Cristina Bowerman, la Chef che dalla Puglia ha volto lo sguardo lontano

Dice di sé: “sono una persona testarda, quando miro ad uno obiettivo, lo focalizzo e cerco di colpire il bersaglio”. Non è difficile credere alle parole di Cristina Bowerman, chef del ristorante stellato di Roma Glass Hostaria e di Romeo Chef & Baker, che la vede impegnata nel progetto che accosta allo stesso anche la pizzeria Giulietta, Frigo la gelateria, Cups al mercato rionale di Testaccio e la nuova creatura Queen Mab.

Nata a Cerignola da genitori che si trasferiscono immediatamente a Bari. Dalla regione di origine eredita la caparbietà, dal suo lungo soggiorno in America il senso della meritocrazia e la certezza che ogni lavoro abbia la sua dignità. “Non esistono i lavori di serie A e di serie B – dice – Ognuno di noi deve saper fare ciò di cui si ha bisogno. Posso servire i piatti o scaricare i pesi da un camion”. Il padre assicuratore, la madre insegnante intuiscono immediatamente la sua fermezza. Decide di frequentare il liceo linguistico, all’epoca privato, poi di andare all’estero per un po’. Solida nei valori, come molti meridionali, ha la visione della vita ampia.

Cos’ è il successo per lei? “Non è la fama o la popolarità, ma essere in grado di fare ciò per il quale si crede, di essere portati e svolgerlo nel migliore dei modi.”

Cosa ha Cristina Bowerman nella cucina di pugliese e di americano? “Il gusto deciso della mia regione. La fortuna di essere nata in una terra nella quale è possibile conoscere la materia prima. Distinguo e riconosco la qualità del pesce immediatamente e sono un’amante dei gamberi crudi. Dall’America ho ricevuto il dono di saper accostare ingredienti completamente diversi, talvolta non facilmente reperibili. La mattina, spesso, mi capita di svegliarmi presto e avere un’idea e spero che faccia giorno subito per poterla realizzare.”

Perché ha scelto il colore rosa per il suo famigerato ciuffo, per la riconoscibilità? “In realtà riconoscibile lo sono sempre stata. Il ciuffo ha subito diversi cambiamenti come arancione, blu, viola. Ora è il periodo rosa. Ho pochi vezzi, i capelli sono uno di questi.”

Quando ha deciso che sarebbe diventata una chef? “In Texas. Avevo scorto su una rivista la pubblicità dell’Università dell’Arte Culinaria. Provenivo da una formazione di liceo linguistico, poi per dieci anni mi ero dedicata alla grafica. Da tempo, però, notavo di avere dimestichezza con gli ingredienti. Quando ci riunivamo tra amici e bisognava fare la spesa, acquistavo tutto con criterio, memorizzavo perfettamente i prodotti sugli scaffali dei supermercati e i prezzi. Avevo intuito che quella fosse la mia strada. Era arrivato il momento di intraprenderla. Se Elena Arzak, figlia d’arte, si era dovuta trasferire in Francia per imparare a cucinare, anche io avrei dovuto fare lo stesso. Alla fine i miei insegnamenti provenivano dalla nonna e dai miei genitori. Bisognava mettersi all’opera.”

Quando si parla di Lei, tutti le rivolgono un pensiero positivo. Perché? “Evito lo scontro. Non perché non sia in grado di sostenerlo, anzi… Ma preferisco vedere il buono nelle persone. Non guardo molto la tv. Spesso ci si parla addosso, le tematiche tendono ad affrontare aspetti negativi della nostra società. Preferisco concentrarmi sul bello della gente e delle situazioni.”

Cosa consiglia alle nuove generazioni? “Di lasciare il nostro paese almeno per un anno. Di lavorare all’estero, conoscere nuove culture, sapori, persone diverse da noi. Solo da questa esperienza si esce più forti e più ricchi.”

Un augurio a Suo figlio Luca? “Che sia una bella persona.”

La citazione che più la rappresenta? “Bisogna sempre cambiare per rimanere se stessi!”