Chef Iside De Cesare: creare sinergie per ripartire

Chef, imprenditrice e mamma, Iside De Cesare del ristorante La Parolina a Trevinano in provincia di Viterbo, una stella Michelin, racconta le sue giornate di reclusione forzata tra giochi con i figli, sperimentazioni, e preoccupazioni per il futuro.

Come sta vivendo la permanenza forzata tra le mura di casa?

Sono un po’ frastornata. Ho fatto un calcolo, non mi fermavo da 17 anni, è un po’ strano. Da un lato faccio la mamma ed è una cosa bella, quindi cerco di cogliere anche il lato positivo, dall’altro, devo dire la verità, soprattutto le prime due giornate ero frastornata, anche perché si sta a casa ma senza la possibilità di fare delle attività che normalmente, quando si ha una giornata libera, si possono fare. È stato un po’ strano, adesso sto cercando delle risorse per poter crescere, quindi sto leggendo molto, sto studiando nuove tecniche, sto cercando di impegnare il tempo. Ho la fortuna di avere il giardino, di poter curare le mie erbe aromatiche e raccogliere qualche erba spontanea. Poi ho il ristorante che confina quindi posso entrare in cucina e sperimentare. Sono fortunata rispetto a chi vive l’isolamento in un appartamento in città.

La sua collega Cristina Bowerman, nostra ospite nella rubrica, ha detto che ci sono ragazzi irresponsabili che hanno preso la chiusura della scuola come una vacanza e non si rendono conto del pericolo, e molti genitori neanche. Lei come si sta comportando con i suoi figli?

Noi da questo punto di vista siamo molto avvantaggiati perché avendo un grosso giardino, una struttura comunque grande, loro fanno tante attività. Mio figlio la vive come un momento di festa perché credo non mi abbia mai avuto così tanto a disposizione. Abbiamo la fortuna di avere un pianoforte in casa, facciamo tante cose tutto il giorno. Suoniamo, cantiamo, recitiamo, mangiamo, cuciniamo, facciamo veramente di tutto.

È più stancante del lavoro in cucina?

Devo dire che a volte ci si stanca meno in cucina. I miei figli mi fanno la comanda prima di ogni pasto e poi criticano ogni piatto con una severità che neanche i giornalisti più accaniti hanno.

A tale proposito, i suoi colleghi sono preoccupati per il futuro dei propri ristoranti.

Questa è in assoluto l’emergenza più grande che io abbia vissuto da quando ho cominciato questo lavoro, e sono passati 30 anni. La difficoltà su come affrontare questa emergenza è che non è legata a una crisi di settore, né a una crisi isolata in una zona, ma è qualcosa di talmente grande per gli equilibri mondiali a livello economico che è difficile farsi un’idea e pensare a come affrontarla. Intanto la cosa più difficile è superare questo senso di incertezza e precarietà che si è installato nelle nostre menti così all’improvviso. Questa è la prima cosa da affrontare, poi sicuramente dovrà cambiare totalmente la mentalità lavorativa, sia per quanto riguarda la sinergia tra aziende che dovranno collaborare molto per superare una impasse del genere e poter costruire nuovamente una solidità economica, perché comunque è un arresto brusco quello che c’è stato. Sicuramente cambierà anche il rapporto lavoratore – datore di lavoro e ci sarà forse una complicità più grande dopo questo momento.

Ieri il presidente di Arsial Antonio Rosati, ospite della rubrica, ha detto che niente sarà più come prima.

Il mondo è cambiato in modo incredibile in un attimo, dobbiamo comprenderlo e farcene una ragione, ma troveremo delle risorse per poter ripartire. Noi, per fortuna, siamo in un Paese che è uno dei più ricchi dal punto di vista delle risorse, tradizioni ma anche creatività, quindi troveremo sicuramente delle strade. Dobbiamo accettare che non sarà facile, il mondo è cambiato, la società cambierà molto e anche le nostre abitudini. Oltre al problema italiano che stiamo vivendo da vicino, c’è un problema mondiale che ci ruota attorno. Noi siamo stati i primi in Europa ad essere colpiti ma forse avremo un vantaggio nel ripartire, con la consapevolezza che ci sarà un arresto del turismo dal punto di vista dell’incoming. È davvero difficile fare delle previsioni, è la prima volta nella mia carriera che mi trovo ad annaspare nel trovare il nuovo punto di partenza.

Lei e i suoi colleghi avete già un piano?

Diciamo che almeno siamo una categoria che non morirà di fame…da quel punto di vista siamo in grado di produrre dal nulla. Però gli animi sono preoccupati, mi è difficile dire che ho sentito qualche collega che sta vivendo con serenità questo momento. Tra l’altro noi abbiamo un segmento di ristorazione che è un po’ di nicchia, quindi forse saremo molto penalizzati nella ripartenza. È veramente difficile dire quello che succederà. Sicuramente creando sinergie si potrà partire con un maggiore slancio, di questo sono convinta. Sto cercando già di sentire delle strutture che sono nella mia stessa zona per fare delle proposte insieme. Credo che l’unico modo per uscirne sia quello di unirsi per raccontare i nostri territori, quello che facciamo. Quello che ho riscontrato di positivo è tanto senso di amicizia e solidarietà. Ci si sente tutti i giorni con molti colleghi e c’è un sostegno che ci aiuta a cercare di superare la paura di affrontare questo momento, non tanto questo quanto la ripartenza.

La riapertura dei locali è prevista per il 3 Aprile, ma sono in molti a pensare che sarà procrastinata.

Io penso che si potrà parlare di una piccola ripartenza verso metà Maggio, almeno.