“Un litro di Viterbese, per favore”, “Va bene signore, è 1 lira e 60”.
“Per me una bottiglia di Hennessy Extra, grazie”, “Subito avvocato, fanno 130 lire”.
Siamo nel 1935, a due passi da Montecitorio, nel cuore di Roma, a piazza Capranica. Qui, nello storico “Vini e Olii” avviato nel 1914 da Berardino Santarelli, avremmo potuto osservare ogni genere di frequentazione, dalle classi della borghesia agiata dei piani alti, agli operai, artigiani, e piccoli commercianti dalle finanze decisamente più modeste.
Ecco perché la storica bottega enogastronomica “Collegio” già allora aveva nella sua carta un’offerta eccezionale, con una lista dei vini di tutto rispetto, e per tutte le tasche, e ancora vermouth, spumanti e champagnes, liquori italiani e d’importazione: il tutto oggi testimoniato dal ritrovamento in un vecchio baule di un dettagliato menù dell’epoca, che riportava i 12 negozi di vendita a Roma, ricordava l’origine di Amatrice della famiglia Santarelli, e siglava in bella vista: “1935, Il presente listino annulla il precedente”.
Perché nel locale completamente rinnovato a marzo, non mancano citazioni e riferimenti ad Amatrice, il prezioso Comune devastato dal terremoto e lo stesso chef Alessandro Cecere, una vita tra New York, Montreal e Capri, ci tiene a sottolineare i diversi progetti e i numerosi fornitori di materie prime e prodotti lavorati provenienti proprio da Amatrice come, solo per citarne una, la ghiotta selezione di salumi e formaggi di altissima qualità, accompagnati da confit e salse elaborate, da non perdere.
Così tra le linee essenziali di ferro e legno che ricreano con sobrietà e stile l’ambientazione della vineria degli anni ’30 in chiave moderna, i solidi archi a volta con mattone a vista sostengono un’ampia sala principale che termina con il bar di Emanuele Broccatelli, bartender di comprovata esperienza internazionale e capace con la sua squadra di cocktail da capogiro, e non per la gradazione alcolica. Lasciatevi consigliare a seconda dell’umore e del mood, siete in ottime mani.
Tradizione e modernità, dunque, negli ambienti, in linea con l’antico Palazzo del Collegio Capranica del 1451 che ospita il locale, ma anche nei piatti. La pasta all’Amatriciana immancabile, ovviamente, e poi tutte le pietanze tipiche della cucina romana, alla ricerca dell’autenticità dei sapori del tempo che fu. Ma accanto a questi, il menù comprende anche specialità di respiro globale, con suggestioni dai quattro angoli della Terra, derivate dalla lucida visione di Cerere.
Un particolare vanto i suoi gnocchi ricci: unici, con un sugo che ricorda quello delicato della nonna. “La nostra attenzione ai prodotti è certosina, attenti alla qualità, ma anche alle implicazioni ambientali e sociali. Che intendo? La pasta per questi gnocchi ricci, ad esempio, me la prepara una signora di Amatrice: ne ordino 27 chili a settimana, pagati 20 euro al chilo – spiega ancora Cerere – In questo modo io offro ai miei clienti un prodotto ottimo, artigianale e genuino, sostengo l’economia di un territorio più che mai bisognoso come quello di Amatrice, e alimento la filiera del cibo a chilometro zero. Non mi sembra poco, anzi, mi sembra tutto”.