A Casteltermini, in provincia di Agrigento, nell’antico feudo del ducato di Chiuddia, è nata un’azienda olivicola che porta l’omonimo marchio e che produce un olio biologico che racconta il ritmo della natura.
Un multicultivar tratto da piante giovani autoctone di Nocellara del Belice, Biancolilla, Cerasuola e Giarraffa alle quali si sono aggiunti gli alberi secolari già presenti, prevalentemente della varietà Ogliarola o Passulunara, l’olio Chiuddia si può definire non un blend bensì un olivaggio, perché la sua composizione parte dalla miscellanea delle olive che lo compongono anno per anno e che variano nella loro composizione e percentuali a seconda della carica su ciascuna pianta e specie. Quindi un prodotto che rispetta l’alternarsi della natura e del clima locale e proprio per questo ogni anno cambia, anche se di poco, il suo aroma e la sua fragranza.
La leggenda e la storia di Chiuddia
Anche se Chiuddia è divenuto un marchio ufficiale da poco meno di due anni, l’attività olivicola ha però una storia ventennale e una affascinante antica leggenda che avvolge le sue terre. Si narra infatti che un bue, mentre era impiegato nel lavoro dei campi, ogni giorni si accasciava sempre in un determinato punto. Il contadino incuriosito, volle vedere cosa ci fosse, quindi scavando sorpreso vi trovò una croce lignea; l’oggetto sacro oggi è conservato nella chiesa del paese ed è considerato uno dei reperti più antichi dell’era paleocristiana. Un territorio dai sacri misteri che nutrono un suolo vocato oggi all’olivicoltura e che è ha accolto un’azienda che ne conserva le tradizioni e le speranze.
Alessandro Guardì, ha fatto di Chiuddia la sua attività principale e che dalla capitale due anni fa è ritornato alle sue origini in Sicilia.
Laureato in psicologia, insegnante e con un passato da editor, Alessandro ha lasciato Roma ed è subentrato al padre nella proprietà dei terreni. Appassionato e orgoglioso delle sue radici siciliane ha preso in mano un’attività produttiva blanda che veniva portata avanti da persone esterne alla famiglia e ha iniziato ad occuparsene a tempo pieno con il primo obiettivo proprio di creare il marchio “Chiuddia”.
Una scelta coraggiosa che ha fatto sì che Alessandro ripercorresse le orme del nonno Ignazio, nei primi anni del 1900, che in queste terre coltivava il grano. Nei decenni siccessivi però questo territorio è passato di mano in mano e solo vent’anni fa il padre di Alessandro lo riunì nuovamente sotto l’unica proprietà della famiglia Guardì, iniziando a coltivare ulivi; furono piantati nuovi alberi fino ad arrivare ad oggi ad un numero considerevole di 4000 piante , tra cui 200 secolari. Sono inoltre presenti quasi 1000 mandorli.
I primi passi verso il BIO e il rispetto della qualità
“Fino a quando non mi sono reso conto che l’olio prodotto era di una notevole qualità, perché il suolo era di ottima qualità, la produzione era limitata e portata avanti solo per puro attaccamento affettivo alla terra” spiega Guardì – “quindi mi sono riproposto, trasferendomi qui, di creare qualcosa di unico, un marchio ufficiale”. Chiuddia è giovane, ed è oggi un’azienda in conversione BIO e dalla prossima raccolta ottobre-novembre sarà ufficialmente certificata.
“Sono convinto”- dice Alessandro -“ che la terra e la natura sono l’unica salvezza per il mondo che in questo momento sembra stia impazzendo completamente. Il risultato qualitativo del nostro olio fortunatamente è sempre molto elevato. Dalla cura della pianta fino alla molitura delle drupe ci sono una infinità di varianti che possono influire sulla qualità dell’olio; qui si cerca di prestare attenzione a ciascuna fase, che sia di coltivazione o di trasformazione, ma soprattutto alla raccolta. Una raccolta fatta male incide considerevolmente sull’olio perché potrebbe portare le olive ad acquisire una percentuale importante di acidità che metterebbe a repentaglio l’eccellenza del prodotto finito.”
Questa viene effettuata parte a mano e parte con abbacchiatori e inizia dalla prima settimana di ottobre, quando le olive sono ancora giovani. Adesso l’azienda conta una manciata di persone tra lavoratori e collaboratori, fermo restando che la campagna offre sempre tanto lavoro da sbrigare; per la molitura invece oggi Chiuddia si affida ad un piccolo frantoio locale, il frantoio Cumbo: una molitura a freddo e la successiva conservazione sotto azoto in silos d’acciaio, assicurano rispettivamente la salvaguardia dei polifenoli e l’inalterabilità dell’olio in conservazione.
Il percorso futuro verso una massima diffusione
La prospettiva è, nel prossimo futuro, di poter contare su di un frantoio tutto aziendale, per consentire la massima autonomia. Quindi Chiuddia punta sul continuo miglioramento e diffusione del prodotto comunicandolo non solo con la sua presenza sui social (sempre curati ed eleganti) ma anche con l’evocativa etichetta delle bottiglie, ben pensata nell’estetica e nel design: questa infatti raccoglie tutta la storia di Chiuddia come fosse un filo conduttore tra la leggenda del bue e la croce
con la storia personale dell’azienda.
I formati di distribuzione dell’olio vanno dall’accattivante bottiglia da 500 ml, alla lattina da 100 ml fino alla latta da 3 litri. Prossimamente verrà inserito un innovativo formato da 5 litri, la bag in box: non tanto conosciuta sul mercato italiano, ma costituisce una soluzione valida perché impedisce qualsiasi contatto con l’ossigeno consentendo una shelf-life più lunga e poi non vi è la necessità di travasarlo in oliera.
Chiuddia tra tradizione e innovazione
Ben consapevoli che bisogna trovare il giusto equilibrio tra tradizione ed innovazione per ottenere la qualità, in questo momento la dedizione di Guardì è tutta verso la produzione dell’olio e allargare la sua offerta; ma Chiuddia ha anche una coltivazione di mandorle bio (la produzione è di qualche migliaio di kg all’anno) e in questo momento vengono vendute tal quali a peso.”Mi piacerebbe“ – conclude Guardì – “addentrarci verso la cosmetica integrata con i nostri oli oppure una linea bio come creme o scrub alle mandorle“.