BIRRA DEL BORGO – LA STORIA
1999 -2004: Fare birra in casa, per hobby, la storia comincia così. Poi l’hobby si trasforma, cresce, fino a diventare un lavoro che fa venir voglia di produrre “in grande”. Così Leonardo Di Vincenzo abbandona il mondo della ricerca accademica e decide di dedicarsi alla sua vera passione. Si mette in viaggio per l’Europa alla riscoperta degli antichi stili birrari (conoscere i vecchi mastri birrai tedeschi o gli estrosi belgi è stato infatti fondamentale per la sua formazione). In Inghilterra assaggia le birre più interessanti, rappresentative di una cultura birraria completamente diversa dalla nostra: le “real ale”, poco carbonate, corpose e caratterizzate da forti sentori fruttati. Queste scoperte lo spingono a prendere coraggio e a tentare una produzione più ampia, i 30 litri casalinghi non soddisfano più le sue ambizioni. Inizia l’avventura con Birra del Borgo.
2005: Nasce ufficialmente Birra del Borgo a Borgorose, un piccolo paese in provincia di Rieti, al confine tra Lazio ed Abruzzo, nella riserva naturale dei Monti della Duchessa. Nel Birrificio di Colle Rosso vedono la luce le prime birre che avranno un grande successo e faranno conoscere Birra del Borgo in tutto il mondo: la ReAle, la DucAle, la Duchessa.
2007: BdB cresce. A maggio nasce il Birra del Borgo Day per festeggiare il compleanno del Birrificio. La festa ritorna ogni anno con un numero sempre maggiore di ospiti italiani ed internazionali.
2009: Birra del Borgo inaugura il nuovo birrificio di Spedino che diventa il cuore pulsante dell’azienda. La sede principale, ed attuale, della sua produzione si trasferisce dunque da Colle Rosso a Spedino.
2015: Inizia la nuova vita di Colle Rosso, il vecchio birrificio completamente ripensato e dedicato alla sperimentazione e alla scoperta della “fermentazione spontanea”.
2016: La rivoluzione arriva anche a Spedino con la nuova sala cotte, l’ampliamento degli spazi per le nuove sperimentazioni, fermentazione e maturazione in Anfore di terracotta e Botti di legno e il nuovo “Bancone BdB”, la Tap Room del Birrificio.
Leonardo Di Vincenzo è riuscito a reinterpretare diversi stili classici regalandogli un’eleganza tutta italiana. Il birrificio ha ridisegnato il modo di intendere la birra ed è stato il primo a crescere in modo importante mantenendo però fissa e alta la barra della qualità. Ancora oggi non smette di sperimentare e di ricercare soluzioni che possano essere innovative per l’intero panorama (gli esempi migliori sono forse quelli legati al lavoro sui lieviti autoctoni, la fermentazione spontanea, gli ingredienti atipici e l’utilizzo di fermentatori non comuni come le anfore). Il lavoro del birrificio ha fatto sì che la birra di qualità, prerogativa del Nord Italia, diventasse un fenomeno romano e del Centro Italia. Ha portato metodo, interesse e introdotto un approccio nuovo al modo di farla e di raccontarla, allontanandosi dagli stili classici e contribuendo a creare uno stile italiano, alternativo dunque al modello imperante. Per il suo percorso, il suo contributo e il lavoro di ricerca che ancora continua a portare avanti Birra del Borgo può essere definito una delle prime vere scuole di birra tutta italiana.
Gli ultimi due anni di BdB
Era l’aprile del 2016 quando venne annunciata la notizia che il più grande colosso industriale della birra aveva comprato Birra del Borgo. C’è voluta tanta forza di volontà per restare saldi sulle proprie gambe, gli occhi puntati sugli obiettivi aziendali e la mente aperta a raccogliere e incassare le sferzate dei tanti che fino al giorno prima erano stati sostenitori e alleati, improvvisamente ritrovatisi dall’altra parte della barricata. Più di due anni dopo, molti dei timori di allora si sono avverati – colleghi e addetti ai lavori non sono certo stati teneri – ma il bilancio complessivo parla di una crescita aziendale che non ha tradito la filosofia e gli standard del birrificio di Borgorose: “Sono stati anni intensi, abbiamo dovuto combattere le critiche negative di chi ci pensava pronti a deludere le aspettative, e insieme traghettare l’azienda verso una necessaria operazione di integrazione con le dinamiche di un grande gruppo”.
Al timone di Birra del Borgo Leonardo si diverte ancora come agli inizi, solo dando lavoro a circa 80 persone e più attivo di prima per risollevare le sorti di un territorio – l’area reatina di Borgorose – altrimenti sconosciuto ai più. “Mi sento di dire che non abbiamo avuto delusioni, il livello qualitativo è rimasto alto, i nostri prodotti non sono cambiati, anzi la birra che produciamo è mediamente più buona, grazie a nuovi investimenti e mezzi a disposizione. Non abbiamo perso pezzi, semmai aggiunto valore. Questo è quello che mi aspettavo all’inizio, come anche la garanzia di mantenere un buon livello di autonomia, pur consapevole di dover far tornare i numeri. Per qualcuno sono passato da eroe a traditore. Ma le critiche sono un fenomeno tipico italiano, normalmente rivolto a chi vende al nemico: che uno lo faccia per migliorarsi passa in secondo piano. Sono molto contento e convinto della scelta fatta per diverse ragioni: la paura che l’azienda potesse trasformarsi o snaturarsi era infondata. L’azienda è in crescita, produciamo tante tipologie e abbiamo un grado di libertà totale. Siamo indipendenti e liberi nella scelta e nello sviluppo dei prodotti. Non mi pento di nulla.”
Diverso il discorso sui pregiudizi, davvero duri a morire: “Un ritorno negativo sul fronte commerciale con tanti clienti storici c’è stato, inutile negarlo, anche se al contempo siamo molto cresciuti sul mercato italiano, e puntiamo per il futuro a posizionarci sempre meglio in Inghilterra e Stati Uniti”. Più che l’aspetto economico, infatti, pesano le considerazioni umane: “Resta il dispiacere di essere tacciato come un traditore da tanti con cui siamo cresciuti professionalmente insieme. Credo che la miopia di certe posizioni non faccia bene al settore della birra italiana: un incremento di visibilità per i prodotti di qualità può portare benefici per tutti, la clientela che conosce i nostri prodotti spesso è curiosa di provarne altri, magari orientandosi su quel comparto artigianale che prima non conosceva. Capisco che molti produttori temono il monopolio, ma i nostri numeri dimostrano che il rischio non c’è: non abbiamo intenzione di monopolizzare nulla, nel 2015 producevamo 12mila ettolitri di birra, oggi siamo arrivati a 18mila. Parliamo comunque di piccole quantità. Oggi la guerra si è spostata dal binomio artigianale/industriale all’indipendenza o meno di un birrificio rispetto a una multinazionale. Non si discute più sulla qualità del prodotto perché tutti si sono resi conto che si può fare qualità anche con grandi quantità.”
Per il resto, soprattutto, c’è la tranquillità di sperimentare su nuove ricette, e questo è sempre stato il pallino di Leonardo: “Il prossimo anno entrerà in catalogo anche la linea di produzione del vecchio birrificio, lunghe maturazioni in bottiglia, fermentazioni spontanee, prodotti di nicchia di cui avremo poca disponibilità, per veri amatori. Anche questo è un modo per divertirci”.
L’Osteria di Birra del Borgo
Sul valore del divertimento Leonardo insiste più volte nel corso della chiacchierata, anche quando dismessi i panni del mastro birraio si entusiasma raccontando il progetto Osteria, “non solo un’operazione commerciale, ma quella finestra necessaria per raccontare Birra del Borgo e la sua evoluzione nel tempo, per dare modo a tutti di capire come va avanti il nostro lavoro oggi”. Inaugurata a Roma all’inizio della primavera 2017, in piena era Ab Inbev, un anno e mezzo dopo l’Osteria di Birra del Borgo di via Silla è una scommessa vinta: ci sono le birre – tutta la linea di Bdb – la pizza, la cucina, la sperimentazione sui cocktail. E un’atmosfera informale che punta ad accogliere tutti, raccogliendo consensi del pubblico e plauso della critica (per il Gambero Rosso la pizza di Luca Pezzetta vanta Tre Spicchi e 93 punti pieni sulla guida Pizzerie d’Italia 2019). “Per l’importanza che ha avuto sin dall’inizio, l’Osteria di Prati resterà un unicum nella nostra storia, il quartier generale delle sperimentazioni su birra e cucina, un laboratorio aperto che oggi dà lavoro a 35 persone, rappresentando una voce importante dell’azienda e richiedendo tante energie”. Questo non significa che non si possa – e non si voglia – crescere. Anzi, proprio i buoni risultati raccolti spingono a guardare avanti: “Ora abbiamo bisogno di capire quanto il format possa replicarsi senza perdere in credibilità e standard qualitativi”. Prima di pensare a raddoppiare in altre città d’Italia – obiettivo comunque nel mirino tra 2019 e 2020 – la tappa intermedia è costituita dai nuovi “banconi” aperti a Roma.
Novità a Roma. Arrivano due Banconi La formula Bancone ha esordito già nell’estate 2016 in quel di Spedino, come spazio di vendita e degustazione del birrificio. A Roma il Bancone di BdB, aperto a piazza Bologna e nel quartiere Pigneto, è un ibrido che tiene conto dell’esperienza Osteria in via Silla, e al suo laboratorio di produzione si appoggia, declinandola in maniera più agile. Il Bancone del Pigneto lavora per aperitivo e dopocena, con proposta di piccoli snack da accompagnare alle birre, cocktail, angolo shop e servizio take away; il Bancone di piazza Bologna, invece, serve anche la cena, con taglieri, panini e pizza, punto di forza che resta centrale per l’attività, “affidato alla supervisione del nostro pizzaiolo Luca Pezzetta, che resta l’unico responsabile di impasti e lievitazioni dopo la fine, recente, della collaborazione con Gabriele Bonci”, sottolinea Leonardo. Entrambi i locali sono aperti dalle 18 alle 2 (7 su 7), entrambi hanno coperti all’esterno e spillano esclusivamente birre della casa. In entrambi i locali “Il divertimento è la chiave di tutto”. L’Osteria di BdB – Roma – via Silla, 26 a – osteria.birradelborgo.it
Il Bancone di BdB – Roma – via del Pigneto, 22c
Il Bancone di BdB – Roma – piazza Bologna, 8-9
In questi tredici anni l’imperativo dell’azienda “Ripensare l’idea classica della birra” ha generato un mare d’idee, un centinaio di stili e un volume di birra passato, nello stesso periodo, da 150 a 30mila ettolitri. “Stiamo collaborando con tanti partner di livello. Uno su tutti, Identità Golose. Abbiamo scelto di creare questa sinergia perché la grande cucina deve potersi giovare di grandi birre, non solo le nostre naturalmente. La birra non è semplicemente un’alternativa al vino ma ha una sua grande dignità che va oltre il contentino del foglio della carta delle birre che vediamo in tanti ristoranti, accanto all’enciclopedica carta dei vini. Occorre mettere la stessa attenzione del vino anche nel servizio della birra. C’è un panorama incredibile, è il momento di generare cultura.”