La musica ha un tempo, uno spartito e una complessità capace di trasportare ovunque grazie all’armonia. Strumenti, materiali, note e pause, un direttore e infiniti suoni che insieme raccontano una storia imprevedibile, sempre diversa, sempre capace di emozionare. Da Porthos, grazie a Sandro Sangiorgi, ho ascoltato questa musica, cliccate sul play della traccia, leggete lentamente e se ne avete piacere, o possibilità, lasciatevi ammaliare dal buon vino che preferite.
Il vino ha le note infinite di un pianoforte, ha i tempi scanditi nelle Quattro Stagioni di Mozart e al palato è una sorpresa che, se saputa gustare, rappresenta un’esperienza unica. Ogni volta. “Qui viene chi ci vuole venire” – una frase dal sapore quasi scontato, ma di una sostanza fondamentale se parliamo di un luogo che rappresenta, nel mondo dell’enogastronomia, un tassello importante della formazione e della resistenza al gusto. Porthos è una casa editrice, ma non solo, è anche punto di riferimento importante nei percorsi formativi di educazione all’assaggio e all’idea di gusto come esperienza complessa e personale; l’ideatore e maestro di questo “movimento” è Sandro Sangiorgi, classe 1962, importante gastronomo e sommelier che con dedizione ha dato molto alla qualità delle conoscenze ancora oggi portatrici di eccellenze italiane nel mondo.
Oggi c’è “Porthos Edizioni” e “Porthos racconta”, due realtà che hanno tra i loro obiettivi anche quello di diffondere e tutelare le diversità di ogni forma di gusto, garantendo e rispettando la semplicità di ogni singolo e personale percorso di educazione sensoriale. Professionisti, curiosi e appassionati, gli ambienti caldi e informali di Porthos accolgono chiunque voglia trovarsi lì perché li ha scelti. Noi abbiamo scelto di andarci e Sangiorgi abbiamo avuto il piacere di intervistarlo.
Porthos, qui ci viene chi ci vuole venire. Cosa significa, per te, scegliere questo luogo e questa filosofia?
Porthos ha 17 anni pieni, l’indipendenza e la ricerca di qualità nell’alimentazione, attraverso il rispetto, sono due delle cose che a tutt’oggi mi animano. Essere liberi ha un prezzo, ma ciò che ti restituisce la libertà, non ha prezzo.
In che modo l’educazione sensoriale diventa un esercizio partecipativo?
Il confronto è crescita, l’educazione nasce da una condizione personale e riflessiva essenziale alla costruzione di un terreno di crescita poi coltivato e reso fruttuoso dal confronto con gli altri. Questa è una strada emozionante verso l’educazione al “sentire”.
“Imprevedibilità, spontaneità, varietà” quanto queste parole sono fondamentali alla custodia della soggettività?
Anche un vino che conosci deve sorprenderti e devi essere tu avere una predisposizione alla sorpresa. Il vino è un nutrimento maggiormente spirituale, più dell’anima che del corpo, e i segreti che nasconde nascono dalla spontaneità attraverso la quale esso stesso si struttura. Il vino naturale ha varietà e imprevedibilità, ed è l’unico che riesca a trasformare sensazioni in emozioni profonde.
“Quello che senti c’è”, quanto conta e quanto costa l’ascolto e il rispetto verso sé stessi?
Nelle degustazioni, spesso, si viene accompagnati a dei riconoscimenti già decisi e questo non va bene. Credo si debba sempre avere l’apertura a una libera associazione. E’ difficile condurre una degustazione, ma ascoltare i riconoscimenti degli altri è un qualcosa che mi appartiene ed un modo, per me, d’incoraggiare le persone a sfruttare al meglio i propri sensi. Quello che sentono (probabilmente) c’è, va solo capito e confrontato.
Quali sono gli obiettivi di Porthos?
Porthos è una cellula di resistenza creativa, è un progetto che ha come obiettivo la possibilità di sopravvivere per poter essere un valore aggiunto all’imprevedibilità del vino ( e del gusto ndr). Nei corsi si dà risalto a vini naturali e un vino naturale non è per forza buono, ma di fatto un vino buono è sicuramente un vino naturale. Il vino naturale oggi rappresenta una piccola parte del mercato, ciononostante è capace di mettere in difficoltà le restanti tipologie di produzione. Porthos vuole valorizzare e proteggere questa resistenza di valore, senza creare una scuola di pensiero, ma lasciando al centro la soggettività di chi, venendo qua, ha voglia di strutturare la propria coerenza verso un gusto mirato alla qualità.
C’è un testo, edito o non da Porthos, a cui tieni particolarmente?
Sono innamorato della poesia. “Prosodia della natura”, di Antonio Prete, mi ha aperto molto la visione olistica e soggettiva di accoglienza nei confronti di una vita colma di fenomeni naturali da conoscere e valorizzare.
La filosofia del gusto, per te, ha delle componenti estetiche?
L’estetica nel gusto è fondamentale. Non si può avere un’immagine completa del vino se non si ha un’apertura alla visione del bello. Il gusto va coltivato, il vino ha una sua identità artistica che va saputa raccontare e l’educazione al bello, al senso estetico anche attraverso altre arti, ci restituisce la fondamentale predisposizione al nuovo e alla sorpresa, ad accogliere con meno timore le novità.
La musica ancora suona e le parole scorrono, è intenso lasciarsi affascinare dal bello e sentirsi predisposto ad esserne coinvolto, soprattutto in un mondo dove tutto sembra voler e dover essere scatolato, predisposto, globalizzato. A rompere gli schemi, secoli fa, paradossalmente ci pensava la complessità e l’intensità della poesia, Sandro Sangiorgi ci saluta e chiude così la nostra intervista: “La poesia, tra le arti, è quella che di più si avvicina al vino”.
Grazie Sandro.