“Un Iceberg che si muove lento tra le nebbie della memoria”
(Livio Jannattoni)
Mi imbattei in questa frase, anni fa quando misi in carta all’Arcangelo la pasta al sugo di garofalato. Volevo capire meglio, studiare con profondità per ricercare il quid, l’essenza della ricetta anche dal punto di vista storico e filologico.
Ho sempre pensato che i racconti sul cibo potessero portare ad un migliore risultato organolettico perché, al di là delle codifiche che sono i fondamentali per l’esecuzione di un piatto, è quello che gira intorno al cibo, inclusa l’antropologia di un tessuto sociale, a fare la differenza nel momento in cui si inizia a cucinare.
La storia del cibo e della cucina non sono mai cattivi maestri, anzi aiutano sempre a recuperare tecniche, utensili e materie prime. Potrei portare mille esempi per quello che mi riguarda: i supplì, la carbonara , la gricia e l’amatriciana. Sono ricette queste, insieme a tante altre, che si perdono nella notte dei tempi e che hanno subito la storia e il cambiamento degli uomini al pari delle città, dei paesi e dei territori dove sono stati concepiti.
Il cibo prende forma e si sviluppa attraverso la cucina seguendo le metodologie di chi li trasforma, in funzione anche dei territori e dei periodi storici di riferimento. Ecco perchè quando decisi di dare forma e sostanza al garofalato approcciai al cantore dei massimi sistemi culinari della gastronomia romana, Livio Jannattoni giornalista e gourmet tra i più colti e curiosi del pianeta.
Livio Jannattoni, con i suoi scritti sul cibo, percorre in lungo e in largo le dinamiche storiche e geografiche delle ricette da lui descritte e le racconta con sapienza e rigore giornalistico ammantandole però di aneddoti e descrizioni da favola.
Nel caso del garofalato, Jannattoni si ispira e trae notizie dalle fonti scritte da Ada Boni, Alberto Giaquinto e Giggi Fazi, rispettivamente una scrittrice, un cuoco e un ristoratore. La perfetta sintesi analitica per decifrare ed estrapolare l’essenza del piatto in questione. Per quel che mi riguarda io ho cambiato la ricetta, o meglio, ho cambiato la grammatura ad alcuni ingredienti come i chiodi di garofano.
Su un kg e mezzo di girello di bovino adulto io metto sei, e dico sei, chiodi invece di tre come consiglia la Boni per voce di Jannattoni e invece di usare il sugo come condimento per la pasta , io trito anche la carne e lo faccio diventare un ragout pe arricchire le mie tagliatelle.
Al Garofalato o sugo d’umido delle famiglie romane che di domenica facevano il pieno di questo piatto ricco e gustoso, nei risotti o nelle tagliatelle oppure nei supplì, si anche nei supplì, io auguro che possa vivere per sempre come “un iceberg che si muove lento tra le nebbie della memoria”!
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