Nasce con una parola femminile uno degli emblemi della cucina romana, soprattutto di quella veloce da strada: il supplì. Presumibilmente la parola deriverebbe da ‘surprise’, termine francese per indicare la sorpresa e sarebbe una discendenza dell’occupazione napoleonica. La leggenda vorrebbe che la supplì agli occhi dei soldati francesi nascondesse una vera sorpresa, quella del fiordilatte filante racchiuso al suo interno, che si svelava solo dopo i primi morsi. La consuetidine romana ha fatto in modo che la parola francese venisse poi col tempo italianizzata in supprisa, poi abbreviata in supprì prima di acquisire il nome con cui è tutt’oggi conosciuto.
Le prime testimonianze risalgono a un menu della Trattoria della Lepre, in pieno centro a Roma, che nel 1874 riportava fra le proposte la supplì, nome femminile con il quale viene poi riportata la ricetta anche nel libro ‘La Cucina Romana’ di Ada Boni, leggendario testo di cucina. Le indicazioni originari vogliono che il sugo di pomodoro con cui viene cotto il riso contenga rigaglie di pollo, poi negli anni modificato in alcune varianti con sugo di manzo per assecondare i gusti meno forti dei consumatori.
Da grande appassionato della cucina romana e studioso delle ricette, Arcangelo Dandini, oste e custode delle tradizioni in cucina ne ha recuperato il sapore intenso per portarlo in veste di cucina d’autore, applicando l’ingegno nella ricerca degli ingredienti migliori e la professionalità nell’attenzione per la cottura e trucchi per la lamatura esterna. Oste del ristorante ‘L’Arcangelo’ a Roma, in Prati, già nel 104 aveva aperto un salotto del prêt à manger in chiave romanesca con il Supplizio, in un divertente gioco di parole, il cui nome suggerisce una particolare affezione per il supplì. “Li mangio (e li amo) da quando ero bambino e rappresentano il piatto in cui, da cuoco, sperimento ed esorcizzo tutto il rapporto viscerale che ho con le materie prime. I supplì sono per me un adorabile tormento del palato e dell’immaginazione – confessa Dandini – perché accendono i ricordi dell’infanzia a Rocca Priora, delle estati ad Anzio, del trasferimento a Roma. Riflettono luoghi, persone, profumi e sapori di un’intera vita, che s’intrecciano in questa specialità da passeggio capace, in pochi morsi, di stuzzicare e ispirare tante sfumature della mia “cucina della memoria”, saldamente agganciata alla storia personale di ristoratore da cinque generazione, ma allo stesso tempo animata da un insaziabile spirito d’innovazione”.
Dal primo Supplizio in Via dei Banchi Vecchi, Dandini è poi approdato al mercato di Testaccio nel Food Box di Marco Morello; dopo la recente apertura in via dei Coronari 25 è la volta per l’oste Arcangelo di passare le sponde del Tevere e spingersi a Trastevere, in via di San Francesco a Ripa grazie alla collaborazione con Fabrizio Piazzolla, Enrico Rusticali e Richard Ercolani. Questo approdo a Trastevere è un ritorno al passato, dove tra i vicoli dello storico rione capitolino echeggiavano i vecchi supplittari che dai calderoni colmi di olio fumante erano in grado di estrarre deliziosi supplì, croccanti nella lamatura esterna, saporiti nel sugo e filanti di fiordilatte, tanto da farsi chiamare ‘al telefono’ come a rievocare il filo sotteso tra le due estremità. La proposta gastronomica non varia, anzi si arricchisce di un supplì trasteverino “ajo e ojo”, recupero della tradizionale cucina povera romana elaborata in chiave di risotto ed elevata a manicaretto grazie al suo intervento.
I progetti di Arcangelo Dandini non si fermano a Roma, dopo l’altra sponda cittadina, e annuncia la prossima apertura a Milano, città che ha fatto del risotto un piatto iconico e che si vedrà presto arricchita e ingolosita dei supplì romani: prossimamente un Supplizio delizierà i milanesi in zona Ventiquattro Maggio.