Chef Daniele Usai su riapertura: “Quarantunododici più pop, formula immutata al Tino”

Daniele Usai, chef patron del ristorante Il Tino a Fiumicino, una stella Michelin e del Quarantunododici, ampio locale dalla formula “easy” situato nella stessa struttura, non sembra eccessivamente preoccupato della situazione contingente. Grazie alla doppia formula non sarà costretto stravolgere la proposta nei due locali, e la clientela fidelizzata negli anni sopperirà la mancanza di turisti stranieri.

 Come sta vivendo questa pausa forzata?

Prendo questo tempo per riposare, per stare con i miei e anche per capire dal punto di vista burocratico che cosa possiamo fare per le aziende. Comunque si lavora, ci si tiene informati costantemente, c’è tutta la riflessione sulla riapertura, si cerca di capire che strada prendere, sono momenti che si sfruttano anche per riflettere.

Ieri in un bellissimo articolo uscito su Repubblica, Alessandro Baricco in sintesi scriveva che il Covid-19 può essere considerato un fattore che ci traghetta verso una nuova era. Sarà così anche per la ristorazione?

La ristorazione, come tutto, si dovrà adattare alle nuove condizioni economico-sociali degli italiani. Bisognerà essere bravi e fortunati a scommettere sul trend, ma oggi è troppo presto perché il mercato si adatterà anche in base a quanto durerà l’emergenza. Se staremo barricati in casa per altri 6 mesi ci sarà uno scenario, se passa tutto tra un mese ce ne sarà un altro. In questo frangente, confrontandomi coi miei soci, ci siamo imposti di far crescere a livello qualitativo del Tino, una realtà in ascesa da quando è nata e non vorremmo che cambiasse pelle. C’è uno studio, un’evoluzione, una ricerca del comfort per il nostro ospite. Saremo sempre più popolari per quanto riguarda invece il Quarantunododici, pur mantenendo la qualità alta.

Ieri Luigi Cremona ospite di #whateverittakes spiegava che in Cina i ristoranti hanno riaperto e si sono adattati alle nuove regole: personale con la mascherina, tavoli ampi e distanziati, con 2 ospiti al massimo. In Italia è difficile immaginare una simile situazione nelle trattorie e pizzerie.

Al Quarantunododici abbiamo molto spazio, in situazioni normali possiamo accogliere tra dentro e fuori anche 300 coperti, quando riapriremo ne prevediamo 120, quindi possiamo distanziare i tavoli anche di due metri. Fortunatamente per noi questo è un problema che non esiste. Mi rendo conto che sarà più problematico per i colleghi del centro e per trattorie, bistrot, pizzerie…Napoli ci insegna che è possibile far fare 3-4 giri alla sala, mangi una pizza e bevi una birra in 30 minuti e vai via. Magari Roma si dovrà adattare a questo modello.

Secondo Anthony Genovese e altri chef ospiti della rubrica sarà necessario rimodulare la proposta perché, alla riapertura, le persone avranno una disponibilità economica limitata e di conseguenza saranno meno propensi a spendere per andare al ristorante.

È una politica che condivido, ma non la sposerò perché ho la possibilità di lavorare con due cappelli differenti. Il Tino non cambierà indirizzo perché il Quarantunododici mi permette di approcciare in modo diverso, ma se avessi un solo ristorante penserei a una strategia differente.

Alla luce delle notizie che continuano a non essere incoraggianti, qual è lo spirito della suo team?

Siamo una quindicina di persone, per la riapertura spererei nei primi di Maggio. Lo spirito per ora è ancora buono, il Governo ci ha messo a disposizione degli strumenti che servono a tamponare la situazione. Il decreto parla di cassa integrazione in deroga per i dipendenti della durata di 9 settimane e noi abbiamo cominciato a mettere in atto questa procedura. Non c’è ancora lo strumento dell’INPS per rendere operativo questo canale, quindi stiamo aspettando. L’altra cosa è la questione della posticipazione di una parte delle tasse e si parla anche di accessi al credito garantiti dai fondi europei, dove poter chiedere un prestito di liquidità pagando interessi zero o prossimi allo zero. Sono tutte cose che in realtà ancora non sono state rese operative.

Il suo umore è alto, è un vantaggio risiedere e lavorare in una località sul mare?

Sì, non vedo uno svantaggio. Mi rendo conto che molti colleghi romani hanno una percentuale di clienti stranieri molto alta. Noi li abbiamo, ma in percentuale più bassa. Non essendo al centro o in una zona troppo trafficata, i clienti che abbiamo fidelizzato sono persone che ci conoscono e ritornano, non abbiamo l’avventore occasionale, non c’è il walk-in, come dicono gli inglesi. In più abbiamo uno spazio all’aperto molto grande, la possibilità di sedersi stando abbastanza appartati, quindi credo sia preferibile rispetto a chi ha solo pochi tavoli e magari al chiuso.

Lei si serve prevalentemente da fornitori locali, si aspetta un ritocco nei prezzi delle materie prime?

Vedendo il bicchiere sempre mezzo pieno, in questo momento qui è come se ci fosse un fermo biologico. Pescano meno e rimane più pesce in mare, c’è ripopolamento. Io il pesce lo compro all’asta di Fiumicino, che continua a rimanere aperta ma avendo meno domanda, le barche pescano meno. Mi aspetto prezzi più bassi e più quantità. Frutta e verdura la prendiamo quasi a km zero, a Maccarese, e il mio fornitore mi dice che si sta organizzando col delivery, continua a lavorare e sta facendo anche dei volumi interessanti.