È una storia lunga ed affascinante, quella del ristorante Alfredo alla Scrofa nel cuore della Roma antica. Un racconto dove il cibo è un atto d’amore che nel tempo ha fatto la fortuna di una locanda semplice, dove una ricetta in apparenza semplice è diventata un piatto iconico della cucina romana. Ne parliamo con il patron Mario Mozzetti e lo chef Mirko Moglioni.
Alfredo alla Scrofa ha una lunga storia alle spalle. Ce la vuole raccontare?
Questo locale ha una storia lunga 106 anni. Nel 1914 nacque come locanda: lo chef, un omone con i baffi, decise di preparare alla moglie, che aveva appena partorito, un piatto per tirarla su, così nacquero le fettuccine alla Alfredo. Una storia, dunque, nata nel segno dell’amore tra Alfredo, la moglie e il loro figlio, un piatto di pasta di una semplicità pazzesca, con un po’ di burro, una manciata di parmigiano e le fettuccine molto sottili, il tutto mantecato a ritmo di valzer. Senza rendersene conto, Alfredo fece scattare un movimento iconico, perché di lì a breve arrivarono due miti del cinema muto americano, Charlie Chaplin e la sua socia Mary Pickford, che se ne innamorarono e decisero di regalare ad Alfredo le mitiche posate d’oro. Mary, tornando a casa, raccontò ai media americani della sua esperienza romana e di questo piatto di pasta eccezionale, facendo innamorare l’America. Negli anni, tutte le star di Hollywood sono venute a mangiare qui insieme ai personaggi più importanti della storia italiana, dai reali ai personaggi della letteratura, politica e del cinema. Noi della famiglia siamo arrivati intorno agli anni Quaranta, quando i bisnonni di Veronica, la mia socia, che all’epoca facevano i camerieri da Alfredo acquistarono da lui il ristorante. Alfredo, essendo d’origine ebraiche, dovette scappare e noi da 77 anni siamo qui tutti i giorni a proteggere questo brand, mettendoci passione, volendo crescere e innovarci senza dimenticare le origini.
C’è sempre stata una sorta di disputa con l’altro ristorante Alfredo, nella vicina piazza Augusto Imperatore.
Il 1943 fu l’anno in cui Alfredo vendette ai nostri nonni e scappò dall’Italia a causa della seconda Guerra Mondiale. Nel 1952 rientrò e aprì il suo ristorante a Piazza Augusto Imperatore. In teoria sono due location distinte e separate, noi ci siamo identificati e loro hanno il loro percorso e noi non li giudichiamo. La ricetta è la stessa, ma loro usano fettuccine più spesse, le nostre sono talmente sottili che si amalgamano con il burro e il parmigiano.
Le fettuccine alla Alfredo sono uno dei piatti italiani più conosciuti all’estero.
Dieci anni fa decisi, d’accordo con Veronica e nonostante la nostra amplia clientela straniera, di curare maggiormente i clienti italiani e i romani per dimostrare che questo è un piatto nato qui a via della Scrofa, sfatando il mito che le fettuccine all’Alfredo siano un piatto trash e americano.
Tornando ai giorni nostri, come state affrontando la difficile situazione creata dall’emergenza sanitaria?
Navighiamo a vista, cercando di non lasciarci cogliere dalle tensioni e non ci deprimiamo, continuando a fare il nostro lavoro. Facciamo la giusta comunicazione sui social, cercando di trasmettere al cliente questa positività. Noi siamo ripartiti il 12 giugno con la cucina nuova e devo ammettere che alcuni risultati positivi sono arrivati. Più la situazione diventa pandemica e più ci concentriamo sui nostri valori, convinti che questo ci potrà sostenere nella grande crisi, e più convinti che una volta superata ci troveremo avvantaggiati. Tocca stringere i denti, siamo un bel gruppo di oltre 22 persone, tra sala e cucina, i nostri dipendenti si sono ridotti lo stipendio per continuare a lavorare tutti e con serenità.
Qualche domanda allo chef Mirko Moglioni: cosa ha di così speciale questa famosa ricetta?
Il discorso della ricetta è relativo, perché essendo degli ingredienti semplici e basici non ci sono elementi di spicco. Ciò che rende speciale questo piatto è il rituale, la stessa mantecatura davanti al cliente.
Perché triplo burro?
La chiamavano triplo burro e parmigiano per dare un’identità alla quantità di burro, ma in realtà utilizziamo per ogni porzione 40 grammi di burro e 70 grammi di parmigiano grattato con 90 grammi di fettuccine. È una quantità ideale per il post allenamento.
Come è arrivato a lavorare da Alfredo alla Scrofa?
Il nostro incontro è avvenuto grazie ad un mio amico, lo chef Davide Cianetti, che aveva iniziato con Alfredo alla Scrofa una collaborazione lavorativa, poi lui è partito per seguire un progetto a Miami e mi ha chiesto se fossi interessato a prendere il suo posto. Così sono venuto a fare una chiacchierata con la proprietà e devo dire che è stato amore a prima vista.
Mario, Il cliente ha notato il cambio di chef?
Si, prima avevamo una cucina classica da trattoria, come i saltimbocca, l’arrosto con le patate, lo chef ha compreso il nostro desiderio di fare un salto di qualità e ci ha portati a ottenerlo. Ho sempre detto: fidiamoci dello chef ma fidiamoci sempre del cliente e la risposta è stata positiva.
C’è chi viene da voi e non ordina le Fettuccine all’Alfredo?
I clienti che ritornano non prendono sempre le fettuccine e cercano altro. Chi ordina, o meglio ordinava solo le fettuccine era il cliente internazionale, l’attrazione principale comunque restano sempre loro.
Durante il lockdown avete messo in un vasetto la salsa all’Alfredo, questo ha determinato un cambio di consistenza?
È l’esatto estratto del piatto che facciamo ai nostri clienti, regalando lo stesso profumo che possono trovare al ristorante.