Un grande amore per il proprio vino: il Verdicchio
Un lungo percorso per dare sempre maggiore dignità al Verdicchio, splendido bianco delle Marche. Questo elemento caratterizza la bella conversazione con Ampelio Bucci, un produttore che ha saputo interpretare appieno l’essenza stessa della sua terra e del suo vino.
Ampelio, raccontare un vino è anche raccontare la storia di chi lo produce.
Noi siamo agricoltori, gestisco un’azienda di 360 ettari che non abbiamo mai diviso, contrariamente a quello che è sempre successo nelle famiglie che possiedono terreni. Nel nostro caso, invece, la famiglia non ha mai diviso la proprietà. È un’azienda che produce prodotti agricoli come grano, mais, piselli. Questo per me è un elemento molto importante perché in questo modo sono riuscito ad avere un gruppo di operai, dei quali otto fissi, che posso utilizzare sulle attività della vigna oppure sulle attività del resto dell’azienda agricola. Sono persone di fiducia che sono cresciute con me. Noi sulla campagna siamo bravi perché la facciamo da sempre.
Per quello che riguarda le vigne…
Quando ho iniziato nei primi anni ’80 ero consapevole che la nostra era una zona perlomeno di serie b, forse anche di serie c, perché era, ed è ancora adesso in parte, una zona dove la quantità è quasi più importante della qualità. In quell’epoca era così. Noi infatti il vino lo facevamo anche prima, ma il problema era come farne tanto per venderlo all’ingrosso. La mia idea era quella di usare il vitigno della zona, il Verdicchio, frazionando le zone di produzione. Non avere cioè una sola grande vigna, ma averne piccole, più di una, in modo da ottenere dallo stesso vitigno dei vini senz’altro leggermente diversi. Le vigne sono sei. Tre sono vecchie, nel senso che hanno 45, 40, 35 anni e poi ce n’è una da 18 e ora altre due più giovani.
Come è avvenuta la scelta del terreno?
Abbiamo attinto alla nostra esperienza di agricoltori. Noi abbiamo sempre saputo che il grano va coltivato in certi terreni, l’ulivo in altri ecc.. In mezzo a questa azienda, c’è come una lunga costa che tocca un po’ tutte le colline del Verdicchio. La componente più importante è il calcare che tiene alla sanità della vite e le dà mineralità. La composizione del terreno è ricca di argilla, si è intorno al 30%, e l’argilla, soprattutto in annate come questa, è preziosissima perché il suo strato è appena sotto un metro da 50 a 70 cm e tiene l’acqua. L’esperienza ci suggerisce che sulle coste, dove lo strato si avvicina a 40 cm, è terreno da grano. Infatti sulle coste non c’è mai stata una vigna.. Questi due elementi hanno determinato la scelta ottimale del terreno.
Non fai un cru…
Noi abbiamo sempre imbottigliato per blend, non per cru, perché ho trovato che i vini sono leggermente diversi, e in assemblaggio il risultato è sempre molto interessante.
Posso dire che fai una coltura biologica?
Sì, certificata ufficialmente, ma non biodinamica, perché sinceramente ancora non l’ho capita, anche se la sto sperimentando su un ettaro. La coltura biologica funziona bene perché riduce naturalmente la quantità; non dare concimi e non pompare l’uva fa tornare la pianta a una produzione essenziale. È questo il pregio e il grande limite della coltura biologica perché se io faccio il grano con coltura biologica, diminuisco del 30% la quantità, ma nessuno paga il grano il 30% in più perché è biologico. Questa è una ragione per cui di vino biologico ce n’è ancora poco, perché siccome l’uva è pagata essenzialmente per quantità, al contadino che vende l’uva e non vinifica, conviene fare 140 q per ettaro, come da disciplinare. Anzi questo spiega perché il disciplinare del Verdicchio continui ad essere riconfermato a 140 q, quando secondo me dovrebbe andare abbondantemente sotto i 100 per avere una impennata della qualità.
Non c’è una formula matematica nella produzione, ogni vigna ha il suo punto di equilibrio.
Sì, ma comunque i vini, in tutto il mondo, quando sono buoni non producono 100 q per ettaro. Le nostre piante sono state spinte da selezione, sono 20 anni che tentiamo selezioni massali, ripiantiamo il nostro dalle viti che producono meno e producono quei grappoli meno grossi, ecc.. In 20 anni però abbiamo fatto pochissimo ed è per questo che piantare lo Chardonnay comprato vuol dire avere le viti perfette con i grappoli belli, spargoli, ben disposti. È per questo che lo Chardonnay è in tutto il mondo, perché è una vite perfetta. Tutti grappoli che maturano nello stesso momento. Noi praticamente lavoriamo il doppio in vigna perché dobbiamo togliere dei grappoli.
Comunque il Verdicchio ha fatto un salto qualitativo notevole in questi anni.
Il grande cambiamento è stato fatto, ma il processo non è ancora concluso. Secondo me il Verdicchio può dare risultati ancora migliori, però ci vorranno altri 10- 20 anni di selezione.
Ampelio, tu fai due bianchi il Bucci e il Villa Bucci riserva, sempre con uve Verdicchio. Il riserva è frutto di una selezione delle uve?
No, noi lo decidiamo in cantina.
Quindi la scelta è sui vini…
È chiaro che nel riserva va sempre la selezione del vino più equilibrato, quello con acidità ideale. Comunque in queste scelte mi aiuta moltissimo il mio enologo, che è soprattutto un blender, un assaggiatore straordinario: Giorgio Grai. Lui è un artista. Mi ha intrigato molto. Nel senso che da una parte ci ha costretti a imparare molto perché viene poco in cantina, è come un maestro a distanza. Ma quando c’è da imbottigliare decidiamo insieme, lui sui blend ha una marcia in più.
Diventa una scelta di botti.
In cantina abbiamo grandi botti di Slavonia vecchie, che hanno 75 anni. Io sono un innovativo come spirito politico, ma sull’agricoltura conservo tutto. Quindi ho ancora queste botti preziose, pulitissime, restaurate come un mobile antico.
Sono dei contenitori neutri dopo tutti questi anni.
Però hanno questa capacità meravigliosa di consentire una micro ossigenazione lentissima che è quella che ci vuole, senza cessione di nulla. Questo è l’altro elemento che aiuta non solo il riserva, ma anche il normale. Dal momento che noi dall’acciaio, mettiamo il vino nella botte….
Voi vinificate in acciaio?
La vinificazione viene fatta in acciaio per comodità. Dopo le pulizie lo passiamo in legno e lì sta meglio.
Mi sembra di capire che non ami il legno piccolo.
La barrique, anche se di più passaggi e non rilascia più sentori, secondo me consente una ossigenazione un po’ troppo violenta e questa nei bianchi buoni è sbagliata.
Poi c’è il rosso…
Ci sono due rossi adesso. Così con due bianchi e due rossi io sono a posto. Il primo dei rossi è il Pongelli, è quello che c’è da sempre. È un taglio di Sangiovese e Montepulciano; il Sangiovese, almeno quello della costa Adriatica, è stato sempre sposato con il Montepulciano proprio nelle Marche. Il colore che veniva fuori era aranciato. Poi abbiamo capito che bastava mettere un po’ più di Montepulciano…
… e cosa è venuto fuori?
Non è un vino che lavora sulla potenza, è un vino che lavora più sull’eleganza, è un po’ come fosse un Borgogna non molto importante. Questi vini si possono bere anche freschi.
Parliamo un po’ del secondo rosso.
Io con grande fantasia l’ho chiamato Villa Bucci rosso.
Diciamo che si capisce da dove viene.
Sì, anche perché ormai questi nomi sono talmente tanti e allora io volevo restringere. Questo è più Montepulciano e meno Sangiovese, il gioco è sempre quello. L’altro è circa 50 e 50. Il Sangiovese che ammorbidisce l’aggressività del Montepulciano. Mentre questo è quasi 70% Montepulciano e in questo senso deve essere più maturo perché si possa esprimere al meglio.
Non ha mai pensato di fare un rosso in purezza?
La mia idea sarebbe stata quella di fare il Pongelli di solo Sangiovese, però le tradizioni hanno dei significati. Qui addirittura nelle vecchie vigne, che adesso non ci sono più, c’era un filare di Sangiovese ogni Montepulciano.
Questo qualcosa significherà.
Significa che il Sangiovese era troppo morbido e il Montepulciano era troppo forte…il vino non si può tenere 10 anni in cantina, e la combinazione dei due, che ormai non fa più quasi nessuno, era quella giusta.
Ampelio, questa bellissima conversazione mi è stata di conforto perché è la dimostrazione ancora una volta che dietro il vino è un biglietto da visita di chi lo fa. Dietro un vino c’è la mano del produttore, se non viene fatto ovviamente in maniera industriale. Anche lì però c’è talvolta un’idea, un modo di esprimersi, di rappresentare la realtà.
Io infatti ho molto rispetto dell’industria buona, nel senso che io faccio 140.000 bottiglie ed è una cosa, farne 5 milioni è un’altra.
Nel raccontare queste cose, si vede che dietro c’è tutto un mondo che va capito, conosciuto, scoperto perché poi lo troviamo in qualche modo nel vino, insieme ai profumi, ai sentori, alla piacevolezza del bere.
Hai perfettamente ragione. Bisognerebbe che andassimo tutti in Borgogna a parlare con i vignaioli. Loro ci hanno insegnato proprio questo.
Villa Bucci Rosso
Rosso Piceno Doc
30% Sangiovese, 70% Montepulciano. Vigne vecchie di oltre 40 anni, solo dai vigneti di proprietà. Vinificazione classica in rosso. I vini stanno sulle bucce 10/12 giorni. L’assemblaggio è fatto prima dell’ imbottigliamento. L’affinamento si protrae per due anni in botti di rovere di Slavonia da 25 e 40 hl. e almeno 6 mesi in bottiglia. Profilo sottile e di grande finezza, dai profumi soavi di frutta fresca e leggermente speziati. Gusto morbido e calibrato, con finale piacevolmente asciutto. Ottimo con carni bianche (pollo, coniglio, quaglie, vitello). Pesci con cotture complesse.
Verdicchio dei Castelli di Jesi
Classico Superiore Doc
100% Verdicchio proveniente solo dai vigneti di proprietà.Vendemmia manuale con pressatura soffice e selezione solo della prima spremitura. Nessun contatto con le bucce. I vini restano sui lieviti fino a primavera. Non viene indotta la malolattica, si lascia che il vino si comporti come vuole. La vinificazione avviene in acciaio. L’imbottigliamento è sempre fatto per assemblaggio di vini provenienti dalle diverse vigne per garantire il più possibile una continuità di stile. Giallo paglierino brillante. Al naso è delicato ma persistente, piacevolmente fruttato, sentore di mela golden, mandorla. Al gusto è secco, equilibrato, di buon corpo, di stoffa elegante. Perfetto per aperitivo, paste e risotti di pesce, brodetti di pesce, carni bianche, formaggi freschi.
Tenuta Pongelli
Rosso Piceno Doc
50% Sangiovese, 50% Montepulciano. La vinificazione è classica da rosso. I vini stanno sulle bucce 10/12 giorni. L’assemblaggio è fatto prima dell’imbottigliamento. Colore limpido, granato, vivace, trasparente. Al naso è intenso, persistente, con sentore di prugna. Al gusto è armonico, con corpo composto di grande bevibilità. Da abbinare a coniglio, piccione, arrosti di carne bianca, ma anche pasta e fagioli, zuppa di funghi. Fritti di pesce, brodetti, pesci con salse grasse, con il vino a temperatura di cantina.
Villa Bucci Riserva
Verdicchio Classico dei Castelli di Jesi Doc
100% Verdicchio proveniente solo dai vecchi vigneti di proprietà. Produzione in vigna ridotta a 60/70 quintali per ettaro Le vigne sono in Coltura Biologica Certificata (Organic Growing). Vendemmia manuale con pressatura soffice e selezione solo della prima spremitura. Nessun contatto con le bucce. I vini restano sui lieviti fino a primavera. Non viene indotta la malolattica, si lascia che il vino si comporti come vuole. Prodotto solo in annate speciali, quando presenta caratteristiche qualitative particolari. Il vino viene affinato in grandi botti di rovere di e Allier vecchie per un anno e mezzo o due e poi in bottiglia per un anno. Giallo paglierino brillante e intenso. Al naso è complesso, imponente, elegante, in cui si avvertono nocciola, agrumi, miele. In evoluzione emergono spezie, minerali, pietra focaia. Al gusto pieno, armonico, equilibrato e persistente. Perfetto su crostacei, ostriche, aragoste, pesce e piatti con salse importanti, maiale, arrosti di carni bianche. Formaggi di media pasta.
di Roberto Spera
Azienda Agricola F.lli Bucci
Via Cona, 30
60010 Ostra Vetere (An)
villabucci.com