“L’esempio è la più alta forma di insegnamento”. Ci lascia Gualtiero Marchesi, Rivoluzionario della Cucina italiana

Ha chiuso i fuochi della sua cucina, ha lanciato un ultimo sguardo al lucido banco di lavoro, ai piatti di bianca ceramica, alle posate ordinate, ai ventagli di tegami. Poi, ha girato le spalle, ha spento la luce ed è sparito nel buio.

Se ne è andato via così Gualtiero Marchesi, a 87 anni. Padre putativo di tutti gli chef, capo simbolico di una numerosa brigata, reale e concettuale, antesignano di un’idea rivoluzionaria di cucina che portava avanti con sé dal 1977, da quel seminterrato a Bonvesin de la Riva, battezzato con il suo stesso nome, reinventato in un “modernissimo ristorante in una periferica strada borghese” di Milano, che subito ottenne riconoscimenti stellari. Lui, uno dei più illustri cuochi italiani, sicuramente un sovversivo, un ribelle, il primo ad aver portato le tre stelle Michelin in Italia ad averne poi messo in discussione l’intero sistema di attribuzione, il primo ad aver dato dignità alla cucina regionale italiana, il primo ad aver valorizzato la tradizione senza nostalgia, interpretando le nuove tendenze, attingendo alle Arti e traghettandola nel futuro, il primo ad aver parlato di nouvelle cousine italiana, il primo ad aver impostato le basi di una Scuola Monumento nel 2006, l’ALMA, nel Palazzo Ducale di Colorno (Parma), ad aver stabilito un Codie Etico, una scuola di pensiero ed una filosofia di approccio alla cucina. 

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Ironico, moderno, creativo, geniale quanto criticato, incompreso e rivoluzionario: “Ciò che più m’indigna è che noi italiani siamo ancora così ingenui da affidare i successi dei nostri ristoranti a una guida francese, nonostante i passi da gigante che il settore ha fatto – aggiungendo in seguito – “quando polemizzai con la Michelin lo feci per dare un esempio, per mettere in guardia i giovani affinché capiscano che la passione per la cucina non può essere subordinata ai voti. So per certo, invece, che molti di loro si sacrificano e lavorano astrattamente per avere un stella. Non è né sano, né giusto”. E così dicendo, nel frattempo, forgiava chef di calibro come Cracco, Crippa, Oldani, Berton, Lo Priore, Knamm ed altri, sia quelli che professano fedeltà alla cucina tradizionale o del loro territorio sia quelli che hanno scelto di cimentarsi sul terreno della ricerca e della sperimentazione.

La sua carriera è stata raccontata in “The Great Italian”, biopic sulla sua vita presentato lo scorso maggio a Cannes e, nonostante questo, ancora non gli piaceva che lo chiamassero Chef, né Maestro, gli piaceva semplicemente “Marchesi”. 

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Da giovane ho imparato a suonare il pianoforte e a pensare al gusto come a un’architettura. Che cosa ho appreso alla fine? Che la semplicità è difficile”. E quindi, rispetto per la materia prima, pochi ingredienti nel piatto, attingeva spesso all’Arte figurativa e alla Musica per le sue creazioni. Per questo amava definirsi un artista, non un cuoco, e gli piaceva, come i pittori, pensare i piatti come tele. Molti dei suoi traggono infatti ispirazione da quadri, come celebre “Dripping di pesce”, ispirato a Jackson Pollock, “Riso oro e zafferano”, definito dallo stesso Marchesi la sua creazione più riuscita, poi il “Raviolo aperto” che riprendeva una tecnica utilizzata da Alain Ducasse stampando foglie di prezzemolo sulla pasta, e poi ancora la “Piramide di riso Venere”, “Insalata di spaghetti al caviale ed erba cipollina”, piatto preferito dello chef, “Penne asparagi e tartufi”,  “Cubi di cotoletta alla milanese” ed altri.

http://lesaucier.it/il-raviolo-aperto-di-gualtiero-marchesi/
http://lesaucier.it/il-raviolo-aperto-di-gualtiero-marchesi/

La famiglia racconta che proprio in questi giorni stesse riscrivendo e codificando tutte le sue ricette più famose e che stesse per realizzare un altro sogno, quello di aprire una Casa di Riposo per Chef, uno spazio accogliente e attrezzato, immerso nel verde, dedicato ai cuochi in pensione e alla raffinata arte della cucina, un prezioso tesoro da custodire e tramandare alle prossime generazioni. “Dove i cuochi anziani – aveva spiegato – potrebbero portare il loro bagaglio di esperienze al servizio dei giovani studenti”.

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http://cuochietnei.it/gualtiero-marchesi-o-10-note-su-talent-show-sala-e-costoletta-perfetta/

Io ho avuto la fortuna di incontrarlo per la prima volta nel 2011, all’ALMA. Ricordo perfettamente quei due giorni. Divisi in brigate preparammo i suoi piatti più famosi. E forse è per questo che mi piace l’idea di chiudere questo articolo così, con il discorso che Marchesi fece per i 10 anni (clicca qui ALMA10anni_Marchesi) della sua scuola divenuta il più autorevole centro di formazione della Cucina Italiana a livello internazionale e che, poggiando sui principi di eccellenza, italianità, internazionalità e sui valori di onestà, entusiasmo, iniziativa, rispetto, salute, sicurezza ed efficienza, ha dimostrato al mondo che “lesempio è la più alta forma di insegnamento”.

Lectio doctoralis di Gualtiero Marchesi – ALMA 2006 -2016

La mia via

Ognuno di noi crea nel corso della vita un suo modo d’essere, una propria via, che nasce e prende forma con il tempo e l’esperienza.

La mia via io non l’ho costruita, non l’ho creata, non me la sono imposta, è nata con me; è sempre stata dentro di me.

Il ristorante dei miei genitori fu la culla della mia formazione dove appresi direttamente “sul campo” le basi fondamentali dell’Alta Cucina che viveva sulla raffinata qualità dei prodotti e sulla grande padronanza sensoriale ed esperienza dei cuochi che se ne occupavano.

Fu per me la prima scuola dove imparai le basi fondamentali della cucina.

Scuole, studi, libri furono i miei mezzi per capire che cos’era quel desiderio inconscio di pretendere di avere risposta a tutte le mie domande.

E stasera, ripetere queste cose qui, in questa cornice meravigliosa, davanti a voi, mentre celebriamo e festeggiamo i primi dieci anni di ALMA mi fa rendere conto di come questo seme di curiosità che era mio abbia generato qualcosa di bello e positivo per tutti voi.

Porto nel cuore la gratitudine verso le tante persone con le quali ho condiviso un tratto di cammino, nel lavoro, nella vita, con tutta la mia famiglia, con gli amici e gli artisti. Tutti mi hanno dato tanto; ed ora fanno parte della mia storia, fanno parte di me, della mia via, del mio mondo.

Durò a lungo la fase costruttiva di definizione e consolidamento della mia personalità, ma ad un certo punto avvenne un’inaspettata inversione di termini.

A furia d’imparare avevo finalmente capito cosa dovevo insegnare.

Avevo capito il rapporto tra il bello e il buono, l’utilità della tecnica, l’essenza della materia e della forma, la purezza e l’eleganza, contrapposte al cattivo gusto e al lusso.

Mi resi conto che il compito era ancora più arduo: far capire che la cucina apparentemente legata ad una visione di leggerezza e spensieratezza, è un’arte saldamente ancorata a solidi principi fondamentali ed immutabili di purezza, semplicità, verità.

Feci scoprire la cucina vera a chi pensava che non avrebbe mai approvato le mie intriganti piccole opere.

Quanta fatica, quanti altalenanti successi e delusioni, imprevedibilmente e casualmente miscelati insieme. I miei tentativi di convincimento ottenevano risultati molto difformi: dalle rare “conversioni istantanee” alle pesanti fatiche per fare accettare almeno qualche piccola malizia appartenente al piatto.

Ma la lotta era pur tuttavia sempre un grande stimolo a continuare nella stessa via.

Il mio bagaglio culturale mi permetteva però di tener fronte anche alle più insinuanti critiche. Mi era inoltre estremamente facile smontare critiche basate su ingenui preconcetti o confronti con lontani deboli ricordi personali. Imparare a scegliere l’abbinamento dei prodotti tra loro, cucinarli, condirli, presentarli è ricerca intuitiva, è scienza, è dono di natura come il gusto, che, chi lo possiede, indica con precisione come scegliere ed abbinare sapori, profumi e colori.

Ho insegnato ad apprezzare la bellezza del piatto e del suo contenuto: “il bello puro è il vero buono”, come dice mia figlia Paola interpretando il mio senso estetico, le mie certezze. La bellezza per me è cosa concreta, non è elemento sfuggevole e necessita di essere aiutata per essere capita.

In cucina il prodotto d’Arte, ossia il piatto, deve nascere per dar forma ad un’idea, per essere ricordato nel tempo, nella sua bellezza, divenire esso stesso parte della storia e far rivivere l’emozione trasmessa dall’idea che l’ha generato. Si ottiene così il vero risultato di autentica arte culinaria.

Quanto tempo ho impiegato nella mia vita per far capire questi argomenti.
Ma fortunatamente, il tempo e la diffusione della cultura hanno giocato a favore di questa verità.

Nel 2003 avvenne il coronamento delle mie aspirazioni: nella fantastica Reggia di Maria Luisa d’Austria, Duchessa di Parma, Piacenza e Guastalla si aprì, a Colorno, ALMA la Scuola Internazionale di Cucina Italiana, da me fortemente voluta e ne assunsi il Rettorato.

A questo impegno ho dedicato tutte le mie forze, consapevole di quanto i giovani necessitino di essere ben indirizzati verso una corretta attività nel campo della ristorazione a tutto tondo partendo dalla cucina, alla pasticceria, passando per il servizio di sala, aspetto a cui io tengo moltissimo per giungere fino alla gestione di un ristorante in termini di impresa.

Oggi Alma è un chiaro esempio di come si conduce una Scuola di Cucina, partendo dalle basi tecniche e adottando uno stile modernissimo e colloquiale d’insegnamento.

Nel 2010 ho creato la “Fondazione Gualtiero Marchesi” che si occupa esclusivamente della diffusione della cultura e dell’Arte.

Attualmente m’intrattengo con professionisti del moderno design, per collegare sempre più strettamente qualità, gusto e bellezza e partecipare attivamente all’evoluzione intellettuale del nostro Paese.

A voi docenti di ALMA, cuochi e accademici rivolgo ancora una volta la gratitudine per la dedizione che vi contraddistingue nello svolgimento di questo lavoro e vi chiedo sempre di tenere a mente che veramente “L’esempio è la più alta forma di insegnamento” come c’è scritto in tutte le aule della nostra scuola.

A voi studenti chiedo di essere sempre all’altezza della divisa che rappresentate e ricordatevi che per fare questo mestiere dovete mettere al centro questo desiderio di ospitalità totale, questo deve pervadere il vostro fare e il vostro essere, solo così capirete quanto è grande, importante e pieno di dignità il vostro contributo alla civiltà.

Grazie a tutti.

Gualtiero Marchesi