Colle Massari, località Pecora Vecchia, Cinigiano, Grosseto. Mettetevi comodi e prendetevi del tempo. Forse la storia che vorrei scrivere sarebbe così irreale che a rileggerla non ci crederei nemmeno io. Quindi la scriverò lasciando a tutti il beneficio del dubbio, ma spero soprattutto la voglia di verificarla. Una grande storia d’amore apre il cerchio, le colline della Val D’Orcia ne determinano la grandezza e la condivisione di una passione lo chiude. Nella Tenuta di Montecucco, tra i vigneti di Colle Massari, ho subito il fascino di questa storia.
Un po’ ti perdi tra i nomi che una grande famiglia ha conservato in un territorio tanto meraviglioso quanto lontano dal mondo, ma l’hospitality è certa e la trovate, frugando e insistendo, come Colle Massari: un brand che racchiude tre cantine e un insieme di strutture ricettive capaci di ospitare circa 120 persone. Tra gli uliveti, seguendo la morbidezza della collina, c’è anche un teatro “forum” della Fondazione Bertarelli che, con una capacità di 300 posti e un’acustica da Auditorium in ciliegio, ospita eventi musicali come il Maremma Piano Festival.
Insomma, come incipit non c’è male, ma andiamo a mettere ordine tra vini, cantine, ospitalità e strutture ricettive (che sono due cose differenti). La Tenuta Montecucco, per esempio, se ne sta silenziosa su di una collina che nella storia fu residenza ultima del Conte Piccolomini, un borgo dove vivevano in autonomia qualche centinaia di persone. C’era un granaio, oggi diventato ristorante IL Granaio, c’era il frantoio, oggi edificio con appartamenti e terrazzi chiamato il Frantoio, una chiesa aggiunta negli ultimi decenni di storia rurale e infine c’erano gli ettari di terreno, che tutt’intorno ancora si estendono e si perdono nei complessivi 1.500 dei quali è costituita l’azienda.
Un pezzo di Toscana. Uno dei più bei pezzi di Toscana.
Il grande amore è di due persone sulle quali si potrebbe scrivere molto, ma sarebbe un’altra storia. Il dottor Claudio Tipa e la Signora Maria Tipa Astorga s’incontrano e s’inseguono, ma soprattutto si amano e si dedicano una vita fatta di confronti e di regali. Il più grande tra i quali, è la voglia di continuare ad avere un sogno condiviso: bello, forte, sano. Ci mettono puntigliosità, orgoglio e risorse ogni giorno e a guardarlo da fuori, al netto delle difficoltà oggettive che si possano avere nel gestire tutto questo, il risultato è impeccabile. La passione in questo posto è il filo conduttore di ogni attività. Il senso estetico è d’impatto, ti cattura da subito grazie anche all’immenso fascino della suggestiva cornice in cui ti ritrovi dopo chilometri di curve tra cipressi e vigneti; arrivi, ti fermi e pensi “ah però!”. Credo che ogni cosa, in linea generale, possa provocare tre tipi di reazione: consenso, dissenso e stupore, ecco quello che provoca La Tenuta di Montecucco è stupore; è tutto perfetto, tutto allineato, anche i sassolini che fanno da drenaggio su corsie parallele ai vialetti, il prato è verde e gli irrigatori non partono mentre tu ci passeggi, la piscina è immersa nel verde e le camere e gli appartamenti ricavati nei casolari, sono un buon mix tra pezzi retrò e arredamento rustico. Il bagno completamente di travertino confesso avermi conquistato senza riserve.
Su chi ne cerca, vince la pace. T’invade una sensazione di serenità che viene regolarmente turbata solo da una natura a cui non sei più abituato (almeno io) e se l’upupa ti fa il verso, un po’ ti scoccia, se gli uccellini ti volano vicino e cinguettano in un’alternanza anche melodica, se vogliamo, sei lì a fissartici come se non esistesse nient’altro; insomma all’inizio ti rendi un po’ conto di quanto al bello o (ad esser buoni) a un diversamente bello, non siamo più abituati. La meraviglio però è che basta qualche ora per esserne assorbito e pochi giorni per esserne dipendente (poi forse qualcuno in più per esserne anche prigioniero).
Mi trovo in tremenda difficoltà nel recuperare parole utili a descrivere poi Case Nuove, una residenza immersa negli uliveti con a vista il Castello di Colle Massari e dove tra la pietra viva che lo costruisce, in una quiete surreale, ci trovi una piscina a riflettere cipressi e tramonto. Arredamento ricercato e una sala comune dove troneggia un grosso camino di pietra, vetrate sul verde e alla fine la cosa che di più di ogni altra conferma la magia di questi posti: una tranquillità a regola d’armonia e una natura rispettata e ordinata in ogni sua forma. La signora Maria Tipa è una maestra dell’accoglienza e osserva e sente tutto, si considera il primo ospite dei suoi spazi e nel piacere di condividere ciò che offre, compresa la presenza, fonde un’hospitality ricercata a una familiarità semplice e complice, a tratti. Case Nuove è una grande villa dove più che perdersi, ci si potrebbe ritrovare.
Andiamo per cantine. Le tre cantine visitate hanno tre mentori: tre nomi ben definiti che rispecchiano l’immagine di una proprietà subentrata quasi vent’anni orsono con rispetto per i prodotti della terra e per la terra stessa. L’azienda agricola Colle Massari, nei suoi 1.500 ettari di Toscana, nasce e resta l’azienda Biologica più grande d’Europa.
La prima realtà vinicola è proprio l’omonima Colle Massari e lì ci accoglie il primo nome: Giampiero Pazzaglia. Un toscano adottato decenni e decenni fa, un uomo che del Brunello sa tutto e a cui andrebbe dedicata anche in questo caso, se caso fosse, tutta un’altra storia. La Colle Massari produce sette vini di cui quattro rossi, due bianchi e un rosé, poi una grappa, un liquoroso e tre tipologie di profumatissimo olio extravergine di oliva. Siamo nella DOC del Montecucco e i vitigni che rendono questi vini di livello, insieme all’enologo Luca Marrone, sono il Sangiovese in purezza per il Lombrone e il Poggio Lombrone, due Montecucco Sangiovese Riserva rispettivamente DOC e DOCG, il Vermentino in purezza per il Melacce, piccoli tagli di Merlot, Cabernet Souvignon, Ciliegiolo e Montepulciano per il Colle Massari, il Rigoleto e il Gròttolo (Rosé), fino a piccole percentuali di Grechetto per l’Irisse. Articolato entrare nel merito di tutto e di tutti, ma la storia in cantina è la stessa della Tenuta di Montecucco, si va al sodo puntando alla perfezione estetica attraverso il rispetto per l’ambiente e con l’obiettivo dell’eccellenza; cosa che potrebbe essere raccontata come un core aziendale di qualsiasi realtà imprenditoriale (a chiacchiere), ma di cui qui se ne ha di fatto l’esatta percezione materiale e in ogni minimo particolare. Le persone ne sono testimonial e Giampiero non bada al sottile, sorride, racconta, sbraccia un po’ e non smette di guardare la terra che ha intorno come chissà cosa ci vedesse dentro; lui è l’uomo del Brunello, una figura professionale che nella sua storia ha visto nascere, crescere e affermarsi, un brand internazionale di cui oggi ne padroneggia tecnica, segreti, produttività e anche il commercio. Il meglio, nella sua toscanità genuinamente ben acquisita, Giampiero da queste parti è il meglio e lo trovate qui, tra i cartoni e le botti e le bottiglie a portare a casa la soddisfazione di esserci ancora dentro, al vino, al brunello e alla terra.
La seconda visitata, ma anche la seconda storica produttrice e allevatrice di Bolgheri nel Bolgheri, è Grattamacco: una cantina essenziale. Ci allontaniamo dalla Tenuta di Montecucco e andiamo appunto verso il corridoio ventoso del Bolgheri, un posto che trova la sua unicità nella brezza del mare che, canalizzata dalle isole, si posa sui vitigni esposti a ovest. Il “macco” in etrusco era il ferro e la parola grattamacco, probabilmente, deriva dalle miniere di questo metallo di cui il territorio risulta ricco. Nella cantina Grattamacco vengono prodotti quattro vini, il Bolgheri bianco con vermentino in purezza, il Bolgheri rosso, il Bolgheri superiore ovvero il Grattamacco e infine l’Alberello; i rossi giocano tra il protagonista Cabernet Souvignon, lo scudiero Cabernet Franc, l’immancabile Sangiovese e piccole parti di Merlot e Petit verdeau. L’Alberello, a proposito di giochi, è un blend molto particolare e a tiratura limitata che nasce direttamente in vendemmia, tra filari alternati di tre vitigni differenti (70% Cabernet souvignon, 25% Cabernet franc e 5% Petit Verdot) e raccolti tutti insieme grazie a una precisa attenzione nello scegliere la migliore finestra di vendemmia possibile. Coltivazione ad alberello, fermentazione unica, maturazione in botte e imbottigliamento: 6.000 bottiglie speciali. Anche qui ci accoglie una professionista, Michela, che riesce al pari di Giampiero a raccontare i vini, i vigneti e ogni particolare sull’allevamento delle uve; equilibra tutto, come al solito, lo spirito fortemente toscano che raccoglie grande semplicità e perfetta accoglienza. Michela ha una competenza contagiosa e coinvolgente, nel seguirla ti rendi conto di quanto e come possa essere speciale riuscire a vivere di ciò che si ama. Una fortuna che lei porta addosso con semplicità.
Assaggiare ogni vino e riuscire a raccontarne l’essenza dei passaggi in botte e in barrique, dove presenti, è lontano dalle parole che ho in mente di scrivere, anche perché quelle che riesco le scrivo all’ombra di un olivo bordo piscina e sento solo il vento che pettina gli alberi della vallata sottostante. Sono esperienze da vivere e la qualità di un vino o di un altro non avrebbe valore aggiunto dal racconto dei miei assaggi, diversamente, quello che mi piacerebbe far passare è che sono esperienze uniche e che seguono il principio di esclusività che si decide di concedersi. Qui, tra queste colline, ci passano fiumi di persone che attraversano terre e vanno fino al mare, magari cercando proprio qualcosa di unico, ed è per questo che al netto di una competenza specifica consiglierei a chiunque di fermarsi qui, a vivere la propria avventura sensoriale e a portarsi a casa il sorriso di Michela e qualche bottiglia di vino buono.
La terza cantina, purtroppo anche l’ultima, è Poggio di Sotto: chi conosce il brunello sa molto bene di cosa parlo. Qui si producono il miglior Rosso di Montalcino della storia, un Brunello di Montalcino a cui non mancano i riconoscimenti e una preziosissima riserva proprio di quel Brunello. Poche botti, decise strategicamente per avere il meglio a costo di politiche sconvenienti dal punto di vista commerciale, attenti trattamenti, assaggi continui e una cantina da togliere il fiato. Poggio di Sotto è “appoggiata” sul fianco di Montalcino a guardare una Val D’Orcia e un Monte Amiata incantati e incantanti. L’ambasciatrice del gusto qui è Luigina, romana adottiva del Monte Amiata e che di domenica ci accoglie luminosissima e sorridente per raccontarci una delle cantine più importanti d’Italia. Anche qui spazio e modalità d’accoglienza vanno oltre gli standard e rendono tutto esclusivo, la signora Maria Tipa è con noi e sentirla raccontare storie di cui trasmette la forza che avuto e che ha tuttora nel renderle sempre attuali, fa sentire in debito di qualcosa di personale; quella che ci offre è la sua storia, oltre che la sua azienda.
Terminato il racconto sulle tre cantine e le due strutture, chiudo ringraziando tutte le persone che in un lungo weekend hanno fatto in modo che le cose fossero perfette, che la disponibilità avesse un sorriso e che un soggiorno lasciasse la voglia di ritornare. In particolar modo è stata speciale e insostituibile la presenza di Luigi Barbato, responsabile dell’Hospitality, e Camilla Ciacci che lavora con lui all’accoglienza, insieme ci hanno supportato e sopportato in tutto. Senza di loro, forse, il bello non sarebbe arrivato così bello.
Decidere di venire qui e di perdersi in un meraviglioso nulla, degustando vini importanti e ascoltando la natura tra olivi, vigneti e salumi e pane “sciocco”, per qualcuno ha un prezzo, ma la realtà è che rinascere da queste parti ha un valore, ed è inestimabile.