Jean Anthelme Brillat-Savarin[1], tra le tante acute e belle riflessioni che ci ha regalato sulla cucina -per chi fosse interessato a leggerne anche il ruolo sociale e filosofico-, nel suo libro la “Fisiologia del Gusto” conclude l’elenco di Aforismi del Professore (…) scrivendo queste parole: “invitare una persona è occuparsi della sua felicità durante tutto il tempo che passa sotto il nostro tetto”. Difficile immaginare una frase che possa meglio aderire all’ospitalità che Alessandro Pipero, il Maitre più famoso della Capitale, riserva ai suoi ospiti: “l’accoglienza è una scienza, ecco perché non si insegna. O ce l’ hai o la fai male e forzata.”
Un’accoglienza che fino a qualche ora fa veniva completata dalla cucina dello Chef Luciano Monosilio ,sempre servita con quella insostituibile garbata confidenza che solo Alessandro Pipero sa mettere in campo, tra le eleganti pareti del nuovo luminoso “PIPERO ROMA”, dirimpettaio, su Corso Vittorio Emanuele II, della Chiesa di Santa Maria in Vallicella[2].
Un ristorante concepito come galleria d’arte e di sapori, in perfetto equilibrio tra eleganza, ricercatezza e contemporaneità: una grande sala, di respiro, dove Alessandro può giocare al meglio la sua partita e dove trovano spazio tele d’autore e quadri di una cucina che guarda avanti senza dimenticare le Radici (così come si chiama il menu che racconta la storia degli ultimi anni di “PIPERO”) e che è sempre proteso al futuro e pronto per accogliere le novità così come sancisce l’altro percorso chiamato Rami.
Avevo chiesto loro di rispondere a qualche domanda, del tipo: “Dimmi una cosa che “invidi” dell’atro“. Queste le risposte…
Luciano: “Alessandro riesce a creare un’empatia con il cliente davvero singolare, sa gestire situazioni critiche destreggiandosi con ironia e savoir faire. Ha saputo crearsi un personaggio fuori dagli schemi, che racconta quotidianamente il lavoro di sala da un punto di vista inconsueto e per questo degno di nota.“
Alessandro: “Gli invidio, tra virgolette, il suo essere diretto e dire le cose prima che si avverino.“
(Per Monosilio) Cosa significa, o cosa ha significato, lavorare ed emergere accanto ad una personalità così forte come quella di Alessandro Pipero?
Luciano: “Alessandro ha saputo dare una grande personalità alla sala, che ha stimolato me, fin dagli esordi, a dare grande personalità alla cucina. Due caratteri decisi convivono e si supportano vicendevolmente laddove gli spazi hanno dei netti confini di separazione ed una finestra prestabilita per il coordinamento.”
(Per Piper0) Tu sei un eccezionale comunicatore che ha trovato, nell’epoca dei social, il giusto mezzo per amplificare riflessioni e provocazioni sul mondo della ristorazione. Quanto questa attitudine fa riferimento al puro piacere di esternare la propria visione delle cose e/0 quanto è diventata un’efficace strategia di marketing?
Alessandro: “Non so se sono un comunicatore nato, cerco di essere originale ed entrare dentro la testa della gente senza bussare. Il fil rouge tra scherzo e serietà è innato, anche se ora, per forza di cose, è diventato lavoro. Quindi mi applico, ma sempre con la mia identità: mai cambiare, non ne sarei capace.“
La loro è stata una storia a due, durata ben dieci anni, innervata su fiuto e fiducia, quella che Pipero rimetteva nelle mani di Monosilio e quella che Luciano riponeva nelle parole di Alessandro, e che ha dato vita a quel fruttuoso perfetto binomio fatto di complementarietà, intesa, stimoli reciproci e comuni obiettivi, che adesso ha trovato altre identitarie vie per esprimersi. Due caratteri decisi convivono e si supportano vicendevolmente laddove gli spazi hanno dei netti confini di separazione ed una finestra prestabilita per il coordinamento – mi raccontava Chef Monosilio – Alessandro ha saputo dare una grande personalità alla sala, che ha stimolato me, fin dagli esordi, a dare grande personalità alla cucina.
La formazione di Luciano, classe 1984, non ha infatti lasciato tempo a tentennamenti; si è fatta subito ritmica, un vivace crescendo che va dalla cucina di Roscioli a quella di Fulvio Pierangelini passando per Mauro Uliassi ed Enrico Crippa, dai quali impara rispetto, conoscenza della materia prima, capacità di gestione e disciplina; aggiungete curiosità, caparbietà, passione ed è possibile tirare le somme di uno stile di cucina dai sapori netti, energica, ma allo stesso tempo equilibrata, priva di inutili sofisticazioni, che vuole sublimare i forti richiami terragni ed arrivare giocando con le citazioni alle tradizioni, e che è, per sua natura, in continuo divenire. Un divenire che non sappiamo ancora dove troverà la sua nuova casa, ma che siamo curiosi di scoprire.
Mi spiega sorridente Alessandro, “quando si cambia si deve essere ambiziosi, altrimenti si rimane al vecchio. Nella pianificazione di un progetto vincente non deve mai mancare l’identità, fondamentale è sapere dove si vuole arrivare, senza prendere scorciatoie – e continua – la sala ha il suo ruolo da sempre, ora se ne parla di più, il cliente è sempre più competente e quindi ci percepisce in un ruolo migliore.
Siamo il centrocampo, calcisticamente parlando e il punto forte di PIPERO è il “metodo pipero”: Servizio, Cucina e Sala a memoria, tutti possiamo mancare, ma la giostra è rodata.
Adesso un nuovo giro, una nuova corsa. Nessuna malinconia, nessun tentennamento, solo spazio alla novità, all’immaginazione, alla capacità di rimettersi in gioco, avendo la forza e il coraggio di lasciare le sicurezze per abbracciare con slancio nuovi progetti. Il cambiamento, d’altronde, fa parte della vita, e come mi disse una volta qualcuno, se non cambiasse mai nulla, non ci sarebbero le farfalle (comprese quelle nello stomaco, aggiungo io).
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NOTE:
[1]Anthelme Brillat-Savarinè considerato il padre della moderna gastronomia e gastrosofia. B.S. fu tante cose (avvocato, giudice, politico, ufficiale dell’esercito, esule, professore di francese e musicista) ma non fu mai un cuoco, fu in primo luogo un buongustaio. “Fisiologia del Gusto” venne pubblicato nel Dicemebre del 825. La pubblicazione fu fatta a sue spese e l’opera fu data alle stampe anonima: una piccola precauzione, questa, per “salvarsi” dall’eventuale scandalo puritano che avrebbe potuto suscitare la notizia che un giudice della Corte di Cassazione si dilettasse di ghiottonerie e frivolezze gastronomiche.
[2]Santa Maria in Vallicella, detta tradizionalmente Chiesa Nuova, è un luogo di cultocattolicocinquecentescodi Roma, che si trova nella piazza omonimadel rione Parione, sulla linea di confine con il rione Ponte, su Corso Vittorio Emanuele II. Nella chiesa venne conservata un affresco trecentesco ritraente la Madonna. Si raccontava che nel 1535 l’immagine miracolosa, essendo stata colpita con un sasso, avesse sanguinato, divenendo così oggetto di culto.