Non è una nuova apertura, essendo in attività dal 2012 nel centro storico della capitale, precisamente nella caratteristica piazza delle Coppelle, a pochi passi da piazza Navona, dal Pantheon e dai cosiddetti “palazzi del potere”. Non è nemmeno un nuovo format, essendo aperto 7 giorni su 7 per aperitivo, pranzo e a cena, con proposte che vanno dalla cucina tipica del Lazio alla pizzeria, con qualche spunto “extra” e una discreta lista di vini, anche alla mescita. Eppure è proprio la posizione centralissima e il format tradizionale che a volte traggono in inganno chi identifica l’Osteria delle Coppelle con un ristorante turistico. Ne parliamo con Daniele Paolucci, membro del poker di soci titolari del fortunato locale.
Paolucci, qual è la formula adottata dall’Osteria delle Coppelle?
Siamo nati otto anni fa, precisamente nel 2012, il primo anno abbiamo studiato e poi capito quale fosse il giusto format da realizzare, vista anche la posizione. Abbiamo ben pensato di non inventarci nulla di nuovo, di solito quando si intraprende un’attività ristorativa si cerca di realizzare format sempre più innovativi, con nomi particolari. Noi abbiamo deciso di caratterizzare il posto, una vecchia osteria romana a piazza delle Coppelle, dove c’è un mercato e dove un tempo si vendeva vino e olio; insomma, la classica storicità romana delle piazze e del cibo. È un’osteria italiana che vuole esaltare il prodotto, rispettando la storia dei piatti; lo chef Gianni Proli è romano, come tutto lo staff di cucina. Spesso ci racconta di aver imparato a cucinare le ricette della tradizione romana grazie alla nonna. Ogni tanto nel nostro menù compare anche qualche piatto di altre regioni, come l’ossobuco ad esempio.
…e poi c’è la pizzeria.
Facciamo anche la pizza per offrire un’alternativa ai nostri piatti sia per l’orario di cena, che per l’aperitivo. Quando ancora era possibile stare tutti insieme per bere qualcosa e condividere una pizza a centro tavola.
Piazza delle Coppelle è popolare per gli aperitivi all’aperto.
Sì, certo, io ho visto mangiar fuori anche a dicembre, Roma è una città che ha un bel clima. Una cosa importante è che pur essendo all’interno del centro storico, siamo sempre stati un ristorante romano frequentato soprattutto da romani, non abbiamo mai fatto una scelta “turistica”.
Eppure qualcuno vi ha riservato l’appellativo di ristorante turistico, come è nato l’equivoco?
Probabilmente perché un po’ tutti i ristoranti del centro sono visti così, quindi forse chi non è mai venuto da noi pensa questo. Abbiamo clienti fissi che ci vengono a trovare anche quattro, cinque volte a settimana.
Siete un gruppo di soci eterogeneo.
Ora siamo quattro soci, tutti noi abbiamo delle aderenze con il mondo dell’intrattenimento ed è così che la nostra clientela ci ha seguito anche all’Osteria delle Coppelle, con tutti i nuovi clienti. I turisti vengono, ma arrivano a noi grazie a un passaparola che c’è fra loro anche perché abbiamo dei camerieri molto bravi in sala, che sanno parlare bene il tedesco, il francese e l’inglese.
Ha senso chiudere i locali alle 18,00 secondo lei?
Credo sia uno specchietto per le allodole, era meglio diluire gli orari di somministrazione, stando aperti per tutta la giornata, così da evitare gli assembramenti che stimo vedendo in questi weekend di bel tempo. Non credo che il virus si prenda nei ristoranti, a me spaventano di più gli autobus affollati o le metro piene di persone.
Poi c’è la Ztl, l’eterno cruccio dei locali del centro…
Si, ora è attiva e questo penalizza chi ha le attività nel centro storico, che chiudendo alle 18.00 e con il coprifuoco alle 22.00 disincentiva la gente a prendere la macchina per venire qui. Secondo me, quando il braccio destro non è collegato con il sinistro di certo non ci vuole uno scienziato per capire…