Orvieto ed il profondo legame con i suoi vini – Excellence Magazine

Il Duomo di Orvieto si staglia sulla piazza e a ogni ora il sole lo dipinge di luce diversa creando nuove ombre e suggestioni. Verrebbe voglia di piazzarsi lì con cavalletto, tela e pennelli e raffigurarlo in tutte le sue sfumature, come un novello Monet davanti alla Cattedrale di Rouen. Il rosone è un occhio spalancato di rara meraviglia. Ricordo le parole di mio padre, ironiche: “Bisognerebbe dargli un pugno al rosone del Duomo di Orvieto” come a voler rilevare che tanta bellezza quasi non sia sopportabile dall’occhio umano. Accanto al Duomo c’è la chiesa sconsacrata di San Giacomo, teatro dell’evento We Love Tasting Umbria che per 4 giorni, dal 29 giugno al 2 luglio, ha animato la piazza con spettacolari cooking show e degustazioni di vino. Ecco, il vino. Il vino è quello del Consorzio Vino Orvieto, altro importante patrimonio di questa bellissima cittadina arrampicata su un suggestivo massiccio tufaceo. Il vino e la sua città hanno un legame talmente indissolubile che il nome di Orvieto si sovrappone a quello della denominazione di origine. E la storia del vino affonda le radici nel passato fino al tempo degli Etruschi quando le grotte scavate nel tufo diventavano cantine ante litteram.

Il tufo è uno degli “ingredienti” dei vini di Orvieto. Roccia magmatica figlia del vulcano imprime ai vini della zona sapidità e struttura. Oltre al suolo tufaceo la zona di Orvieto è ricca di terreni sabbiosi che nascondono fossili marini, conchiglie e ostriche che risalgono all’epoca pliocenica e marchiano il vino con sensazioni tipicamente salmastre riconoscibili in tante aziende dell’areale.

Vitigni cardine della denominazione sono grechetto e procanico ai quali si aggiungono altre uve a bacca bianca come verdello, drupeggio, malvasia e canaiolo bianco.

Durante We Love Tasting Umbria 16 aziende del Consorzio di Tutela dei Vini di Orvieto hanno proposto le loro etichette in degustazione e in abbinamento ai piatti degli chef partecipanti dimostrando la versatilità dell’Orvieto che, in versioni più ricche, può accompagnare anche piatti strutturati grazie alla sua freschezza in grado di sgrassare la bocca e all’aromaticità capace di camminare a braccetto con i sapori del piatto.

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Tanti gli assaggi delle quattro serate con alcuni picchi che restano indelebili nella memoria. Barberani con il suo Luigi e Giovanna ad esempio, che non è soltanto un Orvieto di rara eleganza ma porta con sé una storia d’amore, quella di Luigi Barberani appunto, e la moglie Giovanna che sono come quel vino in cui il grechetto è ingentilito dalla muffa nobile esattamente come Luigi da Giovanna nella vita. Si tratta, infatti, di un grechetto con 5% di uve botritizzate che oltre ad addolcire le sensazioni al naso rende il vino pieno e teso con una lunga persistenza nel finale in grado di accompagnare anche il Pollo con i peperoni della chef  Iside de Cesare de La Parolina (1 stella Michelin).

Altro assaggio del cuore il San Giovanni della Sala di Castello della Sala in abbinamento al piatto di Laura Marciani, un Petto di faraona con albicocche che avrebbe potuto osare anche un abbinamento con un altro stratosferico vino aziendale, il Muffato della Sala. Ancora i vini di Decugnano dei Barbi meritano una menzione speciale, sicuramente perché, nati su un terreno ricchissimo di fossili marini, traducono in maniera nettissima le sensazioni salmastre e marine del territorio che ritroviamo sia nell’Orvieto che nel Maris appunto oltre che in un muffato come il Pourriture Noble che testimonia come l’area intorno al Lago di Corbara sia un luogo dove la botrytis si sviluppa dando ottimi frutti.

Infine tanti altri sono stati gli assaggi, ognuno in abbinamento con i piatti di chef provenienti da tutta Italia, per creare contaminazioni e scambi enogastronomici, tutti all’ombra del Duomo di Orvieto che di notte si fa meno narciso e si mescola con il blu della notte.