“Il Jazz smise di rivolgersi alle grandi masse, gradualmente venne adottato dalla classe intellettuale e prese la forma di un’arte raffinata.” Così scrive Haruki Murakami nelle sue appassionate pagine di “Ritratti in Jazz”[1], libro nel quale dipinge indimenticabili profili di celebri jazzisti – da Chet Baker (clicca per leggere un estratto) a Benny Goodman, da Charlie Parker a Billie Holiday, Charles Mingus, Bill Evans, Duke Ellington, Ella Fitzgerald, Miles Davis – raccontando di brani preziosi e storiche performance con la stessa contagiosa emozione e confidenziale umana prossimità con la quale, davanti ad un bicchiere di vino, si sussurrerebbe ad un amico vero l’eterna emozione di quella notte che ti ha cambiato la vita.
Ecco, ho detto vita, la stessa che scorre nella vite e scalda il vino, il vino rosso, indissolubilmente legato all’idea di Brunello e quindi a Montalcino, sua unica Patria. Un vino che, in un certo senso, ha compiuto lo stesso percorso del Jazz, staccandosi dalle scettiche masse autoctone che non credevano nelle sue potenzialità e che invece ha finito per dare lustro al suo intero territorio diventando una raffinata arte di vinificazione, un’icona di qualità indiscussa.
In queste terre il Brunello ha saputo affinare e perfezionare le caleidoscopiche espressioni di un Sangiovese che, come pochi altri vitigni, sa restituire tutte le caratteristiche del terroir in cui affonda le sue radici e quelle della sapida aria che respira.
Vino e Jazz hanno dunque molto da dirsi. Uniti dal fuoco sacro della passione, sono due mondi che parlano una lingua senza geografie: quella del gusto e quella del suono, che stimolano la vita stessa interagendo direttamente e visceralmente con i nostri sensi. Luoghi, modi, aromi, lentezza del sapore, andamento ritmico, progressioni, scale cromatiche e scale armoniche: la buona musica e il buon vino, per essere apprezzati fino in fondo, richiedono entrambi all’uomo il tempo di fermarsi e quello per concedersi un puro coinvolgimento.
Era l’estate del ‘98 quando, nella suggestiva Fortezza trecentesca di Montalcino, Jazz & Wine trovarono il modo di stipulare il loro patto d’appartenenza offrendo al pubblico la possibilità di ascoltare il miglior jazz arricchito dal piacere meditativo di un grande vino. “Su Montalcino Jazz&Wine – mi racconta fuori le mura della Fortezza Rodolfo Maralli, Direttore marketing e commerciale Banfi Srl – ci sono delle leggende che con Paolo Rubei – Direttore artistico del Festival – ci piace tenere vive. Tutto inizia a Villa Celimontana, a Roma, al Villa Celimontana Jazz Festival, dove il vino non era ancora protagonista. Questo accadde quando io entrai a lavorare in Banfi e, da grande appassionato di Jazz e conoscendo Giampiero Rubei, gli proposi di essere compagni di viaggio in questa avventura. Così, dal ‘95 al ‘97 il vino diventa cooprotagonista a Villa Celimontana. Giampiero poi, seduto ad un tavolino bevendo vino, mi disse che dovevamo portare il Festival a Montalcino. La sfida era importante. Perchè, chiaramente, un fatto è portare il vino a Roma, un fatto è portare il Jazz a Montalcino: nicchia per nicchia, nicchia al quadrato! Il Festival inizia quindi con tanta passione e tanta difficoltà. La chiave sarebbe stata portare qui una grande programmazione. La Famiglia Rubei guidava l’Alexanderplatz Jazz Club, storico punto riferimento del Jazz capitolino, e così cominciammo a traghettare i grandi nomi del Jazz da Roma a Montalcino. Era il 1998. Jazz&Wine in Montalcino, è stato il primo Festival che ha unito in modo ufficiale il vino al jazz. Adesso il binomio “Jazz & Wine” ha ispirato tanti festival, fino in Napa Valley.”
Nasce quindi a Montalcino, dalla collaborazione tra Castello Banfi, nota cantina vinicola di Montalcino, l’Associazione Culturale Jazz&Image di Roma ed il Comune di Montalcino, il Jazz&Wine in Montalcino che, alla sua XXI edizione, porta ogni anno nel cuore della Toscana un cartellone composto da grandi stelle del jazz internazionale – Sarah Jane Morris (2002+2006), Luis Bacalov (2005), Carl Anderson Big Band (2001), Scott Henderson Blues Band (2004), Hamilton De Holanda (2004), Incognito (2014), Danilo Perez, John Patitucci e Brian Blade (2014), Ethan Iverson (2014), Joshua Redman (2018), Ben Street (2018), Billy Hart (2018) – quelle del firmamento musicale italiano – Paolo Fresu (2018), Fabrizio Boltro (2016), Fabrizio Bosso (1998-2002-2005-2006-2015), Enrico Pieranunzi (2004), Gino Paoli, Roberto Gatto (1999-2002-2003-2004-2007-2013), Sergio Cameriere (2015), Enrico Rava (2001-2002-2004-2007-2008-2013-2017), Stefano Bollani (2002-2003-2008) fino ad Elio –delle le storie tese- (2011) – e poi ancora le grandi giovani promesse del jazz ed interessanti progetti di contaminazione come Dirty Six (2018) e In Motion Beat (2018): melting pot newyorkese di musicisti di 5 Paesi che traducono in jazz le imprevedibili connessioni tra diverse culture d’appartenenza armonizzate da Sua Maestà la Musica.
“L’abbinamento e l’unione tra arte, musica, storia e tradizione – prosegue Rodolfo Maralli – lo rendono un festival unico sotto ogni punto di vista. Per tradizione, è un festival da sempre incline a recepire i segni culturali che la musica jazz esprime, sempre molto aperto alle contaminazioni. Gli chiedo cosa hanno in comune Jazz&Wine, mi risponde: “la meditazione, la cultura, la nicchia. Il Brunello è un vino da meditazione, che si può bere anche solo, al quale non serve per forza un piatto. E’ un vino che si degusta lentamente, che si assapora, come il grande Jazz. Poi l’improvvisazione, altro tratto comune, così come per la vite, sai da dove parti, ma non sai dove arrivi.” Castello e Fortezza, Location di pregio per un festival altrettanto esclusivo… “La location è un altro punto a nostro completo vantaggio. Da tradizione due o tre concerti inaugurali si fanno a Castello Banfi, una location più piccola, più raccolta, suggestiva; poi la programmazione prosegue all’interno della Fortezza, in un’atmosfera unica nel suo genere.” Come per i vini, qual è stata l’annata da ricordare? Tante, tantissime, ma La seconda, quella del 1999, sarà perchè lo spingemmo tanto, sarà perchè la programmazione era notevole, ma ci fu una risposta di pubblico incredibile. Quest’anno – prosegue Maralli – ha raggiunto la ventunesima edizione, a dimostrazione dell’esattezza dell’intuizione e della qualità del progetto. Il tutto, musica di qualità e vino di qualità, si sposa con un territorio di qualità come quello di Montalcino, che esprime passione e rispetto per le tradizioni.”
Tradizione che Castello Banfi mira a produrre e diffondere tramite il Jazz, ma che anche e soprattutto tramite la cultura dei prodotti di un Paese fatto di tesori agroalimentari. Oggi vanta sconfinati ettari e, forte di un sistema composto da perfetto ingranaggio di impostazione americana che mira a soddisfare grandi numeri preservando la qualità dei prodotti, riesce lo stesso a ben relazionarsi con le macro tendenze, come quelle legate alla sostenibilità. Complice clima, territorio ed esposizione decisamente fortunate, Castello Banfi ha diversificato le proprie produzioni con la coltivazione di cereali biologici, mostrando nuovamente il carattere di un’incredibile realtà in continuo divenire; mi racconta, fronteggiando il mio compiaciuto stupore Lorella Carresi, PR & Communication Manager Banfi Srl: “Castello Banfi è un mondo che dall’esterno, senza visitare l’azienda, non si percepisce. Il territorio è nostro, è quello in cui viviamo, non abbiamo nessun interesse a maltrattarlo”.
La tenuta Castello Banfi, che si estende a sud di Montalcino, al confine con la Val d’Orcia, conta 2830 ettari di proprietà coltivati per circa un terzo a vigneto, il resto è occupato da oliveti, bosco, terreni incolti e frutteti, in prevalenza susini. “Siamo i più grandi produttori in Italia di Susine da essiccazione – continua Lorella – lo facciamo da sempre: produzione, selezione, calibratura, essiccazione. Per ora sono 75 ettari, presto saranno 100 a regime, poi tutto intorno è bosco, quindi l’ecomabiente si mantiene in equilibrio con lepri, fagiani, caprioli.”
Castello Banfi come affronta le tematiche di biologico, biodinamico? “Il biologico è un sistema delicato, e non basta farlo da soli, è importante sapere anche cosa e come coltiva il proprio vicino. Noi produciamo Farro Biologico e Senatore Cappelli, abbiamo dedicato una parte dell’azienda alla coltivazione di cereali. Siamo al nostro secondo raccolto diamo in nostri grani ad un pastificio che la lavora per noi seguendo tutta la filiera biologica.”
Come vi relazionate con la Sostenibilità, con l’armonia dell’ambiente? “Adesso è diventata una parola molto di moda, ma noi siamo sostenibili da sempre. Coinvolgiamo tutte le fasi della filiera produttiva tramite tutta una serie di accorgimenti, proteggendo l’ecosistema con una strategia trasversale. Controlliamo quello che facciamo lavorando i vigneti i modo tale che non abbiano eccessivo bisogno dei trattamenti, per esempio con l’erba tra i filari per fare in modo che protegga la vite. Poi abbiamo studiato un sistema di allevamento che richiede meno cure, si chiama Alberello Banfi o cordone speronato aperto, fatto ad Y. Dà il meglio di sé nei cosiddetti terreni marginali, poveri. Ha pochi tralci, circa 4-5 per pianta, e quindi non necessita di molte sostanze nutritive. Le dimensioni della vite restano limitate, i grappoli ben esposti e questo ci permette, soprattutto per il sangiovese di fare pochissimi trattamenti, perchè si difende bene, anche nei periodi di siccità. Banfi ha sempre cercato di essere in armonia con l’ambiente circostante, attraverso l’uso razionale delle risorse naturali e la cura per l’ambiente, dalla vigna al prodotto finito, il vino.”
Vino che, ovviamente si sposa bene a tavola con le pietanze ispirate alla tradizione montalcinese e toscana proposte a pranzo nella caratteristica Taverna Banfi, situata sotto le volte delle vecchie cantine del Castello, dove riposavano le grandi botti di legno utilizzate per l’affinamento del Brunello di Montalcino. Un ambiente estremamente piacevole e raffinato dove una cucina curata nell’impiattamento si avvantaggia della freschezza ingredienti e della sapienza di preparazioni tipiche del territorio rivisitate in chiave contemporanea ad opera dello Chef Domenico Francone, come per il Carpaccio di Manzo su pappa al pomodoro, i Ravioli d’anatra crema di carota e tartufo, i Tortelli maremmani al ragù chianino, o i Vitoni all’aglione e spuma di pecorino, e poi Filetto di Maiale con prugne Banfi, purea di mela e caponata di verdure, Filetto chianino con patate arrosto, Galletto farcito, Costolette di agnello in crosta di pistacchi erbe di campo e melanzana, oltre alla Selezione di Formaggi con composte e confetture e quelle di Salumi della Val d’Orcia.
Oltre alla Taverna, Castello Banfi offre ai suoi ospiti la possibilità di soggiornare nell’ antico quanto esclusivo borgo in pietra del 1700, in lussuose camere e suites all’ombra delle mura e delle torri del Castello di Poggio alle Mura (castellobanfiilborgo.com), un ristorante gourmet “La sala dei Grappoli” aperto solo a cena, Degustazioni in Enoteca, un Museo del vetro, una Balsameria e Visite in cantina, ma questa è un’altra storia (che presto vi racconterò).
Per chi invece volesse vivere appieno l’atmosfera di Montalcino città e le suggestioni dei Torrioni, passeggiare tra i vicoli di pietra rimanendo affascinati da scorci, panorami e prospettive, il B&B del Musico, in pieno centro a due passi della Fortezza, in un edificio storico con annessa boutique (lesbarrique.com) in via Ricasoli, offre camere distensive ed una colazione di casa dolce e salata, servita su un tavolo sociale per favorire la conoscenza tra gli ospiti, ed arricchita dal piacere e dalla presenza di Gigliola Monaci e Guido Martini, i proprietari, che vi offriranno anche la possibilità di degustare i vini del Musico (musico.pro), Azienda vinicola di famiglia, nella loro enoteca poco distante dal B&B.
Ho detto Enoteca? Non credo infatti sia possibile soggiornare a Montalcino senza passare per “Enoteca La Fortezza” (enotecalafortezza.com), punto di riferimento per gli appassionati del vino di qualità e per chi desidera conoscere i protagonisti dell’affascinante mondo vitivinicolo di Montalcino e del suo Vino Brunello.
L’enoteca, fondata nel 1980 da Mario Pianigiani e Marzio Giannelli – che avevano già intuito la futura fama di Montalcino in un periodo in cui i produttori di Brunello non erano più 30 – è l’unica ad essere all’interno della Torre principale della Fortezza medievale di Montalcino, un monumento ricco di storia e simbolo dell’ultima gloriosa difesa della repubblica Senese nel 1555 contro le truppe ispano fiorentine. Gestita dal 2002 da Fabio Tassi, montalcinese DOC, che con grande entusiasmo ha continuato a proporre una vasta e qualitativa selezione di Brunello di Montalcino insieme ad altri vini toscane facendone è nel tempo diventato uno showroom ammaliante, ricco di specialità ed icone di enogastronomia di qualità, un luogo dove accomodarsi ed impapare ad orientarsi tra le principali differenze, esposizioni, storie di vini e cantine, grazie alla competenza e gentilezza dei sommelier che saranno felici di impartirvi qualche lezione-nozione su questo sorprendente vitigno.
Dunque una Fortezza più viva che mai, la quale, dopo l’importante restauro voluto da Giovanni Colombini negli anni 40, svolge una funzione turistico culturale ospitando stabilmente una delle principali enoteche d’Italia oltre a manifestazioni, mostre ed eventi, tra cui l’atteso appuntamento annuale Jazz&Wine in Montalcino, e che regala a chi la raggiunge quell’ inattesa armonia stipulata dai contrari, quella rara sensazione di potersi sentire al contempo protetti da possenti mura e liberati dalla vista di un vertiginoso affaccio sulla Val d’Orcia.
[1] Murakami Haruki, Wada Makoto, Ritratti in Jazz, Giulio Einaudi Editore, 2013, pp. 248