Il Palagio di Panzano, una storia fatta d’accoglienza nel nome del Chianti

Il Palagio di Panzano deve la sua nascita alla lungimiranza e intraprendenza di Dario Piccini, il nonno di Monia, l’attuale proprietaria con il marito Franco, di questo gioiello incastonato nel cuore della Toscana, precisamente nel Chianti, in quel lembo di terra che riesce a trasformare il Sangiovese in un vino dai toni e profumi inconfondibili. Il nome palagio letteralmente significa palazzo, un tempo appartenuto al podestà, a cui Monia ha voluto far seguire Panzano proprio come segno distintivo e d’identificazione rispetto ai tanti altri palagi toscani. Monia è una donna serena perché è riuscita a realizzare il proprio desiderio: accogliere i propri ospiti, rendendoli padroni del proprio tempo, regalandoli l’esperienziale di vivere giorni immersi nella bellezza. Monia ha fatto dell’accoglienza la propria vita e in questo periodo di stop forzato del turismo a causa del Covid ha deciso di stoppare la propria attività ricettiva per riprendere quando la situazione lo permetterà.

Monia Piccini

Ci racconta la storia della vostra cantina?
Il Palagio di Panzano è stato acquistato da mio nonno, Dario Piccini nel 1965 per coronare il suo sogno possedere una casa circondata dalla vigna. Devo dire che ha avuto lungimiranza nel fare questo investimento, in un periodo in cui le campagne si spopolavano in favore della vita in città, lui colse il potenziale di questa terra. Questo rappresentava anche un sintomo del suo forte attaccamento alla terra. Mio nonno era un operaio, che riuscì con il tempo a diventare un imprenditore nel campo edile, investì se stesso e tutti i suoi risparmi qui. Il Palagio è sempre stato il centro della nostra famiglia, i miei ricordi d’infanzia sono custoditi qui in questi vigneti. Se oggi posso fare ciò che ho sempre desiderato lo devo anche a mio padre Fabrizio, che mi chiese cosa avessi voluto fare da grande e io gli svelai il mio sogno: rendere il Plagio un luogo d’accoglienza. Ho studiato come interprete e traduttrice, perseverando la mia personale idea d’ospitalità, in cui l’ospite è il padrone. A testimonianza della mia devozione verso l’ospitalità è quella di avere dopo vent’anni ancora gli stessi clienti che ogni anno decidono di soggiornare da noi. Chi viene da noi vuole abbandonar la routine, abbracciando un’idea di semplicità e di sensazioni vere, che poi sono quelle che non si dimenticano più. Da noi non trova in camera la Jacuzzi o la spa, ma siamo certi di poter donare un autentico rapporto umano, che sono sicura funziona più di tanto altro.

Avete deciso di chiudere l’agriturismo fino ad Aprile, come mai?
Noi nel periodo invernale lavoriamo sempre molto meno, nonostante siamo collocati a metà tra Firenze e Siena, vista la situazione d’incertezza nazionale ho deciso di voler tutelare fino in fondo il mio personale, che in questi mesi ci ha dato davvero tanto, decidendo di restare chiusi. La chiusura è dettata anche dall’impossibilità di poter assicurare ai nostri clienti i servizi e gli standard a cui sono abituati. I nostri clienti sono prettamente stranieri, in venticinque anni d’attività, sono stati pochissimi gli ospiti italiani da noi non si viene per un turismo mordi e fuggi. A giugno 2020 abbiamo riaperto la struttura, dopo il periodo del primo lockdown, e mi sembrava di lavorare come se fosse stato il mio primo inizio, silenzi sono tornati a essere i protagonisti delle nostre giornate, riscoprendo l’essenzialità della vita.

La vostra essenza è custodita nel Sangiovese, quali sono le caratteristiche del vostro vitigno?
Noi abbiamo una posizione abbastanza privilegiata, i nostri vigneti sono collocati al centro della Conca d’oro a Panzano in Chianti, sul versante sud e sud-ovest, il Sangiovese ha bisogno di tanta luce e qui ci sono le condizioni pedoclimatiche ottimali per la sua maturazione. Il nostro Sangiovese è un po’ austero un po’ chiuso rispecchia me e Franco, che ci apriamo agli altri con calma, ma quando lo facciamo è in una forma autentica. Così come il nostro Sangiovese una volta che si apre si mostra nella sua eleganza, per ammorbidire i tannini, che nei primi anni risultano più ruvidi, abbiamo deciso di prolungare i tempi d’affinamento in bottiglia.

Puntate sulla sostenibilità e dichiarate che la perseguite restando piccoli, questo è il vostro segreto?
Essere definiti un’azienda sostenibile sarebbe riduttivo, la nostra è una vera e propria attenzione al dettaglio. Il nostro obiettivo è quello di garantire la qualità non solo all’interno di ogni singola bottiglia, ma soprattutto nell’intero territorio. C’è un grande lavoro di collaborazione anche con le altre aziende e sono tante quelle che stanno adottando questa strada. Il mio lavoro non finisce nel mio confine, anche la grandi realtà possono farlo ovviamente pianificandolo.

La 2020 che annata è stata?
La 2020 è un’ottima annata sarà per tutte le cure in più che siamo riusciti a donare alle nostre uve, insieme al clima particolarmente favorevole.

Quante bottiglie producete e dove siete presenti?
Noi abbiamo una produzione limitata, per tutte le nostre tipologie ci attestiamo intorno alle 28 mila bottiglie, che distribuiamo per una parte all’estero e la restante la vendiamo direttamente nel nostro punto vendita. Sul mercato americano non siamo tantissimo presenti perché il nostro Chianti non strizza l’occhio ai gusti del Paese a stelle e strisce. Siamo presenti in Nord Europa, Russia e una piccola distribuzione in Australia e Malesia. Stiamo pianificando la vendita online ma c’è tutto un discorso legato alla burocrazia che non è da sottovalutare. Per il momento preferiamo continuare con il negozio, che abbiamo aperto proprio come risposta al calo degli ordini da parte del settore horeca, devo dire che c’è stata tanta solidarietà nell’acquisto delle nostre bottiglie da parte dei privati e di alcuni importatori. A dicembre 2019 eravamo tanto soddisfatti del nostro fatturato e poi è arrivato il Covid che ha fermato tutto.

Il palagio oggi siete tu e Franco, quali sono le aspettative per questo 2021?
Io non mollo, nella vita quando si perde la speranza e la voglia di fare si è perso tutto. Il 2020 non è un anno da ricordare uno dei più duri mai vissuti, non è per me la prima volta che devo ripartire. Nel 2001 dopo l’attacco alle Torri Gemelle, il nostro turismo che è prettamente straniero aveva subito un forte calo, poi c’è stata la crisi del 2008, nello stesso anno ho perso anche il mio papà. Spero solo di conservare forza e salute perché qualcosa sicuramente faremo, andiamo incontro a un nuovo orizzonte fatto di nuove necessità. La gente ha voglia di tornare a viaggiare e appena si potrà il turismo sarà migliore e più consapevole.

DEGUSTAZIONE
Chianti Classico Docg Riserva 2016 Rosso rubino intenso, timido al primo istante, ma bastano pochi minuti per scoprire l’anima elegante ed essenziale di questo vino. Profumi intensi simili a pennellate decise su tela mostrano ciliegie sotto spirito, caffè, cacao amaro, note testate e speziate di pepe nero in grani, chiodi di garofano e cardamomo. Caldo e avvolgente, accarezza il palato, lasciando una piacevole sensazione d’equilibrio prolungato.

Chianti Classico Docg Riserva 2015 Rosso rubino dalle delicate venature granate. Profumi intensi di amarena e visciole si intersecano a un bouquet di fiori rossi come le rose, peonie e viole. Le spezie invadono discretamente il calice, riuscendo a regalare una piacevole sensazione di caffè tostato e cacao amaro. In bocca dona un sorso vivace ed entusiasmante, un vino quasi da mordere vista la struttura. Il ricordo di questo assaggio riesce a superare il tempo, imprimendo il suo ricordo all’infinito.

Le Bambole Chianti Classico Docg Gran Selezione 2015 100% Sangiovese proveniente da una sola e preziosa vigna denominata appunto “La Vigna delle Bambole” affina 30 mesi in tonneaux nuove di rovere francese da 500 litri e riposa in bottiglia per un lungo periodo. Rosso rubino impenetrabile, il lungo passaggio in legno conferisce ai profumi una grande complessità. Un vortice di profumi inebria l’olfatto, regalando sensazioni di tostatura di caffè e spezie dolci. Visciole e rose rosse riempiono il calice e al palato i tannini sono talmente eleganti, che riescono ad accarezzarlo con delicatezza. Un vino travolgente, che il trascorrere degli anni saprà donargli un aspetto straordinario.