Situata ad Anagni, nel cuore dell’area di produzione della Docg Cesanese del Piglio, l’azienda agricola Casale della Ioria di proprietà della famiglia Perinelli dal 1921, da tempo si è concentrata nella coltivazione e valorizzazione dei vitigni autoctoni. Un impegno che prosegue anche in questi giorni difficili, e che ci induce a sperare in una prossima ripresa. Ne parliamo con Marina Perinelli.
Come state vivendo questo momento?
Diciamo che nei primi giorni l’avevo presa un pochino meglio, adesso con il passare del tempo sento un po’ di più il peso di questa situazione. Noi, come azienda agricola, abbiamo la possibilità di spostarci un pochino di più delle altre persone, perché le attività agricole sono tra quelle considerate essenziali e del resto ci sono alcune cose che vanno fatte perché la linea continua a crescere, le fermentazioni degli spumanti in cantina vanno seguite. C’è sicuramente un clima triste perché pensiamo ai nostri partner abituali, i ristoranti, le enoteche…in questo periodo solitamente c’è un grande fervore, tra degustazioni e iniziative varie, ma ora è tutto fermo, sembra di stare in un paesaggio immobile e il futuro non è del tutto roseo.
L’edizione 2020 del Vinitaly è stata cancellata, l’appuntamento con la fiera di Verona è rimandato ad aprile 2021. Potrebbero esserci nuove norme per limitare l’afflusso del pubblico agli eventi?
Credo che ragionevolmente dovrebbe ritornare tutto come prima. Storicamente abbiamo visto che ci sono state delle epidemie, noi non ne conserviamo memoria ma mia nonna mi diceva che sua sorella è morta con la spagnola e come lei sono morte 50 milioni di persone all’epoca. Eppure la vita è ritornata normale. Sicuramente dipenderà da quanto tempo ci mette il virus a fare il giro del pianeta, poi tutto quello che stiamo sentendo adesso, i particolari tecnici sul quanto dura sul metallo o sul cartone sono problemi che finora non c’eravamo mai posti ed è sicuramente inquietante. Il vino è una soluzione idroalcolica, quindi al suo interno il virus non può vivere. Per il resto, tutti gli assembramenti sono forieri di problemi, quindi non potremmo neanche prendere la metropolitana se non possiamo fare il Vinitaly.
Siamo tutti concordi nell’affermare che i supermercati vengono presi d’assalto mentre i marchi al di fuori della Gdo sono in sofferenza. Esiste un modo per fronteggiare la crisi?
Assolutamente. Noi dobbiamo incentivare la possibilità di avere i prodotti a casa, in qualsiasi maniera si possa fare e per questo dovremmo comunicare ai nostri clienti affezionati questa possibilità. Tra l’altro con la nostra azienda, Casale della Ioria, abbiamo pensato a fare un’iniziativa di consegna di vino a casa ad un prezzo agevolato e il 10% dell’incasso, in questo periodo, verrà devoluto ad un ospedale della zona dedicato al Covid. In questo momento particolare dobbiamo tutti, i piccoli produttori e i grandi produttori di qualità, strutturarci con la possibilità di consegnare a casa perché altrimenti c’è il rischio che molti non superino questo periodo di restrizioni.
Altro tema sul quale tutti sembrano essere d’accordo è la necessità di incoraggiare il consumo di prodotti italiani per facilitare la circolazione di risorse economiche all’interno del nostro Paese. Cosa ne pensa?
Ne penso tutto il bene possibile, non solo come produttore ma anche come consumatore. Adesso sto cercando di andare a fare la spesa settimanalmente da Eataly, dove trovo tanti prodotti italiani di qualità, perché per il resto è rimasta soltanto la grande distribuzione, anche nelle zone in cui si trovano i negozi dove abitualmente reperiamo i nostri cibi preferiti. Consumare italiano deve essere la nostra forza. In tutto il mondo si trovano prodotti con nomi simili a quelli italiani, il nostro cibo è famoso ovunque e lo deve essere a maggior ragione da noi. In Italia produciamo il meglio per poi portarlo fuori e poi scegliamo di consumare prodotti stranieri. Questa può essere l’occasione in cui prendiamo coscienza di questo, dobbiamo diventare prima di tutto noi italiani ambasciatori delle nostre regioni, delle nostre produzioni.
Si prospetta una stagione non facile per il turismo enogastronomico. Quanto è importante questo segmento per un’azienda come la vostra?
Il turismo esperienziale prende sempre più piede e questo è sotto gli occhi di tutti. Noi non l’abbiamo mai cercato, ma ne siamo diventati l’oggetto perché l’azienda ha una storia antica. È un’azienda biologica, ci sono i vigneti, i boschi, gli uliveti quindi è bella da vedere, soprattutto le persone che assaggiano il vino a volte vengono anche da posti lontani e amano osservare in che maniera e dove viene prodotto. Io mi auguro che questa cosa in qualche maniera riprenda perché tutti noi, immagino anche le altre aziende agricole, abbiamo uno spazio vitale per far circolare 10 o 20 persone senza creare un assembramento, circostanza che si può verificare nel corso di una degustazione tenuta in un posto chiuso e ristretto, come siamo abituati a vedere nelle città. Tuttavia penso che ci vorrà del tempo, il peso del turismo esperienziale nella nostra azienda non è tanto economico, ma è un necessario complemento a quella attenzione che ci portano gli amanti del nostro prodotto. Io ho visto persone che non avevamo invitato partire con il pullman da Udine e arrivare felici e soddisfatte dopo aver fatto tantissime ore solo per fare una foto con noi sotto l’albero antico che viene rappresentato nella nostra etichetta, e soprattutto per assaggiare il nostro vino. Tutto questo non deve andare perso, per noi come per tutti gli altri produttori italiani.