Chef Davide Del Duca: dobbiamo essere artigiani al 100%

Se l’emergenza sanitaria ha costretto l’Italia ad interrompere la maggior parte delle attività, non solo nel settore della ristorazione, il pensiero della ripresa si fa incalzante, pur nella consapevolezza che nulla sarà più come prima. Ne parliamo con Davide del Duca, chef patron dell’Osteria Fernanda a Roma.

All’Osteria Fernanda lei lavora insieme a sua moglie, oggi che l’attività è momentaneamente sospesa vi ritrovate entrambi a casa. Come sta andando?

Inizialmente era un po’ strano, essendo abituato a lavorare fuori tutto il giorno. Oggi sto vivendo la mia famiglia al 100%, mia figlia ha 8 mesi, inizia a dire le prime parole, a fare i primi passi. Questo è molto bello perché prima non potevo passare molto tempo con lei, stando poche ore a casa.

Sta già pensando a come cambierà la sua attività al termine del lockdown?

Sì, il pensiero va al lavoro che dovrà riprendere. Sappiamo benissimo che non tornerà immediatamente tutto come prima, non sarà facile. L’Osteria Fernanda ha basato da sempre la sua filosofia sull’artigianato, e mai come adesso il nostro settore si deve muovere su questo piano. Dobbiamo essere artigiani al 100%, creare piatti e proposte anche partendo da prodotti di basso costo. Dobbiamo essere quello che siamo sempre stati, dei veri artigiani.

Sono in molti a sostenere che per un certo periodo dovremmo privilegiare i prodotti Made in Italy per riattivare l’economia del nostro Paese. Lei cosa ne pensa?

Sì, dobbiamo essere una comunità come non lo siamo mai stati, dare spazio alle piccole aziende, stare vicino agli agricoltori. Proprio per questo stiamo pensando ad una iniziativa solidale, un sistema in cui le aziende, i produttori, i ristoranti e distributori  possano creare una comunità, dialogare e collaborare.

Quando ha iniziato a pensarci?

Appena è iniziato il blocco delle attività. Oltre a Osteria Fernanda ho una società di consulenza, Basilico out of the Food. Ci occupiamo di pianificazione per aziende, strategie di marketing, formazione del personale e tutto quello che serve per avviare o risollevare un’azienda.

Quella di risollevare le aziende sarà un’attività urgente, dopo l’uscita dal tunnel.

Quello che è successo ha provocato un brutto scossone per il commercio e la ristorazione, ma è un’opportunità per diventare una comunità vera e propria. A volte non ci rendiamo conto che alle porte di Roma c’è un piccolo produttore che fa la migliore ricotta…continuiamo a comprarla sui cataloghi perché non abbiamo tempo, non facciamo ricerca. Comprare italiano non deve essere un modo di dire, ma un modello da applicare quando torneremo a lavorare. Bisogna sostenere l’economia di tutti.

L’emergenza sanitaria sta cambiando le nostre vite. Come influenzerà la clientela del suo ristorante?

Io parlo soprattutto di Roma, una città molto legata alle tradizioni e penso che il cliente andrà “ricostruito”. Di gourmet ce ne sono pochi e il popolo è la maggioranza, bisogna avere dei contenuti forti, non si può ripartire da quello che avevamo lasciato prima.

Quindi bisogna sapersi rinnovare.

Certo, e sarà necessario entrare nel mercato con le marce un pò più basse, cercare di far nuovamente avvicinare le persone ai nostri ristoranti e man mano ricrescere.

Anche i prezzi non potranno essere più quelli di prima?

La liquidità è venuta meno, quindi le disponibilità saranno sicuramente inferiori. Pensando al nostro lavoro, però, la soluzione si trova, siamo artigiani quindi possiamo creare un piatto anche da un gambo di sedano, da una materia prima povera e quindi tenere sotto controllo i prezzi.