le sue ricette e la sua cucina faranno sempre parte della mia essenza. Da chef posso assicurarvi che la sua pasta e fagioli è impareggiabile. L’altro aggettivo è istintuale: mi capita spesso di accantonare la tecnica, quasi senza rendermene conto, per rischiare e improvvisare con abbinamenti, cotture e composizioni. Di conseguenza, credo che la mia cucina sia anche creativa, insomma ci metto tutta la fantasia di cui sono capace.
Quali sono gli aspetti che ami di più del tuo mestiere?
L’espressione attraverso il cibo, il suscitare e provare io stesso emozioni ogni volta nuove. Amo soddisfare chi assaggia i miei piatti, per gusto e per vista, sorprendendo con piatti semplici ma fatti bene. Mi piace far sentire le persone a casa. Questo è un aspetto che mi riporta all’infanzia e mi ricorda un periodo buio durante il quale mi sono trovato senza papà, con mamma che lavorava e mi lasciava i suoi sughi per l’ora di pranzo: io arrivavo e creavo, per sfogarmi, per tranquillizzarmi, per sentirmi bene. Antonio è ancora quel bambino e la mia missione è la stessa.
Sogni nel cassetto?
Mi piacerebbe moltissimo scrivere un libro tecnico, un manuale, con immagini accattivanti e testi chiari che spieghino nel dettaglio le magie chimiche in cucina. Oso sognare un format televisivo con un target di soli professionisti. quindi con tante spiegazione tecniche più semplici ricette; sogno anche un format di ristorazione: non un ristorante, ma una catena. Esagero secondo voi?