Alessandro Benetton, fondatore e Presidente della società di private equity 21 Invest, Presidente della Fondazione Cortina 2021 e membro del Cda di Autogrill rivela a #whateverittakes le sue considerazioni sugli effetti della crisi causata dal Covid-19 nel nostro Paese.
L’emergenza sanitaria ha creato in poche settimane una crisi senza precedenti, eppure sono in molti a usare il termine “opportunità”. Lei cosa ne pensa?
In questi momenti di incertezza, emergono ciò che io definisco “punti di discontinuità”, situazioni in cui vi è una rottura con il passato, e sta a noi trasformarli in opportunità per la crescita. Nella mia esperienza, trasformare una discontinuità in vantaggio competitivo significa avere una “visione laterale” così che problemi insormontabili possano essere affrontati con idee non convenzionali e punti di vista differenti. Perciò si, ci saranno delle opportunità ma solo per chi avrà visione nel riconoscerle.
Il nostro è il Paese delle piccole e medie imprese. In una recente intervista a Forbes Italia lei auspica un ripensamento dei modelli di business.
Le aziende dovranno ridisegnarsi, essere flessibili ed avere a mente che le cose cambieranno perché noi saremo cambiati dopo questa pandemia. L’ accelerazione del processo di alfabetizzazione digitale, modi diversi di socializzare, una nuova convivenza tra famiglia e lavoro farà sì che il consumatore cambi le proprie abitudini di consumo e di conseguenza sarà necessario ripensare anche ai modelli distributivi.
L’Italia è stato il primo paese europeo colpito in modo massiccio dall’emergenza, ma non sarà necessariamente il primo ad uscirne. Ritiene che questo possa attribuire un vantaggio competitivo ai nostri competitor, europei e non? Se sì, cosa fare per difendersi? Condivide talune scelte “protezionistiche” che si stanno affacciando sulla nostra scena politica, come ad esempio quella di non consentire la scalata alle nostre imprese da parte di investitori europei? Non c’è il rischio di chiudersi agli investimenti esteri?
Trovo necessario avere un approccio comunitario tra paesi ma allo stesso tempo proteggere il bello ed il buono dell’Italia perché sarà sempre ciò che ci renderà unici agli occhi del mondo. La cosa che mi ha colpito di più di questo momento sono state le risposte dei vari paesi del mondo. Non siamo stati in grado di fare fronte comune, ognuno ha reagito al virus con i suoi tempi, spesso non imparando dalle esperienze dei paesi che erano già in piena quarantena. Quale sarebbe oggi la situazione se avessimo attuato un approccio globale? Lo stesso principio vale per le imprese, l’unico modo per superare questo momento sarà attraverso la collaborazione e la creazione di sinergie, anche attraverso l’iniezione di liquidità da parte di investitori terzi.
Lo stop improvviso ha indotto molte aziende, alcune delle quali operanti nel settore agroalimentare, a maturare riflessioni sui temi della sostenibilità e dell’ambiente. Ci voleva una pandemia per capire di aver oltrepassato il limite?
Il passato ci insegna che i momenti di incertezza generano spunti di riflessioni ed incentivano l’azione. Le Rivoluzione Industriali seguono a lunghi anni di pandemia che hanno portato l’uomo a rivoluzione tecnologiche e sociali, ma soprattutto a governare la natura. In questo periodo di stallo, ci siamo accorti che la natura ha ripreso il controllo con un beneficio sull’impatto ambientale e questo ha contribuito a rafforzare le tematiche degli ultimi anni su sostenibilità ed ambiente. Per quanto mi riguarda, ho sposato i temi della sostenibilità e soprattutto della creazione di valore condiviso parecchi anni fa e questa pandemia ha riconfermato una convinzione che avevo già 7 anni fa, ossia che il fare impresa non può più prescindere dalla considerazione dell’ambiente e delle comunità.
Quando ci sarà la ripartenza i nuovi poveri saranno moltissimi, la quarantena sta togliendo sicurezza alle persone, anche sotto il profilo psicologico. Sui suoi canali social lei elargisce consigli su come affrontare varie problematiche attraverso la rubrica #UnCaffèConAlessandro, ci può dare qualche suggerimento?
È fondamentale non rendere vano il periodo che stiamo vivendo e cogliere quest’occasione per ripensare autenticamente a tutto, sganciandoci dalle logiche esistenti. Dovremmo scrivere un nuovo alfabeto del welfare, in cui ripensiamo ai nostri bisogni, quelli reali e quelli invece sacrificabile e una gerarchia di tutto ciò che è davvero necessario per fare profitto. L’educazione, la sanità e la mobilità sono tre degli aspetti da cui ripartirei per una società più equa post coronavirus.
I grandi eventi del 2020 sono stati cancellati, così come le manifestazioni sportive. Lei è il presidente della Fondazione Cortina 2021, i campionati mondiali di sci alpino saranno importanti anche per il rilancio di un turismo che al momento è paralizzato.
Il turismo è senza dubbio il settore più colpito da questa crisi, Il virus è stato uno shock che in poco tempo ha stravolto la totalità degli eventi. Penso tuttavia che abbiamo il dovere di reagire e sono certo che si moltiplicheranno le energie per rilanciare quell’ “effetto palla di neve” di cui tante volte ho parlato a proposito dei Campionati del Mondo di Sci alpino. Ho sempre immaginato Cortina 2021 non solo come evento di successo ma anche di crescita per la comunità che vive e abita questo luogo meraviglioso. A Cortina c’è bisogno di iniziative che servano a destagionalizzare, a produrre un’economia fatta di mobilità alternativa, compatibile con l’ambiente e con la comunità locale. Bisogna concentrarsi su una visione a medio lungo termine. Quest’anno sarà dura ma sono ottimista.
Con il settore del turismo è stato colpito anche quello dei servizi. Lei cosa ritiene si possa fare, sin da ora, per rilanciare la domanda in questi comparti?
Dobbiamo imparare a raccontarci, siamo spesso troppo critici nei confronti del nostro paese e questo non ci farà gioco nel gestire la ripresa post covid-19. Lo dico da imprenditore che investe sia in Italia che all’estero, abbiamo un patrimonio artistico ed industriale unico nel mondo: valorizziamoci.