Nel corso della vita, spesso accade in gioventù, si ostenta una consapevolezza e determinazione sul proprio futuro, imponendosi degli obiettivi, che puntualmente il trascorrere del tempo scompagina, così è accaduto a Sabrina Tedeschi, volto e anima, insieme ai fratelli Riccardo e Antonietta, della Tedeschi Wines. Non mi sposerò mai, non avrò dei figli e non insegnerò, questo si ripeteva Sabrina, alla fine ha realizzato tutte e tre le cose, raggiungendo oggi una consapevolezza di sé e di quello che è differente e nuova rispetto all’idea che si era immaginata. Oggi la cantina Tedeschi è una delle realtà più importanti della Valpolicella, grazie a papà Lorenzo, che negli anni sessanta ebbe l’intuizione di realizzare il primo “Cru” per un Amarone, il “Monte Olmi”, che è diventato il vino simbolo di questa famiglia. Non era scritto per nessuno dei tre fratelli ma è stato un passaggio naturale per tutti entrare a far parte dell’azienda, dividendosi compiti e occupando ruoli ognuno in base alle proprie propensioni. Intanto la nuova generazione, che va dai 17 ai 27 anni, sta scaldando i motori per affiancare i genitori nei posti chiave della cantina.
La lungimiranza di suo padre Lorenzo nel 1964 lo portò alla realizzazione di uno dei primi Cru della zona, il “Capitel Monte Olmi”, lei ha sentito addosso il peso della responsabilità nel guidare questa realtà?
È una responsabilità che condivido con i miei fratelli Antonietta e Riccardo. Nostro padre è stato un esempio molto importante, un mentore sulla strada da seguire; la sua filosofia produttiva, il suo essere curioso e perfezionista, l’abbiamo fatta nostra. All’inizio quando siamo entrati in azienda abbiamo svolto un percorso sostenuti dalla sua esperienza, nel tempo abbiamo saputo apportare nuove idee e nuovi progetti. È molto importante l’armonia tra noi tre fratelli, 3 personalità differenti, con formazione professionale diverse, che però si compensano.
Qual è stato l’apporto che lei e suo fratello Riccardo avete impresso alla cantina con il vostro arrivo?
La prima ad entrare in azienda è stata Antonietta, che ha supportato papà in un momento peraltro delicato (papà acquisiva le quote dello zio, socio in azienda). Poi è arrivato Riccardo che ha appreso sul campo la produzione, dalla vigna al prodotto finito: lui arrivava da studi di enologia. Solo nel 2000 sono arrivata io dopo un’esperienza di insegnamento di enologia presso l’Istituto di San Michele All’Adige. Abbiamo così iniziato a suddividerci le responsabilità secondo la propria formazione e inclinazione professionale: oggi Riccardo è il responsabile della produzione, Antonietta dell’amministrazione e io della comunicazione. Ci occupiamo anche delle vendite: Antonietta dell’Italia, Riccardo e io dell’export, suddividendoci le aree di competenza. Dal punto di vista tecnico, all’intuizione e conoscenza del territorio abbiamo aggiunto la ricerca per approfondire meglio la nostra conoscenza sui terreni, sui comportamenti delle nostre varietà, su possibili interventi per difenderci dai cambiamenti climatici.
È d’accordo con la scelta di annullare per la seconda volta il Vinitaly?
Un atto dovuto a causa della pandemia in corso: l’incertezza nel poter accogliere buyers e clienti in sicurezza ha indicato questa unica strada. Non ha senso organizzare una fiera B2B con il rischio di avere pochi compratori stranieri.
La vostra produzione è orientata all’export e siete presenti in oltre 40 Paesi nel mondo, la pandemia che ripercussioni ha determinato sulle vendite?
Noi ci rivolgiamo al canale Horeca e questa pandemia, con la chiusura dei ristoranti pressoché in tutto il mondo, ha contribuito a ridurre le vendite in questo settore; abbiamo cercato però di indirizzarci verso i negozi specializzati e l’online. Complessivamente, comunque, l’export è rimasto invariato rispetto all’anno precedente, grazie ai dati positivi in paesi come la Germania, Regno Unito e addirittura, con un incremento in Canada.
L’Amarone spesso ha perso la propria identità per compiacere i mercati stranieri, secondo lei quali sono le caratteristiche imprescindibile che questo vino deve avere?
Non abbiamo mai seguito questa strada, abbiamo sempre lavorato rifiutando qualsiasi compromesso per mantenere l’identità di questo prodotto e del nostro brand. L’Amarone deve essere un vino di grande struttura, secco, con una buona acidità che dia freschezza, note fruttate intense, verticale e capace di affinare a lungo.
La sostenibilità è il vostro valore distintivo, cosa rappresenta per voi?
Rappresenta una filosofia produttiva, fatta di attenzione all’ambiente, a chi lavora con noi e a chi vive accanto alla nostra realtà e, all’economia del sistema. Riteniamo importante la ricerca per eliminare gli sprechi e per trovare l’equilibrio dell’ecosistema. È un progetto che parte da lontano e che si è concretato due anni fa con la certificazione secondo il protocollo Equalitas e Biodiversity Friend.
La sua cantina fa parte dell’associazione le Famiglie Storiche, cosa significa per voi azienda? Insieme non si poteva essere più incisivi per promuovere vini e territorio?
Siamo tra i fondatori del gruppo delle Famiglie Storiche e da sempre condividiamo i valori della nostra terra e del vino emblema del nostro territorio, l’Amarone, pur interpretandolo in modo diverso a seconda dello stile di ognuno. Penso che, come singole aziende, si operi per promuovere ciascuno il proprio prodotto e il proprio stile, lo abbiamo fatto (e lo faremo) anche come gruppo. È chiaro che la promozione del territorio e le politiche spettano alle istituzioni, ma ognuno di noi deve fare bene il proprio lavoro per rendere grande, di riflesso, il proprio territorio. Per noi l’Amarone significa storia, conoscenza e passione tramandata attraverso le generazioni, collina per assicurare la selezione delle migliori uve da destinare a questo vino; in fase produttiva non bisogna accettare nessun compromesso, quindi massima attenzione e dedizione per tenere sempre elevato il valore del prodotto, considerato uno dei vini più importanti del nostro Paese.
Qual è il vino a cui è più legata?
Sono più di uno i vini a cui sono legata: il Capitel Monte Olmi perché ha definito la strada da seguire in azienda e ha contribuito all’immagine aziendale, il Marne 180 Amarone della Valpolicella perché ha permesso di fare tanti investimenti in azienda, il Maternigo Valpolicella Superiore perché rappresenta la nostra frontiera per il Valpolicella Superiore… ma anche il Valpolicella Classico Superiore e l’Amarone della Valpolicella Classico della linea Fabriseria, perché rappresentano la rarità, la ricercatezza e l’eleganza.
Qual è il valore aggiunto che una donna può apportare nel mondo del vino?
Penso che ognuno di noi possa portare qualcosa, prima di tutto, in base alla propria professionalità, al di là di essere donna o meno. Serve quindi studio, passione, costanza e curiosità. In quanto donna, la natura ci ha guidato ad essere moglie, madre e imprenditrice allo stesso tempo: per non negare nulla a ciascun ruolo, abbiamo imparato ad organizzare il tempo più degli uomini probabilmente. In quanto donne forse c’è un po’ più di poesia nel racconto del nostro vino e, abbandonando i tecnicismi, i territori potrebbero risultare più romantici.
Amarone della Valpolicella Docg 2017 Marne 180 Questo è uno dei cinque amaroni che l’azienda produce, ognuno con sfumature differenti a seconda del vigneto da cui traggono origine. I vigneti sono quasi tutti in collina, la difficoltà che esiste nel lavorarli è altamente ripagata dai risultati ottenuti. Nel nome rievoca il terreno e la latitudine da cui proviene, l’uva, vendemmiata a mano, prima di raggiugere le botti di Slavonia dove riposa per tre anni, compie un appassimento di quattro mesi in ambiente controllato. Colore didattico di un bel rosso rubino compatto, riempie il naso con un bagaglio ampio di profumi come l’amarena, petali di rose rosse appassiti, cioccolato fondente, foglie di tabacco, pepe nero in grani, sottobosco. Irrompe al palato senza spigoli, mantenendo una certa verticalità nel sorso, risultando equilibrato. Il primo assaggio invade con una trama tannica elegante e una sensazione che porterebbe quasi a masticarlo a testimonianza della struttura. La 2017 rappresenta un’annata non semplice a causa delle gelate, una calda estate che poi si è rinfrescata nel momento della vendemmia. È ancora un bimbo, che tra quindici venti anni saprà mostrarsi nel suo essere uomo.
Valpolicella Ripasso DOC Superiore 2018 Capitel San Rocco Se si produce un buon Amarone si avrà sicuramente un ottimo Ripasso e questo per la cantina Tedeschi è facile da immaginare. Il Ripasso negli ultimi anni sta conquistando fette sempre più ampie di mercato, infatti, l’attuale produzione ammonta a 30 milioni di bottiglie rispetto alle 20 del Valpolicella Classico. Uno splendido colore rosso rubino brilla nel calice preludio di una piacevole ondata di profumi, che nel giro di poco si presentano. Note fruttate di prugna si alternano ai sentori speziati più dolci, come la cannella, folate mentolate riecheggiano con insistenza. Sorso intenso e corposo rivendica la propria eleganza, regalando piacevoli sensazioni.