Loro si definiscono sei loschi figuri o sarebbe meglio chiamarli “cattivi ragazzi”. Sono Leonardo Di Vincenzo (fondatore di Birra del Borgo), Paolo Bertani e Alfredo Colangelo (suoi storici soci), Loreto Lamolinara, Michael Opalenski, Manfredi La Barbera e Marianna Pastore Bovio: sei persone che pensano che nel mondo del vino ci sia bisogno di osare, di trovare una nuova chiave di lettura (o di bevuta), di uscire dai soliti schemi.
Sono proprio loro quelli de La Cattiva. Un progetto nuovo (ha festeggiato un anno proprio lo scorso 29 agosto) sicuramente dal carattere innovativo e irriverente, un progetto nato dalla testa di ex birrai, che puntano a ridisegnare un approccio diverso tra il vino e il consumatore, senza perdere di vista il piacere del buon bere e la convivialità che ne deriva.
Siamo in Puglia a Sammichele di Bari, esattamente in contrada La Cattiva, dove vivono Marianna e suo marito Manfredi, con la loro masseria dismessa e i vigneti di famiglia. È qui che per gioco o voglia di sperimentare i sei amici hanno provato a vinificare due anni fa, per poi provarci seriamente, o quasi, come sottolinea Leonardo Di Vincenzo: “Non vogliamo prenderci sul serio, non amiamo farlo, bisogna essere abbastanza folli per fare quello che stiamo facendo, ma ci piace, ci crediamo”.
“Dalla voglia di sperimentare nasce ufficialmente nel 2019 La Cattiva, che come avrete capito deve il suo nome alla località in cui è sita la masseria, (trasformata da ex stalla in cantina), ma che ci ha dato lo spunto creativo per raccontare “diversamente” i nostri vini, uno stile fuori dall’ordinario”
Chiacchierando con Leonardo Di Vincenzo e Alfredo Colangelo si sente tanta passione, ma anche leggerezza nel raccontarla e nel renderti partecipe delle loro “cattive intenzioni”. Che poi tanto cattive non sono visto che lavorano interamente in biologico i loro tre ettari di vigna e in modo totalmente naturale in cantina: nessun lievito aggiunto, solo fermentazioni spontanee, zero chimica, zero solfiti e nessuna filtrazione. Vini, dunque, puliti che ripropongono in bottiglia il risultato di una lavorazione semplice su un frutto gestito in modo sano. Naturali sì, ma senza estremismi ricercati, come ci fa notare Leonardo, che gioca il ruolo dell’enologo: “ho sempre amato i vini naturali francesi, mi è sempre piaciuta la loro bevibilità, scevra da ogni complessità, diretta e lineare. Ed è proprio questo che abbiamo voluto ricreare per i vini de La Cattiva, dei vini che non siano cervellotici, ma si facciano bere bene quasi come fossero una birra”.
E di birre loro ne sanno qualcosa, così come di stili e filosofie più pop, di tecniche da osservare e anche di regole da rompere per sperimentare. Di sicuro c’è che non è facile categorizzare, tutto è affidato alla spontaneità e al non controllo delle fermentazioni, e proprio da questa libertà ne deriva un vino con un carattere proprio, con una sua identità che si traduce nell’espressione autentica della vigna e delle persone che lavorano intorno a questo progetto.
Due esempi fra tutti di vini dalla grande personalità e irriverenza enologica: La Spettinata in lattina e lo Smocking Blu, ovvero un vino che deriva da uve affumicate. Ma andiamo per gradi.
La squadra dei “cattivi” si dedica alla coltivazione di trebbiano, malvasia, primitivo, negramaro, aleatico, aglianico, montepulciano, i primi tipici di zona, gli altri molto meridionali. I vini che ne vengono fuori sono diversi, alcuni lavorati in purezza come La Cattiva bianco (100% trebbiano) La Cattiva Rosato (100% montepulciano con 12 ore di macerazione sulle bucce) e La Cattiva Rosso (100% primitivo con 24 ore di macerazione sulle bucce). A questi si aggiungono le bollicine o rifermentati che sono La Spettinata bianca (100% trebbiano rifermentato con il suo mosto), La Spettinata rosa (100% primitivo vinificato in bianco e rifermentato con il suo mosto) e il vino “attuale” No Virus Please On The Dance Floor (un blend di trebbiano, aglianico e negramaro vinificato in bianco).
Come ci spiegano Leonardo e Alfredo: “Se Parigi avesse il mare, sarebbe una piccola Bari, visto che adesso le bollicine alla francese le facciamo anche a Sammichele. Spettinata è proprio un gioco di parole a partire dal modo in cui i francesi chiamano la rifermentazione naturale in bottiglia “Pètillant Naturel” o Pet Nat. E come si capisce i nostri vini sono tutti un po’ provocazioni belle e buone”.
Come con lo Smocking Blu? “Più che provocazione in questo caso è sperimentazione pura – ci dice Alfredo – uno dei nostri soci Micael che è americano, amante e super esperto di bbq e di affumicature, ha costruito uno smocker dove facciamo appassire le uve sotto il fumo di legno d’ulivo. Le uve in questione sono Malvasia, Negramaro, Aglianico, Primitivo, che a seguire vengono pigiate e messe a macerare insieme a Trebbiano e Malvasia. Il risultato finale? Un vino dal sentore fumè, che fa storcere il naso a chi non lo ama, ma che conquista subito chi è alla ricerca di nuovi sentori o di quei terziari che di solito regalano le botti”.
Vini tutti diversi l’uno dall’altro, a questi si aggiungono anche Vampiro, Ottantotto Tasti, Trebbianico e altre novità che stanno per arrivare come ci fanno intuire i due soci. Vini che hanno in comune una linea di spiccata acidità e la curiosità che suscitano in tutti sia per il contenuto che per il contenitore. Vini che hanno una “cattiva fama”, ma una buona storia da raccontare fatta di natura. Ma soprattutto sono vini che hanno finora, stupito, meravigliato e anche fatto inorridire i puristi del vino. Leonardo conferma: “Vuoi per le basse gradazioni, vuoi per la sperimentazione che portano con sé e quell’ingrediente poco segreto che è l’irriverenza con cui ci piace giocare in piccole e grandi dosi. I winelover e i consumatori sono curiosi si avvicinano a noi con un’apertura totale, pronti a provare e capire. Il mondo degli addetti ai lavori, produttori compresi ci guarda incuriosito, ci assaggia con qualche remora per poi dirci bravi o storcere il naso”.
Le sperimentazioni, si sa, non sono mai viste nell’immediato come qualcosa di buono, sono la rottura degli schemi prestabiliti e l’universo vino sugli schemi e su certe regole ha fatto la storia. C’è però ogni tanto necessità e voglia di storie più leggere, che non significa senza senso o senza valore, ma solamente più facili da leggere e interpretare. E a proposito di storie da raccontare, la storia de La Cattiva la raccontano bene le etichette dei vini, nate dalla mano dell’illustratrice Orsola Damiani, che ha trasformato ogni vino in un personaggio, un po’ strano, un po’ folle, dai lineamenti cattivi ovviamente. Guardando le varie spettinate, le cattive o lo smocking blu è come trovarsi a sfogliare i romanzi di Poirot o Nero Wolf, un vero graphic novel di ispirazione noir.
A questo punto, siete curiosi di conoscere La Cattiva? Noi calice alla mano chiediamo a Leonardo come sono, secondo lui i suoi vini e ci risponde sorridendo: “Come vuoi che siano… sono dei vini “cattivi”, ma con eleganza”.