La via del Bombino un vitigno dalle diverse declinazioni

Con un’estensione costiera di 865 chilometri, la più ampia d’Italia, la Puglia cela nel tacco d’Italia sapori, cibi, luoghi e vini ancora da scoprire, come il Bombino bianco, un vitigno ai più sconosciuto, ma che provoca curiosità già al primo assaggio. Il nome deriva dall’aspetto del grappolo, simile a quello di un bimbo in fasce, ma la sua culla d’origine lo pone lontano dalla terra che oggi lo custodisce. Fonti storiche individuano la penisola iberica come luogo di nascita, altri seguendo le antiche leggende e tradizioni contadine, attribuiscono ai cavalieri templari, stanziatisi a San Severo di ritorno dalle crociate, l’arrivo della varietà nelle terre della Capitanata. Oggi l’Agro di San Severo è l’habitat ideale dove il Bombino bianco esprime le proprie caratteristiche: crescita tardiva e alta produttività, è interessante conoscere i risultati ottenuti dalle scelte diverse apportate da alcuni vignaioli che puntano a basse rese e a tecniche di vinificazione differenti.

Per fare questo conosciamo tre realtà diverse, dislocate tra San Severo e Lucera, nel cuore della provincia foggiana, tre cantine che utilizzano il Bombino bianco in modo differente con risultati che impressionano i nasi e i palati dei degustatori più esperti.

D’Araprì: un’ impresa ritenuta folle agli albori, oggi è considerata geniale. Sul finire degli anni settanta tre amici Girolamo D’Amico, Loius Rapini e Ulrico Priore, uniti dalla passione comune per la musica Jazz, decisero di produrre uno spumante,  da metodo classico, da Bombino bianco nella loro città, San Severo. Tutto questo sembrava un esperimento impossibile da realizzare, mentre oggi D’Araprì è una certezza tra gli spumanti del sud Italia.

Riserva Nobile è il nome del metodo classico targato D’Araprì realizzato esclusivamente con uve da Bombino bianco, un capolavoro racchiuso in bottiglia, e nel calice esprime eleganza già dal colore: giallo paglierino con dei riflessi dorati brillanti, un perlage fitto e persistente. Al naso svela un arcobaleno di profumi che rievocano la pasticceria, il burro fuso, la crema che si intersecano alle nuance di frutta tropicale con delle spolverate di vaniglia. Ogni bottiglia riposa per circa 36 mesi nei sotterranei della bellissima cantina. Il millesimo 2014 regala una maturità che si conferma nel gusto esplosivo e di grande struttura, in un abbinamento del tutto territoriale sarebbe perfetto con un piatto di riso, patate e cozze.

Agro Paglione

D’Alfonso del Sordo: il proprio Bombino bianco ha il nome di Catapanus. Restando sempre a San Severo incontriamo una delle realtà storiche del territorio, infatti, la cantina D’Alfonso del Sordo nasce ancor prima dell’unità d’Italia, nel 1860, dall’unione di due famiglie: D’Alfonso e Del Sordo. Oggi è Gianfelice con la moglie Celeste a guidare l’azienda, con i suoi 30 ettari, di cui 25 vitati, verso lo sviluppo nazionale e internazionale. Bombino bianco e Nero di Troia sono i protagonisti indiscussi di questa cantina e i risultati qualitativi ottenuti da questi due vitigni autoctoni confermano le giuste scelte apportate in azienda.

Il Bombino bianco di casa D’Alfonso del Sordo porta il nome di Catapanus, un omaggio dedicato al delegato provinciale dell’imperatore di epoca bizantina. Questo vino si contraddistingue per una cura maniacale durante i processi di vendemmia e vinificazione, per imbottigliare un prodotto dai tratti unici. L’aspetto iniziale ha i colori del giallo paglierino, i profumi sono così travolgenti, che riescono a catturare l’attenzione di chi lo assaggia, dai toni fruttati dell’ananas e della pesca si vira verso profumi minerali, tipici del terreno in cui cresce e poi un pizzico di freschezza invade il palato, prevalendo sulla sapidità in un gioco di equilibri che porta ad amarlo. Per un abbinamento tradizionale e territoriale sarebbe perfetto in coppia con un piatto di favetta e cicoria.

Paglione rende il biologico una scelta di vita da trasferire nella terra. Spostandoci di pochi chilometri raggiungiamo Lucera, dove Beniamino Faccilongo, con l’intera famiglia, nuora compresa, gestisce un’azienda agricola che dell’artigianalità ha fatto il proprio punto di forza. Nell’agricola Paglione la produzione enoica è molto bassa, circa ventimila bottiglie totali, perché sono i pomodori il cuore pulsante dell’intera attività. Il Bombino bianco prodotto da Paglione  lo ritroviamo nella Doc Cacc’ e Mmitte, riconosciuta come tale nel 1975, da disciplinare, è possibile produrla nei tre comuni del foggiano: Lucera, Troia e Biccari con l’aggiunta di Nero di Troia e Montepulciano in quantità superiore, rispetto al  15% riservato al Bombino bianco. Il nome dialettale della Doc si rifà al tradizionale metodo di vinificazione utilizzato dai proprietari dei palmenti, tipici spazi dell’Italia meridionale, destinati alla pigiatura dell’uva. Essi affittavano giornalmente le attrezzature destinate a questa lavorazione, pertanto quando un affittuario toglieva il mosto appena prodotto dalle vasche del palmento “Cacc” per portarlo nelle proprie cantine, subito arrivava un nuovo affittuario che versava nelle vasche “Mmitte” le uve da pigiare. Caporale nasce come tributo al nonno Nicola che produceva il Cacc e Mmitte ancor prima che diventasse una Doc. Questo vino dalla schiettezza olfattiva così decisa di lampone, prugna, mora e con un bagaglio carico di spezie si lascia bere con gusto e facilità nonostante l’elevata nota alcolica. L’abbinamento finale può spingersi anche su un piatto di Nghiemeridde arrostiti,  tipici involtini pugliesi, fatti di interiora di agnello (polmone o fegato) con attorcigliato il budello dello stesso animale.