Tenuta di Capezzana e la storia del suo Carmignano

La storia di Tenuta di Capezzana risale all’804, lo testimonia il ritrovamento di una pergamena, oggi conservata nell’Archivio di Stato di Firenze. Già 1200 anni fa in questo lembo di terra si produceva vino e olio ed è qui che la famiglia Contini Bonaccossi, proprietaria della Tenuta da quattro generazioni, produce le migliori espressioni di Carmignano. Il Carmignano è un vino legato sia al territorio che alla sua storia, dal tempo della famiglia dei Medici, persuadeva per le sue doti di longevità, oggi affascina per la sua impronta così distintiva, dovuta alla presenza del Sangiovese e al Cabernet Sauvignon. Nel tempo a questo vino non è stata data la giusta attenzione, che da sempre viene riservata alle altre tipologie, come il Chianti, i Supertuscan, dovendo faticare più degli altri per imporsi sia sui mercati che sugli scaffali delle enoteche. Filippo Contini Bonaccossi oggi gestisce con le sorelle Beatrice e Benedetta la Tenuta, che oltre alla produzione di vino e olio, punta all’ospitalità e alla ristorazione, un viaggio all’interno della storia e del gusto, che attende tempi migliori per tornare ad affascinare i propri clienti.

Carmignano è uno dei comuni più antichi d’Italia, a Capezzana ci sono tracce di viticoltura già dall’ 804, è una responsabilità ereditare tutta questa storia?

È stata una responsabilità ma anche un’opportunità, per tale motivo continuiamo a tramandare questa storia soprattutto alle nuove generazioni che ne sono affascinate. Il Carmignano è un vino legato a una delle famiglie più importanti di Firenze, i Medici, già nel Rinascimento veniva considerato un vino moderno per la sua capacità di poter durare nel tempo, considerando che nel 1400 le condizione climatiche e i trasporti erano completamente differenti, la cosa non era affatto banale. La famiglia dei Medici utilizzava il vino come ambasciatore per i propri affari, il vino era un buon sistema per ingraziarsi clienti del calibro del papa ad esempio. Gli agronomi del tempo ne aumentarono il grado alcolico per permettergli una maggiore longevità, provarono con l’Alicante, con il Tempranillo e infine con un uva detta francesca, che veniva dalla Francia, il famoso Cabernet. Si deve a mio padre Ugo, insieme all’ingegnere Cianchi del Poggiolo e al sindaco di Carmignano, il dott. Lenzi, il ripristino della Doc Carmignano, avvenuta nel 1975 e retroattiva dal 1969, che in passato era stata inglobata nella Doc Chianti Montalbano. Mio padre con Luigi Veronelli si adoperò con forza sia al recupero della Doc per Carmignano, che alla realizzazione di una congregazione di tutti i produttori (oggi ne siamo 14) con l’intento di far valere la propria identità e di differenziarsi dal Chianti. Nel 1990 arriva la Docg retroattiva fino al 1988, nel 1984 nasce il Barco Reale la sotto denominazione del Carmignano, che prende il nome dal muro di delimitazione usato dai Medici per la propria riserva naturale.

Il Sangiovese nella Docg Carmignano lo ritroviamo in blend con i vitigni internazionali come il Cabernet, siete i progenitori dei Supertuscan?

Nel Carmignano la presenza minima di Sangiovese è del 50% ma può arrivare fino al 90%, un 10 o 20 percento deve essere Cabernet, e 10% di uva a bacca bianca ma che più nessuno usa. Il nostro vino ha lo stesso uvaggio del Tignanello, che è nato però nel 1972.

Lei con le sue sorelle Beatrice e Benedetta siete la quarta generazione, piano piano sta arrivando anche la quinta, rispetto al passato qual è il vostro apporto?

Nelle realtà a carattere familiare è fondamentale individuare le persone che prendono le redini dell’azienda per farla andare avanti. Noi abbiamo dato una diversificazione delle attività inserendo l’ospitalità, puntando sulla clientela dell’agriturismo medio alta, in modo da far veicolare anche la vendita dl nostri prodotti. Tante sono le attività collaterali che abbiamo inserito, come la scuola di cucina, io mi sono dedicato al rinnovamento della produzione olearia, il mio ingresso in azienda risale al 1984, nel momento della grande gelata, dove abbiamo dovuto addirittura tagliare gli ulivi. Ho inserito la compartecipazione per l’utilizzo dei pensionati, che lavorano i nostri terreni, il 50% della produzione resta a noi e la restante parte a loro.

Quali sono le caratteristiche principali dei vostri vini?

Abbiamo un terroir diverso e riconosciuto da tempo immemore, abbiamo delle colline con  differenti esposizione, la composizione dei terreni varia dall’argilla gialla, alla ghiaia, all’alberese e al galestro. Di fronte a noi abbiamo gli Appennini, dove la vetta del monte Cimone, raggiunge i 2 mila metri d’altezza, che determina buone escursioni termiche. La nostra altitudine è la stessa di Bordeaux.

Qual è il vino a cui si sente più legato?

Villa di Capezzana Carmignano sia l’etichetta normale che quella dei dieci anni, nata quest’ultima, da un’intuizione di mia sorella Beatrice, che decise dal 2006 di conservare per un decennio solo quattro mila bottiglie di questa tipologia, che poi è l’età giusta per bere questo vino a cui la mia famiglia è molto legata. L’idea di mia sorella ha avuto molto successo e un altro motivo che mi lega a lui è la bellezza dell’etichetta, la stessa dal 1920. Ghiaia della Furba è un vino che mi ricorda mio padre, che decise nel 1983 di realizzarlo per affermarsi sul mercato estero. Il suo intento era quello di entrare sul mercato inglese, che all’epoca faceva tendenza più di quello americano e canadese. Nel 1983 lo accompagnai in Inghilterra, io avevo 19 anni, il nostro vino partecipò a un concorso internazionale, gareggiando con tanti chateaux francesi, il nostro Ghiaia della Furba si aggiudicò il primo posto nella competizione alla cieca. Fu la prima volta che vidi mio padre così felice e ricordo che mi disse: “Vedi Filippo era dall’epoca di Bartali che un italiano non faceva arrabbiare così i francesi”. Il Vin Santo è il nostro vino da competizione ha vinto tutto le annate dalla  2002 alla 2012. Nel 2019 abbiamo prodotto 400 mila bottiglie e in base all’annata ci attestiamo tra le 300mila e le 450 mila bottiglie.

La situazione attuale che ripercussioni ha determinato per una realtà come la vostra?

I primi due mesi dell’anno scorso abbiamo avuto una crescita del 20%, alla fine del lockdown eravamo a meno 48%. Per noi con l’ospitalità improntata sugli arrivi stranieri il calo purtroppo è stato forte, una leggera ripresa è avvenuta grazie al turismo di prossimità ma parliamo di un meno 70%. Sicuramente è andato meglio il winebar, che ha registrato un meno 30% perché avendo parecchio spazio all’aperto ha garantito ai clienti una maggiore sensazione di sicurezza. La vendita dei prodotti ha subito un calo contenuto con un meno 20% nel mese di ottobre e novembre, le vendite dell’olio hanno favorito una ripresa, grazie all’investimento fatto sul nuovo frantoio. L’ultima produzione olearia si attesta su 2 mila e 300 quintali di olive, esportando il nostro olio negli Usa e in Giappone, i clienti che fidelizziamo attraverso l’olio ci restano per la vita. Il 60% del nostro vino lo esportiamo in tutti i paesi che detengono il monopolio, tipo il Canada, e per questo la vendita è andata bene. Il calo l’abbiamo risentito per gli Usa, c’è stata una tiepida ripartenza da gennaio, invece la Cina, nonostante per noi rappresenti un piccolissimo mercato, ha comunque retto. Per ottemperare a queste perdite abbiamo aperto uno shopping online e ci siamo dedicati alla clientela privata. A Marzo abbiamo realizzato un’esperienza virtuale aprendo le porte della nostra tenuta, che è composta da 350 ettari, di cui 80 ettari a vigneto, di oliveto ce ne sono 140, 60 ettari li utilizziamo per i seminativi e i restanti ettari sono destinati al bosco.

Su cosa dovrebbe intervenire il nuovo Governo per supportare il vostro settore? 

Credo che una delle cose più importanti sia quella di favorire la modernizzazione delle imprese applicando una grossa detrazione fiscale, che avrebbe una benefica ricaduta su tutto l’indotto. E come tutti gli imprenditori ritengo necessario ridurre il cuneo fiscale e l’imposta dell’ Imu per i fabbricati rurali e per i terreni, bisognerebbe optare a un esenzione. Queste sono le cose necessarie per far ripartire il settore, che è stato tra i più colpiti, il ricorso alla cassaintegrazione per noi è stato minimo perché anche durante il lockdown gli operai erano a lavoro per curare la vigna. Il nostro è un settore trainante per il Made in Italy, che dovrebbe finanziare la partecipazione a fiere ed eventi, quando sarà possibile realizzarle, dopo aver perso le attività in calendario per il 2020 e il 2021.

Barco Reale di Carmignano DOC 2018 Colore di un rosso rubino brillante, che al naso lascia trasparire una vivacità di profumi. Un vino vivo dove i sentori fruttati di lamponi e fragoline incontrano le note speziate tipiche del pepe nero in grani, delle foglie di tabacco. Sorso fresco, elegante e da lunga persistenza.

Villa di Capezzana DOCG Carmignano 2017 Il colore è rosso rubino e l’intensità dei profumi percepiti evidenzia una complessità tipica dei vini da invecchiamento. Il profumo di mazzo di viole mammole si interseca alle note di visciole e marasca. Cuoio, tabacco, pepe e cacao emergono come note olfattive ben distinte. Il primo sorso è caldo, i tannini virano leggiadri nel palato, solo sfiorandolo, impressionante equilibrio, incuriosisce conoscere la futura evoluzione vista già l’attuale eleganza e persistenza del sorso.