Luigi Cremona: nostra bussola dovrà essere il rispetto del lavoro

Critico gastronomico e ideatore con Lorenza Vitali di eventi come “Chef Emergente” – iniziative di successo che puntano a lanciare giovani talenti italiani – Luigi Cremona affida le sue riflessioni alla rubrica #whateverittakes indagando sui probabili scenari futuri del mondo della ristorazione e degli eventi.

Lei e Lorenza state vivendo un momento delicato.

Sono in quarantena, Lorenza è positiva…siamo in Liguria, in un piccolo borgo dove vivono i suoi genitori, ci stiamo organizzando. Ci aiutano, ci portano a casa la spesa, Lorenza ha qualche linea di febbre ma sta bene, sono giorni un po’ difficili. Bisogna andare avanti e distrarsi.

L’emergenza sanitaria sta cambiando il nostro presente, ma anche il futuro sarà diverso.

Io penso che qualcosa cambierà per tutti, almeno finché non si scoprirà un vaccino. Perché ammesso che con l’estate il virus ci dia tregua, può fare ritorno il prossimo inverno. In Cina hanno ripreso alcune attività, ma in maniera diversa. Ad esempio nella ristorazione hanno riaperto i ristoranti, ma tutti indossano le mascherine, rispettando obblighi di assoluta igiene, disinfettando tutto, distanziando i tavoli che possono ospitare al massimo due persone. Se applicassimo le stesse regole in Italia cosa ne sarebbe di trattorie, pizzerie e bistrot? Forse solo i ristoranti gourmet sono pronti per simili provvedimenti, essendo già dotati di tavoli ampi e ben distanziati. Quando ci sarà la riapertura, forse a fine aprile, inizio maggio, si presenteranno problematiche tecniche pesanti da gestire, senza contare che la clientela sarà più povera rispetto a tre mesi fa.

Parlando del settore  agroalimentare, i produttori meno colpiti sembrano essere quelli presenti nella Gdo.

Sì, e in Italia la grande distribuzione è sempre stata refrattaria all’alta qualità. In Francia trovi prodotti eccellenti. Quando sono qui in Liguria vado spesso a Mentone; ebbene lì, ad esempio, c’è un piccolo supermercato che ha delle vere e proprie chicche. Ne parlavo ieri con Fracassi, tempo fa ha provato a vendere alla Gdo ma è non è andata bene, i prodotti non vengono venduti o sono mal presentati perché il cliente non è abituato. Il problema da noi è che l’eccellenza ha come sfogo principale la ristorazione medio-alta.

Ieri Anthony Genovese, ospite della rubrica #whateverittakes, ha detto che alla riapertura contempla una rimodulazione dell’offerta alla clientela. Qualità sempre alta, a prezzi più bassi.

I problemi che ha Genovese come gli altri chef stellati non sono quelli della pizzeria o del paninaro…il vero dramma è che mancherà il turismo enogastronomico, artistico etc, sia nella fascia media che alta. I ristoranti stellati lavorano in larga parte con l’estero, ma prima di rivedere i turisti in Italia passeranno mesi. Inoltre penso che in un primo momento vedremo un viaggiatore diverso, che non va nei ristoranti stellati. Quanto alla proposta, tornando a citare Genovese io penso che se pure dovesse cambiare non sarebbe certo pizza e fichi. Se decidesse di fare la cacio e pepe, si tratterebbe comunque di un piatto d’autore.

Lei e Lorenza Vitali organizzate eventi di successo lanciando giovani chef. Cosa cambierà?

Con la crisi perdiamo tutti, anche chi fa gli eventi…l’evento si basa su una parola: assembramento. Bisognerà capire se saranno imposte restrizioni come il numero chiuso, l’accesso su prenotazione e così via.

Lei è uno dei più autorevoli critici gastronomici italiani. Considerate le condizioni in cui verseranno molti ristoranti alla riapertura, avrà un occhio di riguardo?

Non sono spietato…dobbiamo tutti tenere conto e capire che la prima cosa è il rispetto del lavoro, e che ci sono decine di migliaia di persone impiegate nella ristorazione, negli alberghi, nelle fiere e così via che devono essere messe in grado di lavorare. Andranno avanti coloro che capiranno per primi che non si può ricominciare come niente fosse perché ci saranno nuove regole. Il rispetto del lavoro sarà la nostra bussola e dovrà incoraggiare tutti ad andare avanti, altrimenti l’Italia si fermerà davvero e a quel punto gli altri cadaveri che conteremo non dipenderanno dal Coronavirus.