Eravamo abituati a programmare la vita e ad archiviarla in capitoli, oggi siamo costretti a viverla per fasi. In un mondo dove nulla è più come prima, dove il futuro preoccupa e il presente incute incertezza, abbiamo chiesto a Donatella Cinelli Colombini, Presidente dell’associazione nazionale Le Donne del Vino, di fare il punto sulla situazione attuale, per comprendere come sarà possibile ripartire.
Il Covid19 ha seminato difficoltà in vigna, riducendo il numero degli operai, ha frenato le vendite e imposto nuovi stili di vita. Tutto questo cosa provocherà nel settore vinicolo?
In vigna il lavoro prosegue normalmente anche se in modo diverso, tutti stanno riducendo le produzioni. L’epidemia ha creato problemi soprattutto nel settore commerciale e ai vini premium, quelli commercializzati prevalentemente nel canale Horeca, che a causa della chiusura dei ristoranti e con il crollo del turismo ne ha risentito particolarmente. Altro elemento di grande cambiamento è la crescita del delivery e delle vendite on line di cibo e di vino.
Le Donne del Vino sono vicine alle giovani che vogliono lavorare nel settore con il progetto Future, in che cosa consiste?
Il progetto Future nasce da un’idea di Alessandra Boscaini e offre opportunità formative alle donne sotto i 30 anni che pensano al proprio futuro professionale nell’enologia. Le Donne del vino offrono borse di studio, stage, visite didattiche, lezioni o interi corsi, come quello di Erika Ribaldi, export manager con base a Hong Kong, che per un anno formerà delle future professioniste nel commercio internazionale.
Con il Covid e la necessità di dematerializzare le iniziative il progetto Future si è trasformato in una serie di tutorial in cui le Donne del Vino insegnano speciali tecniche di produzione o metodi per presentare, vendere o assaggiare il vino.
Vista l’attuale situazione come si riorganizzerà il settore dell’enoturismo per quest’estate?
La crisi dei viaggi colpisce anche le attività di wine hospitality delle cantine e tutte le attività turistiche dei distretti enologici. Per capire l’impatto su questo segmento basta dire che in Chianti Classico l’82% degli arrivi turistici è costituito da stranieri e in località come Montalcino o Montepulciano il turismo riguarda il 33% degli occupati e il 25% del PIL. Quindi non saranno solo le cantine a soffrire, perdendo la vendita diretta con buona marginalità, ma anche tutte le zone del vino
Lei è al secondo mandato come presidente dell’associazione Le Donne del Vino, come pensa potranno proseguire le attività in futuro?
In questo secondo triennio l’obiettivo è l’internazionalizzazione con la realizzazione di una rete di rapporti con le associazioni sorelle di: Argentina, Cile, Nuova Zelanda, Australia, Francia, Germania, Svizzera, Croazia. Abbiamo firmato un protocollo di intesa durante la fiera SIMEI, nel novembre scorso, e quest’anno l’annuario delle Donne del Vino conterrà i riferimenti delle associazioni estere. Ovviamente le collaborazioni internazionali hanno avuto un’evoluzione durante l’epidemia Covid e si sono intensificate con gli amici del vino italiano in Asia, che attraverso il progetto Ganbei hanno fatto arrivare presidi sanitari in Italia. Abbiamo anche attivato un servizio informazioni “di prima mano” sui mercati esteri, pubblicando dei “dossier Paese” nei canali social e nel nostro periodico D-News allegato al Corriere Vinicolo e pubblicato in 14.000 copie per 8 numeri l’anno.
Cosa vorrebbe dire a tutte le donne impegnate nel mondo del vino?
Coraggio, non mollate, siate esempi di determinazione come solo le donne sanno essere. Parafrasando il Presidente Obama, nessuna di noi può fare tutto ma tutte possiamo fare qualcosa e insieme saremo la speranza.