Roma, via Calabria. Una ampia vetrata, un’entrata, una sorpresa. Non conoscevo Pataclara, e devo confessare che probabilmente al momento è uno dei posti che mi ha più sorpreso in questo 2017 fatto di viaggi, recensioni, pranzi, cene e chiacchiere (con chef e ristoratori). Giuseppe Milana è qui da gennaio, ha 28 anni, è siciliano, e dopo alcuni anni nella brigata di Filippo La Mantia, ed un periodo al Majestic, ha preso le redini di questa cucina, cercando di proporre la sua filosofia culinaria, fatta di territorialità, materie prime, edi tante tecniche apprese nelle varie esperienze accanto a grandi maestri. Un locale molto accogliente, le pareti con i mattoni a vista, la musica di sottofondo ed un’atmosfera che ricorda alcuni bistrot parigini, per offrire ai poco più di 20 coperti disponibili piatti caratterizzati da una quasi ossessiva ricerca dell’equilibrio dei sapori per lasciare una piacevole sensazione di pulizia al palato dopo ogni assaggio.
E’ un caldissimo sabato romano, ed il refrigerio e l’accoglienza del personale di sala sembrano un’oasi. Il servizio è attento, curato, professionale ma non opprimente, e la persona che si occuperà di me per tutta la durata del pranzo si mostrerà molto preparato per quel che concerne la preparazione e la presentazione dei piatti. Il cestino del pane è ricco e saporito, con pane casereccio, focaccia al timo, panini all’uvetta e grissini. Il calice di apertura (Catalanesca delle Cantine Olivella) è piacevole e minerale all’assaggio.
Si inizia con il benvenuto dello chef, un piacevole tris di stuzzichini con un Bun al vapore con carne di maiale, una piccola bomba all’amatriciana ed un arancino con riso alla curcuma e tartare di palamita, tre bocconi deliziosi per consistenza e cottura impeccabile, soprattutto nel caso del fritto.
Mi viene poi servito uno dei piatti icona del Pataclara, il “Croccante di foie gras, amarena e nocciole”, creazione eccellente, con il foie gras cotto a bassa temperatura, divenuto setoso e dal sapore meno intenso, perfettamente amalgamato al cuore di amarena e reso irresistibile dalla granella di nocciole.
I primi hanno sapori e colori del sud: si parte con “Pi quadro Verrigni con crema di zucchine alla scapece, aglio nero e sgombro affumicato”, con un ottimo sapore della crema di zucchine, condite in maniera più leggera rispetto a quanto previsto dalla tradizione, e con un buon equilibrio al palato.
Intanto si cambia vino, passando ad un Pecorino dell’azienda Cirelli, più strutturato ed aromatico. L’altro primo, il “Tonnarello con salsa e battuto di gambero rosa, nocciole e burrata“, si fa notare per l’ottima cottura della pasta (fatta in casa), e per la splendida carezza della salsa di gambero e la burrata, che si fondono in maniera ottimale.
La mia curiosità per uno dei piatti che avevo notato in carta, è soddisfatta dal piacevole incontro con il “Piccione con lattuga, albicocca e orzo”: ottima cottura della carne, croccante nella parte esterna e violacea all’interno, interessante la presenza dell’albicocca, resa più fresca grazie all’utilizzo dello zenzero.
Terzo vino della giornata, questa volta una Passerina Costafredda, dal retrogusto vagamente liquoroso. L’ultimo piatto è il “Polpo, patata dolce, fagiolini e ponzu”: la prima cosa che noto è la croccantezza del polpo, cotto molto bene, e la dolcezza della crema di patate dolci che sorprende il mio palato, che si attendeva un sapore più neutro.
In apertura vi ho parlato delle origini dello chef Milana, e le ritrovo nel pre dessert, una mini brioche (morbidissima) con granita alla mandorla, perfetto per predisporre il palato al dolce.
E qui un’altra sorpresa, per la presenza dell’oliva taggiasca, insolita protagonista con fava di tonka, orelys ed il fondamentale gel di lime che evita al dessert di risultare un po’ stucchevole.
Il caffè è servito con la piccola pasticceria (cioccolatino bianco ripieno di mojito, gelatina di pere, meringa alla liquirizia, tozzetto alle nocciole), con vari bocconi tutti di ottima fattura.
L’avventura di Giuseppe Milana al Pataclara merita grande attenzione, perché a dispetto della giovane età, lo chef ha competenza, esperienza e soprattutto determinazione, che consentono di strutturare una carta elegante, golosa e meritevole di elogi.