Immersi in una cultura che profuma di salsedine ci troviamo a Porto San Giorgio, luogo di navigli e marinai, scenario di un via vai di culti e culture che si traduce nella sintesi ideale fra tradizione e modernità. E se nella Grecia classica del Peloponneso i poeti cantavano dei luoghi ameni chiamati Arcadia, tra le vie della provincia fermana si trova il ristorante L’Arcade, idilliaco tempio del gusto. A capo della brigata troviamo Nikita Sergeev, classe ‘89, che nel 2015 vinse il premio di Chef Emergente del Centro Italia e fu premiato da Luigi Cremona.
Alle spalle del giovane chef due sapienti donne, quali la nonna e la mamma, che hanno saputo coltivare la passione ancora in erba del ragazzo, in una Mosca allora digiuna dell’alta ristorazione. Del passato nulla si scorda: “La tradizione – dice – è il punto di partenza per l’innovazione. La mia personale ricerca non avrebbe alcun senso, se non avessi delle solide radici da elaborare e sviluppare nella composizione del mio menu.” Rimanendo sempre ben saldi al terreno, come un grande albero secolare, protettore delle memorie più personali, le radici e le barbabietole sono tra gli ingredienti del ricordo d’infanzia dello chef. La storia di un luogo, il sapore di una stagione, il profumo di un clima, l’amore e il percorso di chi lo ha pensato e composto contribuiscono alla creazione di un piatto, ma questo è fatto, innanzitutto: “di materia prima, giusta tecnica nella trasformazione e studio della forma. Dall’ingrediente pensato e promotore di un’ispirazione, segue tutto il resto. Sempre – e continua – la pulizia del gusto, che caratterizza anche il passaggio da una cucina tradizionale a quella gourmet, trova il suo punto di slancio nell’ingrediente, che deve spiccare alleggerendo il piatto.”
A conferma di ciò Gualtiero Marchesi sosteneva che il gesto quotidiano del cucinare, che sembra essere naturale, non deve mai farci dimenticare a quanta arte e regole ci sottopone, nonostante queste ultime possano essere sovvertite. Per questa rivoluzione della democrazia e disciplina tradizionale culinaria, i battenti spalancati dell’Arcade si animano con il sostegno di un’equipe che coadiuva lo Chef nella composizione del menu.
Sono 30 anni di vita e 24 di ossessione per la bianca e candida giacca, che indossa instancabile come una muta, perfetta precisa incollata e così: Se una sera ti capitasse di volerti sedere a tavola per respirare e prenderti una pausa, da chi vorresti ti fosse preparata la cena? Ride, ci pensa, risponde, ci ripensa, è sicuro: “Da Paolo Marchi, per cui nutro una grande stima.”