Nella lotta per arginare la crisi da Covid-19 le istituzioni italiane non stanno a guardare. Ne parliamo con Antonio Rosati, presidente di Arsial, l’agenzia regionale per lo sviluppo e l’innovazione dell’agricoltura del Lazio.
Il Lazio non è immune al Coronavirus, ma non è ancora arrivata la grande ondata. Qual è la situazione delle aziende agroalimentari?
In un quadro di enorme emergenza del Paese, è vero che il Lazio è, per ora, meno investito dall’urto del Coronavirus, ma certamente alcuni effetti ad esempio derivanti dalla chiusura dei ristoranti e dei locali le nostre aziende li stanno avvertendo, fortunatamente mitigati dal fatto che le merci girano e quindi la grande distribuzione e il settore alimentare continuano ad approvvigionarsi. Una certa flessione si ha sul vino di qualità che in genere marcia su canali della ristorazione medi e medio-alti.
Quindi il mercato interno soffre perché i ristoranti sono chiusi mentre l’export ancora gira.
Sì, esattamente. C’è un po’ di flessione ma è inevitabile. Noi naturalmente aspettiamo, ci attrezziamo e riteniamo, in questo momento, di lanciare un appello: mangiare italiano, che vuol dire anche mangiare sano, come è noto. Questo è un segnale forte per la nostra agricoltura, che al di là degli interessi degli agricoltori si rivela, ancora una volta, un settore fondamentale, un’architrave del Paese che in questo momento si trova in grande crisi. Ancora una volta mangiare italiano vuol dire mangiare sano, frutta e verdura, fanno bene agli anziani e aiutano il sistema immunitario. Cibo e salute vanno a braccetto.
Arsial sta pensando di lanciare una campagna per incentivare il consumo di prodotti Made in Italy?
Siamo molto umili e prudenti. In questo momento cercare di fare con entusiasmo la propria parte può rischiare di creare confusione. Adesso si muove il Governo, si muovono le regioni, quindi noi aspettiamo che i tempi migliorino. Indirettamente dialoghiamo con le nostre aziende, ci prepariamo il prima possibile al rilanciare, con iniziative di promozione, le nostre straordinarie filiere. A questo proposito c’è una buona notizia: abbiamo chiesto per la ricetta dell’amatriciana il riconoscimento di ricetta d’eccellenza, tipica e genuina e ci è stato concesso, quindi adesso avremo un disciplinare ufficiale dell’Europa sull’amatriciana, ricetta tipica del Lazio. Sono molto contento perché questo è anche frutto del lavoro dei tecnici dell’Arsial e ora, appena potremo, ripartiremo, coi nostri ambasciatori, e non parlo solo degli chef, stellati e non, ma anche delle scuole alberghiere, delle scuole agrarie, dei professori, delle aziende, perché noi dobbiamo imparare a fare sistema, fare squadra, questo è il vero grande insegnamento per il mondo di oggi.
Cosa stanno chiedendo le aziende aderenti ad Arsial in questo particolare momento?
Le aziende agricole, anche in momenti di grande crisi come questi, sono, per storia, un pochino più solide. C’è il rapporto forte con la terra, i prodotti. Naturalmente adesso ci sarà, nel provvedimento che il Governo sta per varare, anche un intervento per le aziende agricole, un voucher da spendere, sia per le aziende agricole che per quelle di pesca, credo fino a 10.000 euro, comunque una boccata di ossigeno. Più che altro si pensa al futuro, le grandi fiere sono state rinviate, c’è la preoccupazione di non perdere posizioni sul mercato mondiale, ma io già rifletto sul fatto che, siccome nulla sarà più come prima, se ne facciamo tesoro, in Italia e nel mondo, quando potremo, il cibo italiano e tutta la sua filiera, dalla produzione ai nostri ambasciatori, gli chef, le scuole, avremo da giocare una carta straordinaria. Io faccio una previsione: avremo bisogno di produrre di più e avremo il problema delle terre, perché l’agricoltura, come è noto, ha bisogno di un fattore fondamentale che è la terra e questo ci deve far pensare. Avremo carte importantissime da poter giocare, quindi è il momento di rifletterci e attrezzarci per quell’appuntamento.
Il Coronavirus sta attaccando anche gli altri Paesi, oramai è pandemia. Quanto impatterà sull’export internazionale?
Siamo tutti interconnessi, è evidente che avrà un impatto e lo registreremo. Speriamo che gli altri paesi facciano tesoro di quello che stiamo facendo noi, stiamo ottenendo un risultato straordinario. Il nostro servizio sanitario credo si riveli, ancora una volta, un modello. Speriamo che quel po’ che si perderà sull’export internazionale si recuperi nel mercato interno in termini di consumo maggiore di qualità italiana.
Il Vinitaly è slittato a giugno, ma sono in molti a sperare che l’edizione 2020 venga cancellata. Per un’azienda vinicola di medie dimensioni la partecipazione tra annessi e connessi costa circa 50/70mila euro. La manifestazione si farà?
In questo momento non mi sento di fare previsioni. Noi abbiamo raggiunto il record di presenze nel padiglione del Lazio. La Regione Lazio, tramite l’Arsial, si fa carico di un costo enorme, in questo modo le nostre aziende pagano molto poco. L’Arsial aveva migliorato una serie di fattori, recuperando una grande credibilità, e quest’anno avremmo presentato una sala degustazione, una vera novità…non lo so se si farà il Vinitaly, lancio un punto interrogativo.
Si sente di lanciare anche un messaggio che trasmetta fiducia al Paese?
Sicuramente ne usciremo più forti. Siamo un Paese che ha i suoi difetti, ma siamo anche un Paese di grandissimi lavoratori e questo ci è riconosciuto in tutto il mondo. Siccome la fiducia in economia conta moltissimo, sono convinto che, tra qualche tempo, rimboccandoci le maniche, saremo più forti, ripartiremo con grande slancio, consapevoli di aver imparato, spero, a lavorare insieme. Questo è il grande insegnamento che si può trarre e credo che dovremo dare tanta fiducia ai nostri giovani, che in questi anni vivono con ansia il problema del lavoro e delle prospettive. Ecco, che possano capire che a volte ci sono degli avvenimenti che ci rendono tutti più piccoli e che ci fanno godere anche delle piccole cose che magari non vediamo nella corsa della vita. Cercare un lavoro dignitoso sarà la vera grande possibilità, e io sono fiducioso. Credo che ripartiremo più forti di prima.