Della Città della Pizza ne abbiamo parlato, un luogo/evento dove una delle icone gastronomiche del nostro paese è stata raccontata ed esaltata, a Roma dal 31 marzo al 2 aprile scorsi, da figure d’eccellenza come Pier Daniele Seu, Gabriele Bonci e Gino Sorbillo e molti altri ancora che trovate qui.
Quello di cui invece mi piacerebbe raccontare è di come la basilare esistenza di alcuni prodotti, indispensabili alla valorizzazione di ogni professionalità poi chiamata in causa e senza i quali la pizza che mangiamo tale non sarebbe, a volte non godano della conoscenza che meritano. L’argomento è scivoloso, talmente circolare da non permettere di trovare né capo né coda all’intera filiera.
Sabato primo aprile partecipo ad un workshop grazie all’invito di Molino Rachello, anzi più direttamente a quello del Passion Fruit Hub – Media Food (Ufficio Stampa ndr); fatto sta che il Molino Rachello è una realtà che produce farine di altissima qualità e dato che almeno io non lo avevo mai sentito prima, la riflessione che mi è venuta spontanea fare ha riguardato proprio questo. Sarà un Molino nato da poco, ho pensato… e invece proprio no. Il Molino Rachello produce orgogliosamente farine d’eccellenza da più di cento anni!
Allora, al netto del fatto che non sono un cacciatore di Molini e considerando anche che la maggior parte della popolazione di questo paese si riservi d’essere fruitrice, non per forza competente, di una virtuosa catena impegnata a darle il meglio, quello sul quale mi interrogo spesso e che il Molino Rachello sabato mi ha (ri)posto all’attenzione è proprio questo: “Perché una realtà che produce un prodotto così basilare dal 1901, io e la maggior parte delle persone che avevo intorno al workshop, ma sicuramente anche moltissime altre, non l’abbiamo mai sentita nominare prima?” E ancora, “di chi sono veramente le eccellenze?”.
La farina è un prodotto basilare nell’alimentazione mediterranea, un alimento talmente vario, semplice e prezioso, che non conosce pari nella sua capacità di rappresentare, anche nel mondo, la vita stessa.
Il Molino Rachello, nello specifico, ha illustrato la lavorazione di biga e impasti con farina proveniente dalla macinazione di grani italiani da filiera certificata, i rappresentanti dell’azienda hanno anche spiegato agli ospiti presenti l’importanza di una farina di qualità, proveniente da una filiera controllata 100% italiana e prodotta con grani selezionati coltivati in Oasi, territori non contaminati, in grado di dare ‘qualcosa in più’ all’impasto più famoso del mondo. Una realtà che racconta l’impegno nella passione e nel duro lavoro di una dinastia di mugnai giunta oggi alla 5° generazione, ti fa vedere una golosità senza limiti come la pizza, in tutto un altro modo.
C’è da dire che mangiarla in vari gusti accompagnata da birre Baladin, ha il suo perché, soprattutto se a impastarla e cuocerla in un forno a legna hai alla pala Michael Sartor, ma mentre vado via soddisfatto nel gusto e nella scoperta di una per me nuova eccellenza italiana, inevitabilmente mi domando se bisogna essere davvero addetti al settore, fortunati appartenenti alla filiera diretta e indiretta di tutto questo, per conoscere e apprezzare aziende come il Molino Rachello.
Curiosità, diranno; non si smetterà mai di dire che, contro tutte le difficoltà, bisogna meritare nell’essere appassionati scopritori e insaziabili ricercatori di gusti e sensazioni sempre nuovi. Per chi vive a Roma, fortunatamente, può essere più semplice vivere esperienze come queste e conoscere realtà e professionisti importanti, ma ce ne vorrebbero di più e ce ne vorrebbe per tutti.
Come credo di aver letto da qualche parte (Mercato Centrale ndr), “La qualità è elementare”, ma forse oggi non per tutti.